la Repubblica, 5 luglio 2019
Ladri di medicine
Arrivano con la lista delle molecole da portare via. Non si curano delle telecamere perché indossano passamontagna e tute, sfondano porte, scardinano serrature di armadi blindati. Il bottino è ricco e per raggiungerlo agiscono con tecniche che qualcuno definisce “paramilitari”. Milano, Trieste, Orbassano, Brindisi e Imperia solo nelle ultime settimane: i furti di medicinali negli ospedali italiani sono ricominciati grazie a nuovi canali di vendita all’estero della, costosissima, merce rubata. Si sta così velocemente tornando al livello del biennio 2013-2014, quando prima di una serie di operazioni delle forze dell’ordine in un solo anno venivano rubati anche 70 milioni di euro in farmaci, soprattutto oncologici (ad esempio quelli contro il tumore al seno) ma anche immunosoppressori, antireumatici, spesso del tipo biologico. Singole confezioni possono costare anche 2 o 3 mila euro, e se si prende qualche scatolone si fa presto a decuplicare, o addirittura centuplicare il valore del bottino. Nel 2019, i database di Aifa, l’agenzia del farmaco, registrano in media quattro grossi furti al mese, in una escalation che è iniziata più o meno un anno fa a Foggia, quando addirittura era stato assaltato e svuotato un tir con dentro 2 milioni di medicine (poi in parte recuperate) e che nel giugno scorso ha visto almeno 6 o 7 colpi importanti. Poco contano, in certi casi, le misure di sicurezza. Nella farmacia dell’ospedale di Trieste ad esempio erano state installate varie telecamere ma malgrado questo il 26 giugno scorso i ladri hanno portato via 400 mila euro di refurtiva. A gennaio e nel febbraio erano stati presi di mira due grandi centri di distribuzione lombardi, che si credevano sicuri. Le strutture vittime dei ladri devono reintegrare le scorte di magazzino, cosa che non sempre si riesce a fare rapidamente.
Per i farmaci rubati negli ospedali in questi mesi sono stati trovati canali di riciclaggio diversi rispetto a quelli scoperti nel 2013-2014. Il bottino viene portato in Paesi, come la Turchia e l’Egitto, dove non si curano, o nemmeno conoscono, degli avvisi internazionali nelle quali sono inseriti anche i codici dei prodotti rubati proprio per evitare il riciclaggio.
Aifa e le forze dell’ordine di fronte al ritorno dei furti nei giorni scorsi hanno lanciato un alert a livello europeo. L’Italia proprio dopo i tanti colpi di cinque anni fa ha introdotto il database dei farmaci che permette di sapere dei furti in tempo reale e impedire la rivendita della refurtiva, cosa che non è stata fatta altrove, dove i colpi possono passare inosservati.
Oltre agli ospedali, di recente sono prese di mira le farmacie territoriali. In questi casi però non si ruba ma probabilmente si usano ricette false per impadronirsi di prodotti che scarseggiano sul mercato europeo (come i medicinali Neupro, contro il Parkinson, Clexane, un’eparina per la fluidificazione del sangue, Vimpat e Keppra, anti-epilettici) per spostarli all’estero. Ci si è resi conto di questo nuovo sistema grazie a una segnalazione arrivata nelle scorse settimane dal Regno Unito, dove appunto sono stati trovati medicinali “italiani”. Non sempre esiste una correlazione diretta tra furti o falsificazioni delle ricette e carenze di certi medicinali, anche perché i volumi dei farmaci acquistati dal sistema sanitario sono enormi, molto superiori a quelli dei prodotti rubati. Però è un dato di fatto che nelle liste dei medicinali migliori per i ladri ci sono, oltre a quelli molto costosi, anche quelli che sono più difficili da trovare in Europa. La loro rarità ne aumenta il valore e fa inventare alle organizzazioni criminali modi sempre diversi per impadronirsene.