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 2019  luglio 05 Venerdì calendario

Il sopravvissuto di Stromboli

Thiago Takeuti guarda verso il mare di Punta Fico, pochi turisti siedono sulla sabbia nera di Stromboli. E ripete con ossessione lo stesso interrogativo: «Perché è morto Massimo e non io?». Sulle gambe il turista brasiliano di 35 anni, musicista e professore di chitarra, ha ancora i segni di alcuni graffi provocati dai lapilli incandescenti che lo hanno colpito. È stato lui il compagno di escursione di Massimo Imbesi, l’uomo che è stato ucciso dai gas sprigionati dal vulcano inferocito. «L’ho ripreso tre volte col massaggio cardiaco. Ero convinto che Massimo ce l’avrebbe fatta e invece è morto davanti a me». Chiude gli occhi dietro le lenti da sole.
Thiago Takeuti lei è arrivato qui mercoledì mattina da Florianopolis. Come si è conosciuto con Massimo Imbesi?
«Ci siamo coosciuti al porticciolo di Stromboli e abbiamo deciso di fare un’escursione per guardare il vulcano dal versante di Ginostra e fare alcune foto.
Avevamo in comune la passione per la fotografia».
Cosa è successo a Punta dei Corvi?
«Eravamo già a circa 200 metri sul mare e abbiamo sentito un forte boato. Poi abbiamo visto quella esplosione dalla sommità del vulcano. Inizialmente era uno spettacolo affascinante».
Poi?
«È iniziato ad avanzare il fuoco verso di noi, piovevano pietre dal cielo. Ero molto spaventato.
Massimo invece mi rassicurava e mi diceva di stare tranquillo. Mi ha salvato la vita».
Come?
«Mi ha detto di mettermi lo zaino sulla testa per ripararmi dai lapilli. Mi diceva di stare calmo e che tutto sarebbe andato per il meglio. Lui nel frattempo dalla radio che aveva con sé chiamava i soccorsi e dava le coordinate.
Ho un video in cui Massimo dà la posizione ai soccorritori. Lì stava ancora bene».
Dopo quanto tempo sono arrivati i soccorsi?
«Troppo tardi purtroppo per Massimo. È passata oltre un’ora, Massimo ha resistito per una quarantina di minuti. Quando ci hanno raggiunti su Punta dei Corvi era morto da diversi minuti».
Siete rimasti circondati dalle fiamme e il suo amico non ce l’ha fatta.
«Sì, c’erano le fiamme ma non solo. Nel frattempo siamo stati investiti dai gas caldi del vulcano. Mi sentivo bruciare dentro. Massimo nonostante tutto continuava a contattare i soccorritori. Ha fatto più di dieci chiamate. Poi si è accasciato. Gli ho praticato la respirazione bocca a bocca. Poi il massaggio cardiaco. Per tre volte ha ripreso conoscenza».
Lei ha continuato a chiamare i soccorsi?
«Certo. Ho strappato dalle mani di Massimo la radio e urlavo in inglese "Venite, presto. Sta spirando". Piangevo e urlavo».
Massimo le diceva qualcosa?
«A un certo punto mi ha guardato e ha avuto la forza di dirmi: "Sento che sto per morire". Ero disperato ma lo rassicuravo e dicevo che l’elicottero stava arrivando. Mi è morto tra le braccia».
Cosa ha fatto?
«Gli ho chiuso gli occhi con le mie mani e ho recitato una preghiera per lui».
Andrà via da Stromboli e tornerà sull’isola dopo questa esperienza?
«Non lo so. Sono molto scosso.
Oltretutto ho perso parte dei miei documenti e soldi. Sono ospite da una coppia di noleggiatori di barche ma non escludo di andare via e non tornare più».