Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 05 Venerdì calendario

La ’ndrangheta al potere al Nord

“A Lonate tutti calabresi siete?”. Risponde chi tra i tanti comanda: “È quella la fregatura. Noi per questo pagliaccio di sindaco siamo andati in galera. Prima l’abbiamo messo su e poi è andato a dire che qua c’era la ’ndrangheta”. Parla Cataldo Casoppero, presunto uomo di mafia e trait d’union con le istituzioni locali. Il riferimento è a Danilo Rivolta ex sindaco di Lonate Pozzolo (Varese), arrestato nel 2017 per corruzione. Dirà Casoppero: “Io gli ho fatto la campagna”. Davanti ai pm Rivolta svela i rapporti mafiosi e anche il potere politico di Nino Caianiello, il presunto “mullah” delle tangenti finito in galera il 7 maggio nell’indagine Mensa dei poveri. Citato in quell’inchiesta anche Peppino Falvo, già coordinatore regionale dei Cristiano democratici, ex presidente di Afol, l’agenzia provinciale per la formazione lavoro il cui dg Giuseppe Zingale è indagato per istigazione alla corruzione nei confronti del governatore Attilio Fontana (a sua volta indagato per abuso d’ufficio nell’indagine sulle tangenti). Falvo, ancora attivo in Afol e anche nel settore della sanità, nel 2012 organizzò un convegno al palazzo delle Stelline (facendo arrivare pullman di calabresi di Lonate) cui partecipò il governatore uscente Roberto Formigoni. Falvo oggi è indagato per aver veicolato i voti dei “calabresi” a Lonate.
Politica fino ai livelli regionali. Ma anche affari. Dal business dei parcheggi attorno all’aeroporto intercontinentale di Malpensa, fino alla torta per l’accoglienza dei migranti. Filone quest’ultimo a cui era interessata la famiglia Casoppero tanto da aver già individuato i terreni dove operare con una cooperativa. È il capitale sociale della ’ndrangheta che si avvale anche di un perito del tribunale di Busto Arsizio per avere informazioni su indagini in corso. Al compendio, svelato dagli arresti di ieri, non mancano la divisione delle zone, le estorsioni e una presenza che a Legnano, Lonate e Ferno è conosciuta anche dai cittadini che con la mafia nulla hanno a che fare ma che per risolvere i loro problemi scelgono i boss e non lo Stato. Era il 2009, quando l’operazione Bad Boys chiuse il cerchio attorno a questa locale di ’ndrangheta legata alla cosca Farao-Marincola di Cirò Marina. Nel 2010 il maxi-blitz Crimine-Infinito riaffermò la presenza. In galera finì il capo, Vincenzo Rispoli. Dieci anni dopo nulla pare mutato. Ottocento pagine di ordinanza, per mafia e altri reati, firmate ieri dal giudice di Milano lo confermano. Trentaquattro gli arresti, due milioni sequestrati, oltre ad armi da guerra e candelotti di esplosivo. Due anni d’indagine della Dda e del Nucleo investigativo dei carabinieri coordinato dal colonnello Michele Miulli. Nomi noti. Come Rispoli, scarcerato nel 2017, Emanuele De Castro, già titolare della “bacinella” (la cassa comune della locale), investitore, assieme al figlio, nei parcheggi di Malpensa. E Mario Filippelli. Il clan negli anni ha avuto diaspore interne. Sfociate, era il 2006, in tre omicidi, il cui movente viene così riassunto: “Quando uno ha molti capi, perché tu fai il capo, ma non è che qualsiasi cosa che dici è legge, ci sono gli altri che dicono: oh, ma che cazzo stai dicendo”. La storia si ripete. Tanto che dalla Calabria arriva Giuseppe Spagnolo per mettere pace. Risultato: “Ora è tranquillo (…). Facciamo un’unica banda (…). In ogni paese c’è una ’ndrangheta”. In futuro si vedrà: “Alla dimenticanza (…) chi può dire che siamo stati noi”. Nel frattempo gli affari volano. Spiegherà l’ex sindaco Rivolta: “Peppino Falvo” è “referente a Lonate della famiglia De Novara (coinvolta nell’inchiesta). Nel 2014, Falvo mi disse che i De Novara mi avrebbero appoggiato nella campagna elettorale. In cambio volevano che la figlia venisse nominata assessore”. Cosa che avviene. Queste dichiarazioni varranno a Falvo l’accusa di voto di scambio.
Indagato per mafia è Enzo Misiano, coordinatore di Fratelli d’Italia per Lonate e Ferno. Scrive il giudice: “Misiano” è “il catalizzatore del pacchetto di voti mosso dalla locale”. E quando qualcuno gli fa notare che nella zona di Varese bisogna parlarne con Caianiello risponde: “Io gli dico: Nino quelli che porto io entrano. Sono certo dei voti che hanno”. Misiano, secondo i pm, aiuterà De Castro per i suoi investimenti a Malpensa. È qui che emerge per la prima volta in dieci anni la denuncia di un imprenditore che vuole aprire un parcheggio. Davanti alle minacce di De Castro, denuncerà. Ma è una mosca bianca, perché qui la ’ndrangheta è l’anti-Stato “riconosciuto” dai cittadini “per sanare un torto”. Come una figlia lasciata dal fidanzato. La mamma si rivolge a Filippelli che dice: “Lo faccio picchiare, qual è il problema”. I pestaggi rimarcano la presenza. Dice un affiliato: “Sono dovuto andare a picchiare un marocchino, che qua su prenotazione li devi picchiare i cristiani”.