Corriere della Sera, 4 luglio 2019
Roma e Napoli meno vivibili di Bucarest
Città e quartieri invivibili. «Cattivismo» e paura del vicino (soprattutto se immigrato), ma anche ricerca e bisogno di comunità. E poi case solo per alcuni, da cui i più deboli restano esclusi. È una fotografia con più ombre che luci quella scattata dal Censis attraverso l’indagine «Città, la crisi dell’abitare e la mappa dei disagi», commissionata da Confcooperative e presentata ieri a Roma. Emerge un’immagine buia soprattutto per grandi città e aree metropolitane dove è sempre più difficile vivere e i cittadini si sentono sempre meno felici. Così in Italia, un po’ meno in Europa dove oltre a Zurigo, Vienna, Londra, Parigi, Berlino e Barcellona, persino a Bucarest i cittadini si dicono più soddisfatti di quelli di Roma, Napoli e Palermo. E questo perché le grandi metropoli italiane non riescono a rispondere al bisogno di servizi e vivibilità richiesto dai propri abitanti. Case troppo care per chi è nelle fasce sociali più basse ed è costretto a prendere una casa in affitto, spendendo spesso quasi la metà del proprio reddito. Costi troppo alti per un italiano su due (il 49,3%) che nella fascia 25-34 anni vive ancora con i genito-ri, contro il 28,5% della media Ue. La percentuale sale al 67% se si considerano i 18-34enni. «La mancanza di occupazio-ne tra i giovani – riflette Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative – è la ve-ra emergenza sociale dell’Ita-lia, assai più della riforma fiscale. La politica è carente, ma serve un intervento urgente». La fuga dai costi troppo alti del centro verso aree più periferiche aumenta l’insoddisfazione: «Intorno alle metropoli – dice Stefano Sampaolo, autore dello studio della Fondazione Censis – sono cresciute zone improvvisate e degradate, prive di servizi e luoghi di incontro, e quindi ad alto grado di conflittualità». Nonostante ciò gli italiani cercano una vita di comunità nel proprio quartiere, soprat-tutto coloro che vivono nelle grandi metropoli: lo studio evidenzia come sia un desi-derio per oltre il 40%, mentre per uno su due la vita di quar-tiere si limita a chiudersi dentro la propria abitazione. «Serve una nuova prospettiva – continua Gardini —, una nuova visione più complessa che non risponda ad un biso-gno solo di muri ma di comu-nità nuova». E Confcoopera-tive Habitat lancia la «Carta dell’Habitat», un decalogo ideato dall’urbanista Giancarlo Consonni per far tornare al centro dell’abitare «la polis, il cittadino e la vita di comunità».