il Fatto Quotidiano, 4 luglio 2019
I segreti sul sommergibile russo
Quali sono i nomi dei 14 marinai morti tra le fiamme dell’incendio scoppiato lunedì nel sottomarino nel mare di Barents? Quanti erano e quanti sono sopravvissuti? Perché le loro identità vengono ancora taciute dal ministero della Difesa russo? Di che sottomarino si tratta? La Russia chiede, il Cremlino non risponde, ma la stampa insiste. Non semplici marinai: sette delle vittime erano capitani di primo rango, due avevano ricevuto il massimo onore militare conseguibile dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Sono morti da “eroi della Russia”.
La tragedia è “una grande perdita per la Flotta del nord e per l’esercito intero” ha detto Putin, condoglianze sono state spedite dai governatori di Murmansk e Pietroburgo, dalla cui base militare i marinai erano partiti, ma null’altro: a tre giorni dal disastro nemmeno se si tratti del sottomarino a propulsione nucleare Losharik è stato confermato dal Cremlino, che risponde solo “top secret”.
Se qualche notizia è stata filtrata, qualche ipotesi paventata, è perché qualche analista russo ha azzardato confronti tra dettagli e minuzie tra i dati trapelati. Il sottomarino apparterrebbe al Gugi, dipartimento del Ministero della Difesa nato per missioni in mare profondo, ed era capace di distruggere il Sous, sistema di sorveglianza subacquea ancora attivo, che serviva ai marines durante la Guerra Fredda per monitorare i movimenti dei sovietici. Gli Stati Uniti hanno denunciato negli ultimi due anni la presenza di unità da ricognizione della marina russe a ridosso delle loro coste, citando il rischio che Mosca abbia sviluppato nuovi sistemi per intercettare o sabotare i cavi in fibra ottica sottomarini e intercettare comunicazioni. Una fonte del canale Rbc ha contraddetto le altre: non si tratterebbe del mezzo AS-12, detto Losharik, come riferito in precedenza, ma dell’AS-31, un’altra sekretnaya podlodka, sottomarino nucleare segreto. La Difesa norvegese ha riferito di un avvertimento ricevuto dai colleghi russi dopo un’esplosione di gas, ma è stata smentita dal ministro della Difesa Serghey Shoigu, immediatamente spedito a Severmorsk per ordine di Putin, dove ha detto che “un civile era presente a bordo”. Il ministro ha poi subito ordinato al Comando della flotta del Mar nero e ai rappresentanti dell’industria di lavorare insieme per una veloce riparazione del sottomarino. Nel corso della sua visita a Severomorsk, Shoigu ha incontrato anche rappresentanti dell’industria che ha prodotto il sottomarino.
Quella del Losharik è già diventata una saga, una storia dove le informazioni si possono ricevere solo come gocce che cadono da un tubo rotto. Più che una fuga di notizie, c’è stata un’emersione di informazioni dal web che la Difesa è stata costretta a confermare. Si tratta del primo nome scoperto dai giornalisti: è quello del capitano del vascello, Denis Dolonsky. La bolla del silenzio del Cremlino esplode bucata dai social. Il nome del secondo capitano è quello di Nikolay Filin. Il giornale Baza rintraccia altri due nomi: Andrey Voskresensky e Denis Oparin. Ci sono domande la cui risposta è sui fondali artici, dove ora i militari norvegesi stanno monitorando il livello di radiazioni. Perché le notizie sulle cause dell’incendio non sono note? Perché la notizia della tragedia è stata data dopo un giorno? Quello che davvero è successo nel ventre in fiamme del Losharik lo sanno ora solo i pesci, gli alti gradi russi, ma vogliono scoprirlo anche i giornalisti. Già morti tra le fiamme, i marinai della Flotta del Nord rischiano di morire di nuovo in un mare di silenzio. Con una mossa a tenaglia congiunta in conferenza stampa, ieri la stampa ha messo alle strette il portavoce di Putin, Dimitry Peskov. Si tratta del sottomarino AS-12?. “Segreto di Stato”. Cosa faceva il sottomarino? “Chieda al ministero della Difesa”. Il Cremlino crede che la società russa non debba conoscere le circostanze della tragedia? “È un segreto di Stato”. “Signor Peskov, che cos’è un segreto di Stato?”