Corriere della Sera, 6 luglio 2019
L’Europa e il debito di Atene
Di recente lo European Stability Mechanism (Esm), il fondo salvataggi, ha un riesame dei propri programmi di prestiti ai Paesi caduti nella crisi. La valutazione sarà particolarmente attenta per la Grecia ed è stato affidata a una personalità esterna, l’ex commissario Ue Joaquín Almunia. Se l’obiettivo era trovare un arbitro neutrale, l’Esm rischia di mancarlo: Almunia è stato nella Commissione fino al 2014 e ha potuto votare su ciascuna delle misure imposte ad Atene. Il suo esame sarà inevitabilmente un giudizio sulle sue stesse scelte e la sua pretesa di neutralità potrebbe apparire una finzione.
Poiché però il rapporto finale non c’è ancora, non è tardi per avanzare un suggerimento ad Almunia e ai governi creditori della Grecia (Italia inclusa): riducete le pretese; fatelo perché ciò che si sta chiedendo ai greci è inutilmente eccessivo. Il debito pubblico ellenico potrebbe scendere a un ritmo adeguato anche con qualche sacrificio di meno da parte di una popolazione esausta. Il calo attuale e quello previsto nei prossimi anni da parte della Commissione Ue è di circa sei punti di prodotto interno lordo all’anno, di gran lunga il più rapido d’Europa. Normale che sia così, dopo che finalmente i governi creditori hanno ridotto di molto gli interessi su Atene e spalmato i rimborsi su un’ottantina di anni. Proprio il costo degli interessi è abbastanza basso da essere nettamente al di sotto della crescita dell’economia, se si conta anche l’inflazione. Per questo indicatore decisivo la Grecia oggi è messa meglio di Francia, Spagna, Gran Bretagna o Giappone (per non parlare dell’Italia). Significa che ad Atene basterebbe un surplus di bilancio del 2% del Pil, prima di pagare gli interessi, per garantire una discesa abbastanza veloce del debito. Eppure i governi creditori esigono che quel surplus sia del 3,5%, malgrado una disoccupazione vicina al 20%.
Sarebbe possibile invece offrire ai greci un altro patto: ridurre il surplus di quell’1,5% del Pil di troppo per rimettere tutti i fondi che si liberano, circa 460 euro per abitante, nella sanità pubblica. Quest’ultima è stata tagliata da 1.468 a 770 euro per abitante fra il 2009 e il 2015, secondo Eurostat (in Italia è a 1.810 euro). In Grecia oggi si vivono in media quasi tre anni in meno rispetto a prima della crisi, mentre ovunque in Europa le condizioni sono migliorate. Quasi un decimo della popolazione ellenica, sempre secondo Eurostat, riferisce di non potersi permettere cure o esami medici necessari (un dato cinque volte più alto che in Italia). I greci hanno commesso molti errori, certo. Ma la credibilità dell’Europa dipende dalla sua capacità di aiutare. Non di punire.