Libero, 5 luglio 2019
Il comunismo inquina più del capitalismo
Il comunismo inquina più del capitalismo, e le mucche più delle fabbriche. È la rivelazione che arriva da uno studio di scienziati russi e tedeschi realizzato per l’Istituto Leibniz dello Sviluppo Agrario nelle Economie in Transizione, secondo i quali tra 1992 e 2011 il crollo dell’Urss avrebbe contribuito a ridurre le emissioni di Gas Serra di 7,62 gigatonellate. Una cifra enorme, che corrisponde ad almeno un quarto delle emissioni in più provocate dalla deforestazione amazzonica nello stesso periodo. Insomma, su ogni quattro alberi tagliati in Amazzonia l’impatto sul pianeta è come se ne fosse stati tagliati solo tre, proprio perché è scomparso il comunismo. O, se vogliamo metterla in un altro modo, è come se gli effetti di 20 anni di deforestazione fossero stati ridotti a 15. Altra cifra: nel 2017 i Gas Serra prodotti dall’intera umanità sono stati 37,1 gigatonnellate. Ma fin qui la sorpresa non è forse troppa. Dalla tragedia di Chernobyl, in effetti già si sapeva che il regime sovietico per l’Ambiente era stato un disastro. A colpire, invece è che l’Unione Sovietica riempiva l’atmosfera di schifezze con l’allevamento. Uno dei modi con cui il regime sovietico cercava di mantenere il consenso era infatti garantendo ai cittadini carne bovina in quantità: mancavano una quantità di cose, dai jeans ai prodotti igienici; per avere un’auto si aspettava un’eternità; molte famiglie erano costrette alla coabitazione; il mercato nero fioriva; ma al tempo in cui Gorbaciov arrivò al potere i sovietici mangiavano 32 chili di carne bovina a testa all’anno. Il 27% in più dell’Europa Occidentale, e il 300% in più della media mondiale. Il bestiame era allevato nel Paese: gli immensi spazi c’erano. Però per nutrire tutte quelle vacche si utilizzavano quantità enormi di fertilizzanti sintetici, che peraltro non bastavano. Una nota debolezza strategica dell’Urss era l’importazione di enormi quantità di cereali dagli avversari americani, ma non per alimentazione umana diretta, quanto per le stalle. Fabbriche di fertilizzanti e ruminanti assieme buttavano dunque nell’atmosfera quantità prodigiose di CO2, metano e ossido nitroso. Quando l’Urss si dissolse, i sussidi di Stato che sostenevano il settore scomparvero, e d’altronde le risorse per continuare a comprare cereali Usa non c’erano più. Centinaia di migliaia di allevamenti di Stato scomparvero. Non è un caso che la Russia è tornata a esportare cereali. Il numero di bovini e suini si è invece ridotto della metà, ma anche una quantità di terra ha smesso di essere coltivata: secondo lo studio, pubblicata dalla rivista scientifica Environmental Research Letters, ben 62 milioni di ettari. Sono terre marginali, coperte di nuovo di vegetazione, che cattura CO2. La Russia rappresenta dunque ora solo il 4,76 delle emissioni mondiali di CO2, che tra 1990 e 2017 vi si sono ridotte del 26,8%. In compenso la Cina è arrivata al 29,34%, contro il 13,77 Usa e il 9,57% Ue. La Ue nello stesso periodo ha ridotto di un quinto: – 19,5. Gli Usa sono stabili: 0,4% in più. È la Cina che ha più che quadruplicato, con un rapporto che è del 453,8%. È un comunismo abbastanza diverso da quello sovietico. Ma, alla faccia del diffuso pregiudizio secondo cui sarebbe il capitalismo il nemico dell’ambiente, alla fine si rivelano invece essere i comunisti nelle loro varianti quelli che inquinano di più.