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 2019  luglio 05 Venerdì calendario

Nel cambiamento del clima, non c’entra l’uomo

I cambiamenti climatici si verificano da sempre, non è l’uomo a determinarli. A dirlo non è una voce «fuori dal coro», ma un coro di voci: quasi un centinaio di scienziati, tra i quali Franco Pordi, Antonino Zichichi e Franco Battaglia, che di recente hanno indirizzato ai politici italiani una lettera intitolata «Clima, una petizione controcorrente». Non è vero che i cambiamenti climatici attuali sono al 99% di origine antropica, spiegano nella lettera, e non è vero che ad affermarlo sia il 97% degli scienziati mondiali. «Semmai», commenta uno dei firmatari, Renato Angelo Ricci, professore emerito di fisica all’Università di Padova, «l’unico 99 o 97% di consensi che si raccoglie attorno alla tesi è costituito dalla grande stampa e dai mezzi di comunicazione (purtroppo anche di divulgazione scientifica, che confondono opportunisticamente un sano scetticismo e dubbio scientifico con le banalità delle fake news) schierati compattamente dalla parte di chi sostiene il riscaldamento globale antropico. E, così, ogni dieci anni, ci dicono che abbiamo solo dieci anni per salvare il pianeta. Ne sono passati più di trenta. Ormai non si è perso solo il lume della ragione scientifica, ma anche il senso del ridicolo».
Peraltro, prosegue la lettera, se anche nella comunità scientifica prevalesse la teoria dell’origine antropica dell’aumento della temperatura sulla superficie terrestre, le verità scientifiche «non si affermano a colpi di maggioranza (Galileo insegna)».
C’è da aggiungere che oltre tutto molti degli «esperti» delle organizzazioni non governative ambientaliste e dello stesso Ipcc, l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, in realtà non sono scienziati con una specifica preparazione in materia. Philip Alston, ad esempio, autore di un rapporto pubblicato il 25 giugno dal titolo «Cambiamento climatico e povertà», viene presentato come un esperto delle Nazioni Unite e probabilmente lo è, ma certo non in clima e ambiente perché è uno studioso australiano di diritto internazionale, attualmente docente presso la facoltà di legge della New York University e, dal 2014, relatore speciale Onu su estrema povertà e diritti umani.
Alston fonda il suo rapporto sulla teoria del riscaldamento globale di origine antropica, progressivo e inarrestabile a meno di arrivare a emissioni nette di CO2 pari a zero. Anche nella migliore, ma irrealistica ipotesi di un aumento della temperatura di soli 1,5 gradi entro il 2100, gli effetti, dice, saranno devastanti: decine di milioni di nuovi poveri, enormi esodi di popolazione, carestie di proporzioni mai viste. «Il cambiamento climatico», si legge nel suo rapporto, «minaccia di vanificare 50 anni di progressi nello sviluppo, nelle condizioni di salute generali, nella lotta alla povertà. Può precipitare nella povertà più di 120 milioni di persone entro il 2030».
Le sue conseguenze sui diritti umani – spiega Alston – saranno gravissime e purtroppo finora in gran parte vengono ignorate: «il diritto alla vita, al cibo, alla casa e all’acqua ne sarà seriamente compromesso». Inoltre, avrà un impatto negativo sulla democrazia perché indebolirà i diritti civili e politici. «La maggior parte degli organismi internazionali che difendono i diritti umani», prosegue, «hanno appena iniziato a preoccuparsi degli effetti del cambiamento climatico e c’è una lunga lista di iniziative da intraprendere benché il tempo per evitare conseguenze catastrofiche sia incredibilmente breve. Mentre si fa sempre più vicina la crisi generale che minaccia i diritti umani di immense masse, le consuete, lacunose e parziali modalità di difesa dei diritti umani si dimostrano deplorevolmente inadeguate».
L’effetto più perverso, conclude Alston, sarà che «i poveri, responsabili in minima parte delle emissioni globali di CO2, dovranno sopportare tutto il peso del cambiamento climatico avendo per di più meno di tutti modo di proteggersi. Si prefigura uno scenario di ’apartheid climatica’, in cui i ricchi pagheranno per evitare surriscaldamento, fame e conflitti mentre il resto del mondo non sarà in grado di farlo».
Alston evidentemente ignora o sottovaluta la ben fondata obiezione che il riscaldamento globale di origine antropica è una mera congettura basata, come spiega anche la lettera degli scienziati italiani, su modelli climatici inadeguati, motivo per cui è irresponsabile suscitare tanta preoccupazione delineando scenari da fine del mondo e formulare sulla sua base programmi di contrasto planetari da decine di migliaia di miliardi di dollari per reperire i quali bisognerebbe ridurre i fondi destinati a chissà quanti importanti progetti. Su una congettura l’esperto Onu costruisce scenari apocalittici, denuncia effetti «perversi», persino quantifica i danni in milioni di poveri. Da avvocato che conosce il significato e il peso delle parole, almeno poteva evitare di usare l’espressione a effetto «apartheid climatica» offendendo milioni di vittime di discriminazioni e ingiustizie razziali.