la Repubblica, 5 luglio 2019
Il test genetico delle top model
È il Dna della bellezza e la modella Karen Elson lo tiene in mano. Provetta trasparente, come i suoi occhi, e una curiosità condivisa con le colleghe Gigi Hadid e Imaan Hammam: scoprire le proprie origini con un test del Dna. Tre modelle che su Vogue Italia, nel numero di luglio, hanno aperto il libro della vita e vi hanno letto dentro. «Il 21% del mio Dna ha origine italiana. È pazzesco» si entusiasma Hadid, americana, padre palestinese e madre olandese (anche lei modella, a proposito di geni). Elson, inglese, ha cromosomi europei al 99,9%. Il test di Hammam, cresciuta ad Amsterdam, padre egiziano e madre marocchina, riflette la sua storia: geni nordafricani al 74%.
Un gioco di specchi fra scienza e costume: ecco quel che il Dna oggi è diventato. Una decina le aziende negli Usa che usano la doppia elica per ricostruire genealogie. Circa 30 milioni i clienti nel mondo, con un’esplosione negli ultimi tre anni. Si ordina un kit online, si pagano un centinaio di dollari e si spedisce il cotton fioc bagnato di saliva. L’affidabilità della ricostruzione lascia il tempo che trova. «I risultati si basano su algoritmi, che sono segreti. E l’informazione individuale è confrontata con un database collettivo, che pure è segreto» spiega Guido Barbujani, che insegna genetica all’università di Ferrara. Formule opache, cui va aggiunto il groviglio delle storie umane. «Nel Dna di un discendente di Hitler – racconta Barbujani – nel 2010 è stata trovata una quota di geni africani ed ebrei. In Canada, dove gli eredi degli indigeni hanno benefici fiscali, un uomo ha spedito il genoma del suo chihuahua ed è riuscito a farlo passare per moicano».
Il fenomeno dei test, d’altra parte, è ormai uscito dai laboratori per entrare nei mille rivoli della vita. La Bbc dedica un reality alle celebrità che riscoprono le proprie origini. Who do you think you are? va in onda dal 2004 ed è stato copiato negli Stati Uniti. «I risultati dei propri test vengono spesso messi online per rintracciare parenti sconosciuti» racconta Giuseppe Novelli, genetista, rettore dell’università di Roma Tor Vergata. «Negli Usa si sta creando un nuovo tipo di comunità: i “genetic strangers” o parenti estranei. Si scoprono grazie al Dna, si parlano sui blog, si incontrano. Se c’è bisogno di un trapianto si aiutano». Ma la provetta ha anche un lato molto oscuro. Sui siti suprematisti come Stormfront circolano spesso risultati dei test: “100% europeo, evviva”. L’ultimo congresso dell’American Society of Human Genetics ha parlato dei raduni razzisti innaffiati da boccali di latte. «Perché il gene che fa digerire il lattosio è quasi assente in Africa» spiega Novelli. «Lo studio del Dna ci ha permesso di superare il concetto di razza» commenta Barbujani. «Ma è come se cercasse di rientrare dalla finestra». C’è poi l’Fbi, che ha imparato a sfruttare la passione degli americani per i test genetici e in un paio d’anni ha risolto una decina di cold case. Il più famoso: il Golden State Killer che negli anni ’70 uccise 13 persone e ne stuprò 50, lasciando tracce genetiche. È bastato che un cugino facesse il test del Dna (ognuno di noi ha 800 parenti entro il terzo grado) per permettere agli inquirenti di rintracciarlo.
Diverso, sicuramente, sarà il contributo delle tre modelle alla genetica. Perché anche la bellezza ha origine nel Dna. Sfuggenti, elusivi, i ricercatori suggeriscono una decina di geni legati ai tratti del viso e all’aspetto attraente. Ma uno solo è il risultato davvero solido cui sono approdati. Si chiama Clpg1 e non inganni la specie in cui è stato individuato: la pecora. È il gene della Venere Callipigia, o Venere dalle belle natiche. Il test non lo dice, ma alle tre modelle non fa sicuramente difetto.