la Repubblica, 4 luglio 2019
È l’estate delle falene
L’estate delle falene. Dall’isola d’Elba a Gaeta, passando per Grosseto e la Maremma, la Tuscia, Roma e il Circeo, questa stagione sarà ricordata per la straordinaria proliferazione della Lymantria dispar, un lepidottero polifago che nello stato di larva divora boschi interi: mangia foglie di acero, faggio, olmo, tiglio, platano, ma è ghiotta soprattutto di foglie di quercia. E ama anche gli alberi da frutto, le siepi di biancospino e di rosa canina. Quando il bruco si trasforma in farfalla, a luglio, la Lymantria esce dal bosco e invade campagne, centri abitati e alcune tra le spiagge più note del Tirreno: Talamone, Castiglione della Pescaia, Marina di Grosseto, Sabaudia, Gaeta.
Perché quest’anno la popolazione è esplosa? «È un fenomeno naturale – assicura Gianumberto Accinelli, entomologo e scrittore – la Lymantria è una specie soggetta a gradazioni: a cicli di 8- 10 anni raggiunge picchi come quello del 2019». Il prossimo anno ce ne saranno molte di meno perché assieme alle falene cresce il numero dei parassiti che le falcidieranno. «Abbiamo avuto una primavera molto piovosa che ha permesso una crescita lussureggiante del verde», questo uno dei motivi del successo riproduttivo di quest’estate, sempre secondo Accinelli, che paragona l’invasione delle falene nel versante tirrenico a quello delle cavallette in Sardegna. Qualcosa di strano, tuttavia, c’è: «Abbiamo semplificato troppo l’ambiente riducendo la biodiversità. Questo processo favorisce solo alcune specie a discapito di tutte le altre». Nel caso della Lymantria chi ha avuto la peggio sono i suoi nemici naturali, come certe specie di uccelli che mangiano le farfalle o come vespe e mosche che depongono le uova sul corpo delle larve, uova che una volta dischiuse si nutrono del bruco peloso dai caratteristici punti rossi e blu.
Nonostante gli effetti apparentemente devastanti sui boschi planiziali o collinari di latifoglie, non c’è pericolo per le foreste: «Gli alberi hanno una capacità di ripresa eccezionale, anche defogliati del 90% ci mettono un attimo a riprendersi», assicura Accinelli. Gli fa eco Francesco Croci, entomologo dell’Università di Firenze: «Va considerato che, se è vero che gli alberi hanno subito un danno, di contro il terreno ci guadagna, perché viene concimato da ciò che cade a terra, frammenti di foglie ed escrementi. Oltretutto la Lymantria non è pericolosa per l’uomo, né i bruchi – che assomigliano alla temuta processionaria– né le farfalle pungono».
La natura, in Europa, ha i suoi anticorpi per far fronte ai periodici baby boom delle falene brune ( maschi) e bianche ( femmine), ma negli Stati Uniti no. Qui la Lymantria è devastante, perché specie aliena senza nemici naturali che possano regolarne la crescita. Tutto nasce a metà dell’Ottocento, quando un pittore decide di importare una cinquantina di individui dal Vecchio continente perché convinto di poter incrociare la falena col baco da seta. L’esperimento fallisce miseramente, l’artista libera incautamente le farfalle in natura e ora la Lymantria è annoverata tra le 100 specie più invasive e dannose al mondo. Questa e altre storie sono narrate nel volume” La meravigliosa vita delle farfalle”, di Gianumberto Accinelli.
Se quest’estate, sulla battigia o in un querceto, ci imbatteremo in qualche sciame di Lymantria, allora, ripenseremo alla complessità, ai cicli e agli equilibri della natura che possono essere sovvertiti dall’azione dell’uomo, da una variazione meteorologica o dalla diminuzione della popolazione di una o poche specie.