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 2019  luglio 05 Venerdì calendario

Parla Carola

AGRIGENTO. Ora che sorridendo mette la caffettiera sul fornello, ora che risponde alle mail degli amici dal suo pc su cui sono attaccati gli adesivi di Greenpeace, Sea-Watch e uno di supporto alla causa curda che recita “Rise for Afrin”, ora che cammina nella cucina a piedi scalzi, ora che indossa un vestito finalmente colorato, la Capitana Carola Rackete sembra aver riacciuffato le fila della sua vita. Quella di una 31enne tedesca, tanto ambientalista quanto europeista, che stava sulle navi rompighiaccio quando le dicevano che una donna non poteva comandare le navi. E che giorno dopo giorno ha capito di essersi trovata al centro della tempesta perfetta.
Eccola Carola Rackete, è qui in questa casa segreta dove la ong tedesca l’ha nascosta per evitare l’assedio di giornalisti, curiosi, sostenitori, contestatori. “Sto bene, riesco anche a dormire. Piano piano sto realizzando la grandezza di quel che abbiamo fatto con la Sea-Watch 3”.
Sorride, adesso che parla della sua vita e delle fake news che ha letto su Internet. A cominciare da quella che la descrive come una ricca figlia di papà. “I sovranisti hanno rovesciato il senso di alcune mie dichiarazioni. Fanno sempre così: distorcono i fatti e li trasformano nelle opinioni che hanno già! Non sono ricca: mio padre è in pensione, mia madre lavora con i detenuti in un progetto sociale della Chiesa”. Racconta di un rapporto non facile con suo padre Ekkehart. “È un conservatore, abbiamo idee molto diverse: per lui ad esempio i turchi di seconda generazione che nascono in Germania non sono veramente tedeschi. Ma quando si parla di gente che muore in mare, è molto chiaro: vanno aiutati. Per questo approva la mia scelta”.
E Carola? Qual è il passaporto di Carola? “Non c’è nessuno posto che chiamo ’casa’. Ho la tendenza a dire che sono una cittadina europea, perché per la mia generazione lo stato nazionale non è più così importante. Non mi sento particolarmente tedesca, sto in Germania un mese all’anno. Siamo cresciuti con l’idea dell’Unione Europea, e troppo spesso ci dimentichiamo quanto sia importante quest’istituzione. Dovrebbe essere ancora più integrata, così gli Stati sarebbero forzati ad esempio ad accettare la redistribuzione dei richiedenti asilo, invece oggi ci sono Paesi che fanno finta di niente”. Alle recenti europee Carola ha votato per il movimento dell’ex ministro dell’economia greco Yanis Varoufakis.
  L’impatto con la motovedetta della Guardia di finanza poteva essere evitato. Non mi aspettavo che si opponessero fisicamente all’attracco. La responsabilità dell’incidente, che comunque è stato minimo, è stata di entrambi
La Capitana, e il Capitano. Di lei il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha detto che è, nell’ordine: una sbruffoncella, una figlia di papà, una fuorilegge, una delinquente, una criminale, una pirata. “Non seguo ciò che scrive continuamente sui social, ma conosco le sue idee e non ne condivido neanche una. Il tono che usa, e il modo con cui esprime le sue idee, è pericoloso, è un problema generale di tutta la destra radicale europea, dall’Ukip inglese all’Afd tedesco. A maggio in Sassonia c’è stata una sfilata di nazisti, in uniforme. È terribile che accada in Germania, oggi”. Sulla sua Sea-Watch 3, attualmente sotto sequestro a Licata, non inviterebbe mai Salvini, per un motivo semplice: “La nostra politica è niente razzisti a bordo”.

Ma poi a bordo ci torna lei, col pensiero. A quella notte, a quella manovra per cui è stata arrestata e poi rimessa in libertà. “L’impatto con la motovedetta della Guardia di finanza poteva essere evitato. Non mi aspettavo che si opponessero fisicamente all’attracco. La responsabilità dell’incidente, che comunque è stato minimo, è stata di entrambi: loro, perché hanno tentato di bloccare una nave in stato di necessità; mia, perché ero davvero stanca. Dal ponte di comando mi sembrava che ci fosse abbastanza spazio tra la motovedetta e la banchina, invece non ce n’era: è stato un errore di valutazione”. Se dovesse servire, tornerà a bordo della nave della ong tedesca. “Certo, rifarei tutto da capo. E se in futuro dovessi recuperare dei naufraghi ancora una volta nella zona Search and Rescue libica, li porterò in Italia. Perché Lampedusa è il porto sicuro più vicino, lo dicono le leggi del mare”.
Sa di essere diventata un simbolo, Carola? “So bene di aver abbattuto un muro che la politica sovranista ha innalzato in mezzo al mare, ma non dite che sono un’eroina: sono stata forzata a farlo. Talvolta servono azioni di disobbedienza civile per affermare i diritti umani e portare certe leggi sbagliate al cospetto di un giudice. Spero che ciò che ho fatto sia di esempio per la mia generazione: non dobbiamo stare seduti ad aspettare, non siamo costretti ad accettare tutto nel silenzio e nell’indifferenza. Possiamo alzarci in piedi, possiamo fare qualcosa, usare il cervello e il coraggio. Se ci sono dei problemi, facciamo qualcosa di concreto per risolverli. È accaduto a me a bordo della Sea-Watch 3, ma lo penso anche per tanti altri problemi della nostra società”.