ItaliaOggi, 5 luglio 2019
Periscopio
Roma, l’ornato rinasce moribondo. Dino Basili. Uffa news.L’intellettuale può ancora scoprire Verdi, ma allora i guai sono anche peggiori. Eugenio Montale. Corsera, 1951.
Per me vivere bene è aver dipeso il meno possibile da condizionamenti esterni, passioni irragionevoli, dagli altri e dai favori altrui. Aver difeso la mia legge interiore, non aver fatto male a nessuno. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia (Candida Morvillo). Corsera.
Compiere novant’anni mi sembra impossibile. Qualsiasi festeggiamento mi fa l’effetto della prova d’un funerale. Con la differenza che al funerale non ci sarò e quindi me ne frego. Mentre oggi ci sono. Natalia Aspesi, 90 anni, giornalista (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Il mio segreto per tenere alta l’asticella è la curiosità che, per me, è una spinta inesauribile alla ricerca della perfezione: mi rende aperto a tutto e pronto ad ogni sfida. Giorgio Armani, stilista (Gabriella Mancini). ViviMilano-Corsera.
In tutta Europa la cultura sembra avvizzita. Perché? Quando fioriscono i geni? Quando la società ha slancio, ottimismo, fame di futuro, quando apprezza la bellezza, l’alta cultura e premia le persone creative, competenti e geniali. Quando la scuola trasmette un sapere elevato. Oggi tutto questo manca. Sia in Europa sia negli Usa, dove sembrano addirittura in crisi i fondamenti della civiltà. Francesco Alberoni, sociologo. Il Giornale.
Paoletta De Micheli, oggi vicesegretario del Pd, è una democristiana che si è avvicinata agli ex comunisti facendo il cammino inverso di Piacenza, la sua città, considerata un’oasi bianca nel rosso emiliano. De Micheli, che in settembre avrà 46 anni, è sbocciata in una famiglia di pii agricoltori. A 17 anni, studentessa di liceo (classico), era già nella direzione della Dc piacentina. Crollata la Dc con Tangentopoli, la giovinetta, che nel frattempo si era iscritta a Scienze politiche alla Cattolica di Milano, prese a guidare i giovani del Ppi, che del partito defunto indossò brevemente le spoglie. Giancarlo Perna. LaVerità.
Sulla Triennale di Milano che ha indirizzo da panettone (viale Alemagna) oggi regna Stefano Boeri, il Jack Lang della Macroregione, l’archistar del bosco verticale, il suo capolavoro identitario, quello dove «viveva la Ferragni», come ormai ti dicono i tassisti a Milano (ella ormai risiede a CityLife). Della biografia boeriana si è già scritto, Kennedy del compasso d’oro (e la mamma, la mitologica Cini, è in questi giorni testimonial di una serie naturalmente «iconica» per Prada). Michele Masneri. Il Foglio.
I milanesi han sempre lavorato sodo, peggio: gli piace lavorare, «ruscare» come si dice in dialetto. C’è in loro un doverismo che è l’impronta data dalla borghesia, finché è esistita, sostituita poi dall’alta finanza, dai brasseurs d’affaires e da ogni sorta di trafficanti. Forse sono un po’ pirla o dei «pistola» come canta il menestrello Jannacci. Massimo Fini, Una vita. Marsilio, 2015.
Io sono molto diverso dai miei colleghi, sono un ricercatore prestato alla televisione. Per dieci anni ero nei luoghi dove si fanno documentari, dentro le tende in mezzo al Serengeti, con i leoni. Non faccio tivù per apparire sui rotocalchi, ma per condividere il piacere pazzesco di scoprire cose che non sapevi prima. Alberto Angela, divulgatore scientifico in tv (Elvira Serra). Corsera.
Fausto Coppi nel giro d’Italia del 1949 era un uomo solo che vinse dieci volte con fughe individuali superiori ai cento chilometri, quasi 200 nella Cuneo-Pinerolo: 192. La classifica non richiedeva a Coppi uno sforzo del genere, ma allora non c’era spazio per i ragionieretti del pedale; e così nascevano le imprese, da un impulso improvviso, da una voglia di stupire. Per la cronaca, il secondo fu Bartali a 11’52’’, il terzo Martini a 19’14”. Gianni Mura. il venerdì.
Il termine «abatino» che ho inventato per definire un atleta delicato a manierato nello stile, tutti l’hanno creduto rivolto a Giovanni Rivera e ad alcuni suoi coetanei della pedata: questo faceva torto marcio al più bello stilista che mai abbia prodotto la nostra atletica, Livio Berruti, campione olimpico dei 200 del 1960: nell’esaltarne la vittoria, per la soddisfazione era quasi in trans (perché mai lo riprendiamo dal francese trance?) e mi è giusto scappato un «abatino» che era iperbolico per mero contrasto paradossale: e certo non voleva essere un insulto. Gianni Brera, Il principe della zolla. Il Saggiatore, 1993.
Sono nato a Monopoli (Puglia) nel 1943. Mio padre proveniva da un famiglia piccolo borghese di Gela. Ho conosciuto la Sicilia negli anni della ricostruzione bellica. Povertà dovunque e condizioni di vita difficili. Mia madre invece era di Monopoli e la sua era una famiglia benestante. I miei primi anni li ho trascorsi tra la Sicilia e la Puglia. Poi mio padre, che era ufficiale della Guardia di finanza, ebbe un posto a Torino e lì sono sempre vissuto, dall’età di 6 anni. Quanto alla mia passione per le religioni fu un frutto controcorrente in anni in cui la gente non pensava di spiegare le grandi istituzioni (e la Chiesa lo era) ma ad abbatterle. Ovviamente la memoria corre al 1968. Giovanni Filoramo, studioso delle religioni (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Omogeneizzazione dei caratteri, intercambiabilità e fungibilità delle figure sociali caratteristiche di questo decennio: il dirigente, il deviante, il terrorista, la femminista, il poliziotto, il ministro, il coatto, il cantante; e l’amante. Una medesima fungibilità neri personaggi letterari, cinematografici, teatranti, impossibili da ricordare (a differenza di qualche decennio addentro) nei nomi o nei tratti. Alberto Arbasino, Un paese senza. Garzanti, 1980.
Pranzo arcaico all’aperto con le stelle che sembrano infilarsi sotto la pelle; e sopra gli alberi il vento che libera la luna sospesa a riflettere un etere, che ci solleva a un’ignota levità. Geminello Alvi, Ai padri perdòno. Mondadori, 2003.
Fuori dalle baracche del lager sovietico davanti alla marmitta, l’orrore continuava: c’erano persone, prigionieri italiani che, proni a terra tra i piedi degli altri, succhiavano la broda versata, impastata col fango. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Edizioni Ares, 1983, 32ma edizione.
Ci furono dei giorni di vento insistente, in febbraio, e anche Marta, sentendolo ululare nella valle, era invasa da un brivido. Carlo Sgorlon, L’armata dei fiumi perduti. Mondadori, 1985.
Vivere è la cosa più rara al mondo. Quasi tutti esistono e basta. Oscar Wilde, Guida ai grandi aforisti. Odoya, 2018.
I nostri errori possono anche essere involontari; i nostri peccati, mai. Roberto Gervaso. Il Messaggero.