il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2019
Il caso zero dei bimbi rubati
Il 5 giugno del 1996, a Sagliano Micca, provincia di Biella, si suicidarono quattro persone. Insieme, dopo aver lasciato delle lettere d’addio, scesero nel garage di casa, entrarono in una Fiat Uno verde, mandarono giù qualche pasticca di sonnifero e respirarono il gas di scarico fino a morire. Erano Alba Rigolone (66 anni), suo marito Attilio Ferraro (68 anni), i loro figli Maria Cristina Ferraro (insegnante di 39 anni) e Guido Ferraro (commesso di 36 anni).
Sono accusati di aver sottoposto a raccapriccianti pratiche sessuali due bambini, i figli di Guido e Maria Cristina, quel giorno erano attesi in tribunale per il processo appena iniziato. L’impianto accusatorio si fondava sulle perizie di due consulenti: Cristina Roccia, una delle psicologhe coinvolte nella vicenda “Veleno” (accuse infondate di pedofilia e satanismo nel modenese) e colui che all’epoca era suo marito, quel Claudio Foti del Centro Studi di Moncalieri Hansel e Gretel, oggi agli arresti domiciliari per l’inchiesta di Reggio Emilia Angeli e demoni (i pm accusano psicologi e assistenti sociali di aver sottratto bambini alle famiglie per lucrare sugli affidi).
Il caso Sagliano, nella catena che lega l’associazione Hansel e Gretel a storie controverse di abusi su minori, è il “caso zero”. E il più dimenticato, nonostante il clamore che suscitò all’epoca, tra videocassette sulla storia allegate a quotidiani e l’accorata difesa degli imputati di Vittorio Sgarbi. Un’intera famiglia si tolse la vita lasciando un biglietto sul cruscotto: “Quattro innocenti sono costretti a uccidersi perché il tribunale di Biella non ha dato la possibilità di dimostrare la loro innocenza”. Forse, oggi, si può restituire dignità a quei morti la cui vicenda fu ricostruita nel 2007, con appassionato rigore, dallo scrittore ed ex assessore di Biella Diego Siragusa in un libro, La botola sotto il letto, ritirato per minacce di querele.
Nel 1995 Guido e sua moglie Daniela si stanno separando. Daniela nutre un profondo astio nei confronti della famiglia dell’ex marito, detesta soprattutto sua suocera Alba e la bella sorella del marito Maria Cristina. A un mese dall’udienza di separazione Daniela porta il loro bambino Angelo, 9 anni, al Servizio di Neuropsichiatria Infantile di Vercelli che fa una segnalazione al Tribunale dei minori di Torino. Il bambino accusa suo padre Guido, sua nonna paterna Alba e sua zia paterna Maria Cristina di avere rapporti incestuosi in sua presenza e di abusare di lui oltre e della cuginetta Linda, figlia di Maria Cristina. Il Tribunale sospende subito gli incontri tra Guido e suo figlio Angelo.
In seguito Daniela presenta una querela contro il marito e la sua famiglia in cui racconta fatti raccapriccianti. Da quando ha circa tre anni, a casa dei nonni, Angelo assiste a scene di sesso incestuoso: Maria Cristina lecca il pisellone al fratello Guido in salotto finché lui non le fa pipì sulla mano, sua nonna Alba, 66 anni, fa lo stesso sempre col pisellone di suo figlio Guido ma in camera. Maria Cristina, la piccola Linda e sua nonna Alba leccano tutte insieme Guido e vanno a letto nudi. La nonna nuda chiede a lui, Angelo, di toccarla ma il bambino si rifiuta. Un’altra volta Guido sbatte il pisellone sulla patata della piccola Linda oppure Guido lecca il deretano della madre anziana o suo padre prova a infilargli nel sederino il suo pisello ma lui scappa e gli altri dicono “Devi farlo!” Ti prego!”. Un famiglia apparentemente rispettabile nasconde l’orrore.
La bambina viene prelevata a scuola e tolta alla madre per finire in un centro per minori, il pm Alessandro Chionna della procura di Biella dà il via alle indagini con perquisizioni a casa di nonna Alba e nonno Attilio e di Maria Cristina. Cercano materiale pornografico, videocassette, prove degli abusi. Non trovano nulla. Il 3 giugno il pm Chionna li fa arrestare tutti e tre con tanto di sirene e manette. L’accusa è abusi sessuali su minori. Breve parentesi: il pm Chionna fu anche il grande accusatore di Gigi Sabani e Valerio Merola nel caso “Varietopoli” che portò all’arresto di Gigi Sabani nel 1996, proprio dopo due settimane dal suicidio della famiglia Ferraro, con le accuse di truffa a fini sessuali e induzione alla prostituzione. Lo aveva accusato una minorenne. Chionna fu rimosso dall’incarico perché si innamorò della ex fidanzata di Sabani (con cui convolò a nozze), conosciuta durante l’inchiesta (poi archiviata). Gigi Sabani rimase marchiato da questa vicenda e nel 2007 morì di infarto.
Torniamo a Sagliano. I detenuti vengono interrogati da Chionna e dal Gip Paolo Bernardini. Guido afferma che la sua ex moglie aveva detto spesso che gliel’avrebbe fatta pagare, che era gelosa di sua sorella Maria Cristina, che dal ’94 aveva proibito ai nonni Alba e Attilio di vedere il nipote, convinta che la nonna volesse avvelenare Angelo con lo sciroppo. Nonna Alba dice di aver sempre trattato i nipoti con amore, Maria Cristina conferma l’odio della cognata. Nonno Attilio, l’unico rimasto libero, spiega di non avere rapporti sessuali con la moglie da 10 anni, altro che sesso e promiscuità.
Il 5 giugno del 1995 Chionna e il maresciallo Santimone interrogano il piccolo accusatore Angelo. Il bambino conferma la versione orgiastica della storia, ma poi, quando gli si fa notare che è inverosimile, ritratta tutto. La prima di una serie di ritrattazioni. “Tutto quello che ho raccontato è frutto della mia fantasia. Io ho voluto in questo modo far andare in prigione mio padre, i miei nonni, mia zia perché hanno trattato male me e mia madre. È stata una mia montatura in quanto vedo film in cui fanno porcate”, dice. Il bambino va via con la madre, ma dopo un po’ i due tornano in Tribunale. Angelo si era solo spaventato, vuole confermare gli abusi, dice la madre. E invece Angelo ribadisce di essersi inventato tutto e che nella casa degli abusi ci sono botole sotto il letto dei nonni e passaggi segreti. Solo fantasia, di nuovo.
Il 7 giugno il gip Paolo Bernardini ordina la scarcerazione dei tre indagati e in un’ordinanza, prudente ma rigorosa, afferma che la situazione è poco chiara, che la querelante manifesta ostilità nei confronti della famiglia Ferraro, che ai bambini sono state fatte domande suggestive, che Angelo ha dei disturbi psichici mai approfonditi. Chionna nomina come consulente tecnico Cristina Roccia del Centro Hansel e Gretel, la stessa che interrogherà alcuni bambini di Massa Finalese nel caso “Veleno” un paio d’anni dopo. La consulente deve stabilire se Angelo e Linda sono attendibili. Linda sarà sottoposta a un vero interrogatorio, ma parlerà sempre con amore della mamma e della nonna, negando ogni abuso. Angelo, nonostante le proteste dei legali di Guido, resta a vivere con Daniela. Guido invia lettere al figlio che non vede più da tempo: “Vorrei farti avere dei doni ma non so come, ho ancora l’uovo di Pasqua che non mi hanno lasciato consegnarti!”.
Il 6 giugno Chionna chiede al consulente tecnico Maria Rosa Giolito (che ha collaborato con Foti di Hansel e Gretel anche nella stesura di un libro) di verificare se la bimba abbia subito abusi. L’esito: “L’imene con bordi sottili è compatibile con la penetrazione di un dito di una persona adulta, non posso escludere né provare la penetrazione col pene”. Che non vuol dire nulla, tanto più che il perito della difesa parlerà di normale conformazione dell’imene. La visita della Giolito al bambino Angelo darà esito negativo, tuttavia la dottoressa specificherà: “I segni ritrovati non sono specifici per abuso sessuale pur compatibili con tale diagnosi, va considerato però che un oggetto delle dimensioni di un dito può essere introdotto nell’ano senza troppo disagio”. Insomma, l’esito è negativo, ma si lascia una finestra aperta. Peccato che in seguito Angelo dirà di essere stato penetrato dal padre, cosa che la perizia smentisce. La perizia tecnica di Cristina Roccia costa al tribunale 6.417.450 lire.
Quando ormai la scadenza delle indagini è imminente Chionna affida una nuova audizione del bambino Angelo a Claudio Foti. Aveva ritrattato troppe volte, l’accusa era molto indebolita. Con Foti accanto, il bambino afferma di aver ritrattato gli abusi perché minacciato dal maresciallo e conferma le violenze. Non solo. Accusa per la prima volta anche suo nonno Attilio e anticipa l’inizio delle violenze a quando aveva un anno. Come potesse ricordarsene non è chiaro. Aggiunge pure che la cuginetta non ha il coraggio di dire la verità, quindi se dovesse essere risentita lui vorrebbe essere presente, “così la aiuta a parlare”.
Chionna chiede il rinvio a giudizio, il gip Bernardini fissa il giudizio immediato, ma estromette le consulenze tecniche-psicologiche affermando che non si limitano a fornire un apporto scientifico, ma esprimono giudizi sulla veridicità di quanto affermato dai bambini. Chionna, che senza perizie ha pochi elementi, non si arrende. Chiede un’audizione protetta per i due bambini che, come chiesto da Angelo, saranno sentiti insieme dalla psicologa Paola Piola, già teste dell’accusa. Alba, Attilio, Maria Cristina e Guido capiscono che se la bambina confermerà le accuse sono spacciati. Così accade.
La mattina del 5 giugno 1996, fuori dal tribunale, la sorella di Alba, Maria Rigolone e gli avvocati della difesa attendono i Ferraro per un po’, poi allarmati dalla loro assenza chiamano i carabinieri. In casa trovano i biglietti di addio. In uno, firmato da tutti e quattro, indirizzato al senatore Claudio Regis che li aveva sempre sostenuti c’era scritto: “Violando il codice, dei bambini sono stati ascoltati come pretendeva il pm Chionna, dalla stessa psicologa chiamata dall’accusa come teste che da un anno prepara Angelo a condannare il padre e tutta la sua famiglia. La sentenza che ci aspetta è ovvia, siamo innocenti, non vale la pena continuare a esistere”. Maria Cristina aveva scritto un’altra lettera in cui si augurava di incontrare di nuovo sua figlia nell’aldilà. Nonna Alba aveva lasciato un biglietto: “Non ho mai fatto porcherie con i figli e i nipoti che adoravo. Ho insegnato loro le cose belle e giuste della vita, chiedo perdono ai miei cari”. E poi quel biglietto sul cruscotto: “Siamo innocenti”. Sono morti insieme, respirando monossido, nella Fiat Uno verde di Maria Cristina.
Ai funerali parteciparono più di 1000 persone, a Sagliano in tanti credettero alla loro innocenza. La sentenza di improcedibilità mise fine alla vicenda. Chionna disse di aver lavorato con correttezza, lo psicologo Paolo Crepet sentenziò che “il suicidio è un’ammissione di colpa”, il senatore Regis disse: “Queste persone sono state uccise per un patto scellerato fra procura e tribunale dei minori”. (e per questa dichiarazione fu processato e condannato). “Ora il dolore è solo mio”, dichiarò Daniela, la grande accusatrice, ai giornali. Ma a rimbombare ancora sono le parole della psicologa Paola Piola, una delle sostenitrici dell’accusa: “In fondo le vittime sono ancora i bambini. Ora sono anche senza genitori. La vicenda giudiziaria è stata archiviata col decesso degli imputati, e forse è meglio così”.
Quattro morti, una verità mai accertata e ombre antiche, che dopo 23 anni, spuntano fuori da una vecchia botola. L’unica che è davvero esistita, in questa orribile vicenda. No, non è stato meglio così.