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 2019  luglio 06 Sabato calendario

Intervista a Antonio Scurati

«Fin dalla consegna del romanzo all’editore avevo detto di non voler partecipare ad alcun premio, soprattutto per la materia incandescente del libro. Poi in molti mi hanno incoraggiato e, all’ultimo, ho deciso di concorrere allo Strega». Antonio Scurati, vincitore con M. Il figlio del secolo (Bompiani), romanzo sull’ascesa di Benito Mussolini, ricostruisce il percorso che lo ha portato fino al più prestigioso riconoscimento letterario italiano. 

Da un po’ di tempo era lei il favorito. 
«All’inizio in realtà la gara sembrava avere un vincitore annunciato, che non ero io. Perciò, quando ho deciso di partecipare, mi sentivo piuttosto uno sfidante». 
Il riferimento è a Marco Missiroli e al suo Fedeltà (Einaudi). I due scrittori dopo l’annuncio del risultato si sono abbracciati e Scurati ha sussurrato al più giovane collega che per lui ci sarebbe stata certamente «una prossima volta». 
Quando ha capito allora che ce l’avrebbe fatta? 
«Forse perché ero già arrivato due volte secondo, non sottovalutavo quanto, in edizioni precedenti con una formula diversa, il peso industriale delle case editrici avesse pesato. Via via però ho sentito crescere un grande calore attorno al libro, confermato dal voto per la cinquina, il 12 giugno. Quindi sì, alla fine ero speranzoso». 
A candidarla è stato Francesco Piccolo: nel 2014 l’aveva battuta in finale ed è un autore Einaudi, casa editrice che era in cinquina con due altri titoli. 
«Il gesto di Francesco è stato commovente. È un amico, ma credo che la sua decisione, non facile visto il rapporto con Einaudi, sia stata dettata dalla convinzione che M. meritasse supporto». 
In cinquina c’erano tre titoli del Gruppo Mondadori e ognuno è andato per sé. Questo l’ha favorita? 
«Anche nel 2018 c’è stato un vincitore (Helena Janeczek, ndr) avulso dalla logica editorial-industriale. Da qualche tempo lo Strega, come nelle migliori edizioni del passato, è una gara vera, un premio assegnato da scrittori, artisti, intellettuali italiani che, per il loro mestiere sono vicini alle case editrici, ma sempre più decidono liberamente in base a un giudizio di valore». 
«M.» è il primo volume di una trilogia. Quando arriverà «M.2»? 
«Spero nel settembre 2020. Ho iniziato a scriverlo prima che uscisse M. Sarà più breve perché racconta gli anni del regime, meno dinamici di quelli della conquista del potere. Il metodo sarà lo stesso: ogni capitolo accompagnato dalla documentazione, che assumerà un ruolo ancora più ampio. Ho lavorato molto all’Archivio Centrale a Roma: lì ho trovato carteggi tra Mussolini e importanti gerarchi. Non una mia scoperta, ma se per gli storici non sono così rilevanti dal punto di vista politico, a un romanziere rivelano il substrato umano. Anche stavolta varie sottotrame seguiranno alcuni personaggi. Una riguarderà una vittima, come è stato in M. per Matteotti». 
Ci sarà anche una serie tv? 
«Stiamo lavorando a un progetto da M. Il produttore italiano sarà Wildside, il pacchetto artistico di livello internazionale». 
Si parla di rigurgiti del fascismo. Lei cosa ne pensa? 
«Il fascismo non può tornare in quella forma. Aveva caratteristiche estranee ai nuovi partiti populisti, a partire dalla violenza: il fascismo ne fece un uso sistematico e si dotò dalle origini di una milizia paramilitare. Ciò detto, ci sono analogie tra la soglia epocale che abbiamo davanti e quella attraversata cent’anni fa: oggi italiani ed europei, nordamericani, sudamericani, indiani, devono decidere tra una forma di potere speranzosa e democratica e una incentrata su paura e seduzione autoritaria. Analogamente, il modello di leader incarnato per primo da Mussolini, che non guida le folle a obiettivi alti, ma le asseconda negli umori più bassi, è di nuovo prepotentemente sulla scena».
Nella notte di giovedì, dopo la vittoria, ha suggerito di rivedere la nuova proposta di legge sul libro e la lettura. L’Associazione dei librai Ali Confcommercio e l’Associazione degli editori indipendenti Adei hanno protestato. 
«È stato un equivoco generato dalla terribile ressa di giornalisti, fotografi e domande sul palco dopo la vittoria. Non so abbastanza, in verità, di questa legge per darne una valutazione completa e definitiva».