La Stampa, 5 luglio 2019
Il film sul duello Ford-Ferrari
Era la metà degli Anni 60 e nei circuiti di endurance, a cominciare dalla celebre 24 Ore di Le Mans, a vincere erano sempre le Ferrari. Sì, ogni tanto spuntava una Jaguar o una Mercedes, ma le GT di Maranello avevano una marcia in più. Una cosa che a Henry Ford II e a Lee Iacocca, general manager della Ford e inventore della Mustang, non andava giù. Provarono dunque a comprarla, la Ferrari. Ma quando gli dissero che avrebbe dovuto rinunciare anche alla scuderia, Enzo Ferrari chiuse le trattative. E così alla Ford decisero di costruire una macchina competitiva con le Ferrari 250 e poi con le 275 che dominavano i circuiti, sfoderando nel ‘66 la Ford GT40 che quell’anno batté la Ferrari e poi dominò la sua classe fino all’inizio dell’era Porsche.
Il ricordo di Steve McQueen
Una storia molto cinematografica, un mondo già raccontato nel 1971 in Le 24 Ore di Le Mans interpretato da Steve McQueen che guidava la Gulf Porsche 917 K n. 20 ufficiale. Il film (diretto da Lee H. Katzin che sostituì sul set John Sturges) ebbe però scarso successo al botteghino. La cosa a quasi mezzo secolo di distanza non ha scoraggiato Hollywood che, fresca del successo di Rush, dedicato a Niki Lauda e alla Formula 1, presenta un altro film sul mondo dei circuiti automobilistici: Le Mans ‘66, che negli Usa uscirà in autunno con il titolo più esplicito Ford vs. Ferrari. Un film tormentato: è stato in gestazione per anni, a un certo punto doveva avere Michael Mann come regista e Brad Pitt e Tom Cruise come protagonisti. Invece sarà firmato da James Mangold e i protagonisti sono Christian Bale e Matt Damon, nei panni rispettivamente del corridore britannico Ken Miles e del leggendario costruttore-ingegnere Carroll Shelby.
«Quando senti il ruggito di quelle auto da vicino, capisci perchè la gente ama le gare - sostiene Damon - Questo film è così realistico che non devi usare la fantasia, solo sentire». Intervistato ad Agua Dulce, un circuito un’ora a Nord di Los Angeles dove sono state girate varie scene del film, Bale - tornato al suo peso normale dopo avere preso 15 chili per la parte del vice-presidente Dick Cheney - aggiunge: «Entrare nelle macchine e correre per davvero nei circuiti è un’esperienza che ti dà vera euforia. E anche un po’ strana, perchè da un lato senti l’adrenalina che sale e dall’altro sei completamente rilassato perchè non puoi pensare ad altro. Ho trovato andare a quelle velocità incredibilmente rilassante».
Niente computer
Per dare un maggiore senso di autenticità alla storia, Mangold ha voluto nel suo film alcuni figli dei veri corridori di 50 anni fa. Alex Gurney e Derrick Hill hanno rappresentato i rispettivi padri, Dan Gurney e Phil Hill. «Questo vuole essere un film vecchia maniera - aggiunge il regista -. Il cinema ormai è diviso tra mostruosi spettacoli di fantasia e piccoli film sulle emozioni umane. Ma io credo che non ci sia bisogno di vedere due film diversi per avere sia lo spettacolo che le difficoltà della condizione umana. E così non abbiamo fatto ricorso a computer graphic, ma abbiamo creato una storia realistica per dare il senso di cosa è essere davvero dentro queste macchine e a quelle velocità».
Bale le ha provate entrambe, le Ford e le Ferrari di quegli anni di duelli. E la sua preferita? «Magari non te lo dicono apertamente, ma tutti vogliono entrare su quella là - dice indicando una Ferrari P30 vicina a lui -. Le GT40 hanno vinto per quattro anni di seguito, sono delle bestie. Ma quando le vedi una accanto all’altra, le Ferrari sono così curvilinee ed eleganti e femminili. Non so di nessuno che è salito in un’auto che non ha mai sognato di guidare una Ferrari. Sono e saranno sempre il massimo». Ne possiede una nella vita? «No - ride Bale - guido un pick-up della Toyota, un Tacoma. Puoi non saper niente di auto ed averne una. La mia prima macchina invece era una Buick, una specie di piroscafo che comprai da una vecchia signora che non poteva più guidare».