Corriere della Sera, 6 luglio 2019
A Ventotene è tornata l’acqua
Ventotene festeggia. In settimana la Asl darà il via libera al ritorno dell’acqua potabile. Sono positivi i risultati delle analisi degli ultimi campioni prelevati dalle tubature. L’ordinanza che permetterà agli isolani di approvvigionarsi in sicurezza potrebbe essere firmata in questi giorni.
Il blocco risale a 10 mesi fa. Dai rubinetti scendeva un liquido torbido, effetto delle differenti caratteristiche dell’acqua di mare prelevata dal porto, scorporata dal sale e poi reimmessa nella rete in forma distillata. Questo ha provocato l’erosione dei tubi che hanno riversato nelle case di Ventotene getti ferrosi. Grazie ad accorgimenti tecnici e a un piano di sicurezza l’emergenza volge al termine con grande sollievo degli operatori turistici. I 4mila villeggianti in arrivo non avrebbero gradito, pericolo scampato.
Ventotene non è l’unica isola italiana a temere problemi idrici nel periodo più caldo e redditizio dell’anno. Un po’ tutte sono sotto la minaccia della siccità e del conseguente razionamento dell’acqua potabile: quelle che non si sono organizzate per tempo rischiano seriamente di restare a secco di tanto in tanto. Un deterrente per i vacanzieri, desiderosi di docce e refrigerio.
Il problema si ripropone ogni anno a inizio stagione e viene seguito da vicino dall’Istituto Superiore di Sanità che ha elaborato linee guida per la corretta dissalazione, considerata l’alternativa più saggia all’approvvigionamento tradizionale e meno affidabile (trasporto con cisterna e condotte sottomarine collegate alla terraferma). «Per fronteggiare le crisi idriche è un’ottima soluzione. A patto che gli impianti vengano realizzati in modo attento e sostenibile, soprattutto per quanto riguarda la purificazione e l’eliminazione del sale estratto, la cosiddetta salamoia. Lo scarico in mare può danneggiare l’ambiente marino, ma ci sono sistemi sicuri per evitarlo», dice Luca Lucentini, responsabile del reparto qualità dell’acqua e salute. I vantaggi sono anche economici. Il trasporto con le navi cisterna è dispendioso. L’oro blu costa 12-13 euro a metro cubo contro i 3 euro di quello preso dal Mediterraneo. Eppure i piani alternativi sono fonte di polemiche.
Potrebbe seguire l’esempio di Ventotene la perla dell’arcipelago pontino, Ponza, servita dallo stesso gestore della sorella laziale. Si discute su dove piazzare la pompa d’aspirazione e dove smaltire il sale. Anche all’Elba, dove la rete idrica è vecchia e mal funzionante, c’è un acceso dibattito. Seguire o no l’esperienza del Giglio? Qui e nella vicina Giannutri l’amministrazione comunale ha realizzato nel tempo, col contributo della Regione Toscana, dei sistemi di presa dal mare.
Capri, Ischia e Procida si affidano ancora alle vecchie condotte realizzate nel 1958, collegate con la terraferma e bisognose di rattoppi. Perdono per strada oltre la metà dell’acqua, caratteristica della bucherellata rete idrica italiana. Non solo: di tanto in tanto le centrali vanno in tilt e si torna a contare le gocce.
In Sicilia la Regione ha stanziato lo scorso mese due milioni e mezzo di euro per attrezzare le isole minori potenziando gli impianti già esistenti e creandone di nuovi. Hanno capito che con l’acqua potabile non si può scherzare. A Favignana, Alicudi, Filicudi, Panarea, Stromboli e Salina il rifornimento avviene con le cisterne. Vulcano, Lipari, Pantelleria, Ustica, Lampedusa e Linosa sono parzialmente autosufficienti, d’estate gli acquedotti funzionano a singhiozzo e occorre fare affidamento su un piano efficiente. Le Tremiti rimandano. Le isole non hanno fonti autonome di acqua, portata dalle navi. Un vecchio dissalatore non è mai stato messo in funzione.