Corriere della Sera, 6 luglio 2019
Intervista ad Antonino Maggiore
Le trote della Stura di Demonte sono assai più fortunate dei contribuenti italiani: prese all’amo nei fine settimana da Antonino Maggiore, generale della Guardia di finanza che rientra da Roma nella sua casa di Fossano, vengono liberate dall’uncino e tornano a guizzare nell’acqua. La pesca a prelievo nullo non è invece lo sport preferito di Maggiore dal lunedì al venerdì. Primo ufficiale delle forze dell’ordine nella storia dell’Agenzia delle entrate a essere nominato – nove mesi fa – direttore generale, nel breve tempo che la natura impiega per formare un bambino non solo ha avviato il meccanismo della fattura elettronica e gli Isa (Indici sintetici di affidabilità fiscale), in sostituzione degli studi di settore, ma, in coordinamento con la Procura di Milano e le Fiamme gialle, ha anche costretto Kering, gruppo del lusso al quale fanno capo i marchi Gucci e Saint Laurent, a sborsare una maggiore imposta pari a 897 milioni di euro, con sanzioni e interessi per un totale di oltre 1,2 miliardi, il più imponente accertamento nella storia del fisco europeo e il secondo a livello mondiale.
Ora si accinge a varare una novità destinata a riscuotere grande successo in un Paese dove lotterie e gioco d’azzardo valgono 105 miliardi di euro l’anno, primato di spesa continentale: dal 2020 gli scontrini si trasformeranno in altrettanti biglietti del Gratta e vinci. Tant’è che Wirtschaftswoche gli ha dedicato un articolo intitolato «Meglio della Germania». Complimento insolito, riferito all’Italia, per un settimanale tedesco.
Chi l’ha voluta nel posto che occupa?
«Lei penserà che non sia vero, ma la proposta è venuta dal ministro Giovanni Tria. Non so ciò che è accaduto prima. Mi ha lasciato due giorni per decidere».
Come si ritrova in borghese? All’Agenzia delle entrate non può comandare.
«Il passaggio è stato soft, meglio del previsto. Ho trovato anche qui valori legati al senso del dovere, gente che si sobbarca orari lunghi e ha voglia di lavorare bene. Mi ha messo di buonumore».
Di quanta gente stiamo parlando?
«I dipendenti dell’Agenzia sono circa 36.000, dei quali 20.000 impegnati a combattere l’evasione fiscale».
Che ammonta a quanto?
«Sono 97,8 miliardi, inclusi 35 dell’Iva, stima risalente al 2016. Contro entrate erariali per 463,2 miliardi nel 2018, l’1,7% in più rispetto all’anno precedente».
Ma come? Non ha cifre aggiornate?
«Il processo di elaborazione è complesso, si fa su statistiche consolidate. Lo cura la commissione presieduta da Enrico Giovannini, già presidente dell’Istat».
Il demografo Antonio Golini mi disse: «Nelle statistiche alla fine serve sempre una manaccia che combini i dati».
«C’entrano vari fattori: evasione, erosione delle basi imponibili, mancati versamenti di quanto dichiarato. Il tutto va incrociato con la produzione nazionale».
Ma quante sono le imposte?
«Beh, sono tante. Irpef, Ires, Irap, addizionali comunali e regionali, Iva, imposte di registro e di bollo, imposte ipotecarie e catastali, tasse su concessioni governative. Non ci occupiamo di Imu e Tasi, anche se vengono raccolte con il modello F24 creato dall’Agenzia».
Spremuto questo bendidio, perché tassate anche i risparmi dei cittadini?
«Se il reddito produce altri frutti, cioè altro reddito, anche questo va tassato. In linea di principio, il reddito deve essere tassato una volta sola».
Come fate a calcolare le imposte evase se ignorate l’identità di chi non paga?
«Si tratta di stime. Nel Pil entrano financo le attività illecite e il sommerso».
Notai e medici additati al pubblico ludibrio come evasori da record. Idem i gioiellieri: 17.300 euro l’anno.
«Sono medie del 2013 basate su studi di settore e dichiarazioni presentate. Ma gettare la croce addosso a una categoria è sempre sbagliato, perché l’evasione dipende dalla volontà individuale. Per imprese e lavoratori autonomi ora abbiamo gli Isa (Indici sintetici di affidabilità, ndr), molto più sofisticati e approfonditi, che portano a un giudizio di affidabilità sul singolo contribuente».
Mi faccia capire meglio.
«Vi è una classe di valore da 1 a 10. Da essa dipendono misure premiali su compensazioni e rimborsi. Chi è fra 8 e 10 si vede abbassare a 4 anni il termine di decadenza dei controlli nei suoi confronti e ha altri vantaggi, come l’esclusione dagli accertamenti presuntivi. Ogni contribuente sa che cosa il Fisco pensa di lui».
Tutti si lamentano dell’e-fattura.
«Solo all’inizio. In realtà dal 1° gennaio ci sono pervenuti 995 milioni di fatture elettroniche da 3,3 milioni di soggetti, con una percentuale di errori molto bassa: 2,9%. Si tratta, a oggi, di 1.628 miliardi, con Iva per 171 miliardi e un incremento del gettito di 1,6 miliardi».
Per l’e-fattura «Wirtschaftswoche» ha tessuto le lodi di Paolo Savini, suo vice.
«È il capo della divisione servizi, che già aveva seguito la riscossione del canone Rai con la bolletta elettrica».
Ha avuto successo anche quella?
«Direi di sì: dal 2015 al 2016 gli abbonati sono aumentati di 5,5 milioni, con un balzo degli introiti a 2,141 miliardi, nonostante il canone sia calato da 113 a 90 euro. Si paga meno se pagano tutti».
Non sarebbe più semplice se per ogni spesa fornissimo il codice fiscale e ottenessimo così una detrazione?
«Dal 1° luglio saranno collegati per via telematica all’Agenzia delle entrate i registratori di cassa di chi ha un giro d’affari oltre i 400.000 euro annui. Dal 2020 sarà così per tutti i dettaglianti. Conosceremo gli incassi in tempo reale».
Insisto: pochi chiedono la fattura all’idraulico se non possono detrarla dal Modello unico. Preferiscono lo sconto.
«È un’idea. Ma deve valutarla la politica. Studi compiuti 15 anni fa dimostrano che se da una parte emetti e dall’altra detrai totalmente diventa una somma algebrica dall’effetto neutro».
Che altro sta escogitando l’Agenzia?
«Una lotteria. Partirà nel gennaio 2020. La gestiremo noi con l’Agenzia delle dogane. Per gli scontrini sopra 1 euro basterà fornire il codice fiscale e si parteciperà a un’estrazione con premi allettanti. Puntiamo sul conflitto d’interessi e sulla passione degli italiani per l’alea».
Se si abolissero i pagamenti in contanti, le frodi fiscali diminuirebbero?
«Incentivare i pagamenti tracciati è senz’altro una strada. Infatti chi pagherà con la carta di credito avrà un 20% di probabilità in più di vincere la lotteria».
In che misura è sacrificabile la privacy sull’altare della lotta all’evasione?
«Il confronto con il Garante per la protezione dei dati personali è continuo. Gli aggiustamenti si trovano. Per esempio, le spese sanitarie sono state esonerate dalla fattura elettronica. I medici continuano a usare quella cartacea».
Franco Reviglio, il ministro delle Finanze che nel 1983 introdusse lo scontrino fiscale, voleva pubblicare i nomi dei contribuenti infedeli sui giornali.
«La gogna a mezzo stampa non è necessaria. La digitalizzazione dei corrispettivi e la fattura elettronica consentono una valida analisi del rischio».
Vincenzo Visco sbatté sul sito dell’Agenzia delle entrate le dichiarazioni dei redditi 2005 delle persone fisiche.
«Mi sembra un uso sproporzionato dei dati individuali rispetto alla privacy».
Negli Stati Uniti le pene detentive sono un deterrente efficace: gli evasori in media passano 3 anni e mezzo in carcere.
«Le pene ci sono anche in Italia e arrivano oltre i 5 anni per le frodi. Per gli omessi versamenti eviti la prigione se paghi prima del dibattimento. Ma in Gdf ho visto arresti per false fatturazioni».
Crede nella flat tax?
«Che ci creda Maggiore è ininfluente. Devono crederci governo e Parlamento. In parte è una scelta già adottata dal 2018. Pensi al sistema forfettario per gli imprenditori individuali, che fino a 65.000 euro pagano solo il 15% o addirittura il 5% nel primo quinquennio di attività».
Vito Tanzi, che per 25 anni ha diretto la divisione tax del Fondo monetario internazionale, mi ha spiegato che l’aliquota fiscale massima dovrebbe essere del 30% e che, superato questo tetto, l’evasione diventa matematica ovunque.
«In cinque Stati europei la pressione fiscale è più alta che da noi, dice l’Ocse».
C’è una nazione che prenderebbe a modello per la fiscalità?
«L’Italia. Sono italiano e sto bene qui».
È originario di Cormons e per anni ha comandato la Guardia di finanza del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Perché il Nordest passa per terra di evasori?
«Dal 1985 in poi sono stato anche in Campania, Piemonte, Liguria, Sicilia, Puglia, Lombardia. Non mi è mai sembrato che il livello di fedeltà fiscale del Nordest fosse diverso rispetto ad altre regioni».
Per quale motivo mi tocca rivolgermi a un commercialista o a un patronato per compilare la dichiarazione dei redditi?
«Un docente alla Scuola di polizia tributaria ci disse: “Il nostro sistema fiscale è complesso: servono 2.00o pagine, tre volumi, per spiegarlo. Ma la stessa materia in Germania riempie 13 tomi”».
È pesante sentirsi invisi alla totalità dei cittadini a causa del proprio lavoro?
«Mi è capitato di essere riconosciuto per strada. Sempre in modo cordiale».
Il compianto ministro Tommaso Padoa-Schioppa disse: «Le tasse sono una cosa bellissima». Condivide?
«Di primo acchito, non sono mai simpatiche. Ma poi ci ragioni sopra e capisci che le imposte garantiscono i servizi pubblici essenziali e lo spirito di solidarietà: se hai di più, devi dare di più».
Quando non ci torchia, che fa?
«Leggo libri di storia. Pesco. E spolvero le mie amate moto da collezione italiane, due Guzzi, una Ducati e un’Aprilia, diventate ahimè solo un costo fisso».