Corriere della Sera, 6 luglio 2019
Addio al quartiere a luci rosse di Amsterdam?
Doveva arrivare una sindaca, la prima della storia di Amsterdam, a mettere davvero mano al distretto a luci rosse? La proposta di chiuderlo, o di cambiarne le norme, è antica quasi quanto il mestiere – e certo quanto il quartiere, sorto nel Duecento tra la Oude Kerk e il porto, e a cui già gli spagnoli nel Cinquecento, e poi i francesi con Napoleone, e poi i nazisti avevano tentato di imporre divieti o almeno restrizioni.
Anche in tempi più recenti ne ha parlato quasi ogni giunta. Eppure oggi che la sindaca è la verde Femke Halsema, al timone della città dal 2018, la possibilità che De Wallen – il nome del quartiere, significa «le mura» – cambi volto sembra concreta. La proposta di ieri è di tirare le tendine: niente più ragazze in vetrina, ma pubblicità su Internet e decoro garantito.
Il problema con cui lotta la sindaca non è la prostituzione: nei Paesi Bassi è legale, a patto che non sia esercitata in strada, e le finestre, che a De Wallen sono 330, affittate per una tariffa di 150 euro circa ogni otto ore, sono una soluzione lecita. Ma espongono i sex worker allo sguardo «umiliante» dei turisti, 17 milioni ogni anno, che visitano il quartiere come un’attrazione gratuita, «non pagano nulla» e spesso insultano o deridono le persone in vetrina. Il divieto di fotografarle è quasi sempre infranto, «e la loro dignità è lesa senza che loro ne abbiano un profitto», ha detto la sindaca. «Non c’è più niente di tradizionale in questo traffico: un tempo erano donne olandesi che aspettavano i marinai esausti da mesi di navigazione; oggi sono persone sfruttate, che vengono da chissà dove. Inaccettabile». Dunque che fare?
Le proposte della sindaca sono quattro, dalla più concreta alla più vaga. 1) Chiudere le tende delle vetrine: lascia in piedi il commercio, ma toglie ai sex worker la loro principale forma di pubblicità. I residenti della zona fanno spesso campagne sul tema. 2) Chiudere una parte delle 330 finestre e spostarle in periferia: soluzione che ciclicamente ad Amsterdam qualcuno propone, ma che scontenta, secondo un’indagine del collettivo di sex worker Red Light United, il 90% delle affittuarie. 3) Chiudere tutto, perdendo però posti di lavoro. 4) Tenere tutto aperto e anzi moltiplicare gli spazi, per «diluire» il flusso di visitatori.
I sex worker, che di questa misura sarebbero in teoria i beneficiari, sono scettici. «Se qualcosa deve cambiare, i primi a dover essere coinvolti siamo noi», dice allo Spiegel Lyle Muns, portavoce dell’associazione di affittuari freelance My Red Light. «Non siamo contrari a hotel della prostituzione in periferia». Ma un’altra associazione, la Red Light United, contesta: «Spostarci non è un’opzione. I turisti, poi, dove ci trovano?».
La sindaca si dice «preparata a ricevere proteste». Ma di qui a settembre il Comune sentirà i residenti, le associazioni di prostitute e gli imprenditori dell’area per trovare la soluzione migliore.