4 luglio 2019
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Biografia di Giancarlo Magalli
Giancarlo Magalli, nato a Roma il 5 luglio 1947 (72 anni). Autore e conduttore televisivo. «In Rai si assumevano tre persone alla volta: un democristiano, un socialista e uno bravo. Io ero quello bravo» • «Giancarlo Magalli a tre anni aveva già la strada segnata: “Mio padre lavorava con il cinema e mi portava sui set, per me una seconda casa. Ero felice, mi divertivo, amavo le liturgie di quei luoghi, stare tra la gente dello spettacolo, ed ero diventato una mascotte degli operatori, mi utilizzavano per scherzi deplorevoli”. Quali? “Un giorno mi dicono: ‘Giancà, la vedi? Quella è la Lollobrigida: avvicinati e tirati giù i pantaloni, mostrale il pisello…’”. Lei non si è sottratto. “Ovvio! Ricordo ancora le risate. Il dispiacere è arrivato molti anni dopo, quando l’ho intervistata e tutto orgoglioso le ho ricordato l’episodio, certo di averla stupita. Macché: il vuoto”» (Alessandro Ferrucci). «Che studi ha fatto? “Il liceo Massimo a Roma”. È la scuola dei gesuiti. “Ero in classe con Mario Draghi e con Luca Cordero di Montezemolo”. Com’erano? “Draghi aveva già l’occhio furbo e il sorriso ironico”. Montezemolo? “Elegante con ciuffo. Qualche anno dopo aver finito la scuola mi chiese di dargli una mano a organizzare delle serate mondane per la candidatura in politica di Umberto Agnelli”» (Vittorio Zincone). «“Giancarlo Magalli non stava mai zitto”, raccontano in coro tutti gli ex “massimini” degli anni montezemoliani. Magalli […] era già homo televisivus e intratteneva gente che di cognome faceva Rattazzi, Colonna, Torlonia, Orsini, Gentiloni, Ruspoli Forteguerra, Beretta, Misasi, Bonomi, Petochi, Covelli. Giancarlo Magalli aveva persino creato una società di produzione cinematografica per dodicenni. C’è chi conserva ancora in un cassetto un’azione della “Parva films”» (Marianna Rizzini). «“Comunque a un certo punto mi cacciarono dal Massimo, per colpa di una marachella. […] Per evitare un compito in classe avevo issato di fronte alla porta d’ingresso il cartello ‘Chiusa per disinfestazione’. Mi trasferii al Nazareno. Lì c’erano Carlo Verdone, Christian De Sica…”. […] Quand’è la prima volta che ha lavorato per la Rai? “Avrò avuto circa sedici anni. In radio. […] Quando la mia famiglia si trasferì dal quartiere Parioli a Vigna Clara, mi ritrovai come vicino di pianerottolo Gianni Boncompagni. Io ero adolescente. Lui aveva qualche anno più di me. Faceva il fotografo. Aveva uno stereo pazzesco e voleva cambiare mestiere. Diventammo amici. Tramite i miei genitori gli feci conoscere Giulio Razzi”. Il leggendario direttore artistico della Rai anni Sessanta. “Razzi affidò a Boncompagni la trasmissione Bandiera gialla, e io cominciai a fare radio con lui”. La prima mansione? “Imitatore. E coordinatore dei giovani del pubblico. C’erano Roberto D’Agostino, Clemente Mimun, Renato Zero, Loredana Bertè… […] Con Boncompagni poi facemmo Radio ombra, una trasmissione radio visionaria. Era la prova generale di Alto gradimento, a cui io però non lavorai”. Perché? “Per servire la patria. Partii militare, e così si interruppe sia la mia carriera universitaria a Scienze politiche sia quella radiofonica”» (Zincone). «Che ricordi hai del tuo ’68? “È stato un vero ’68: avevo preso la maturità classica un anno e mezzo prima. Ho dato due o tre esami e cominciarono le contestazioni, le proteste, le cariche della polizia. Andare all’università era un’impresa: ti picchiavano quelli di sinistra, ti picchiavano quelli di destra, ti picchiava la polizia, ti tiravano i lacrimogeni. Succedevano cose anche gravi. Alla facoltà di fronte alla mia, a Legge, tirarono giù uno dalle scale e lo ammazzarono”. Tu manifestavi? “No, io cercavo di evitarli e vivere tranquillamente. Ma non ci riuscivo: dovevo stare a casa. Allora decisi di togliermi di torno il militare, visto che lo avevo rinviato per studiare. Così sono partito per andare a fare l’ufficiale nell’esercito. Però il ‘68 era arrivato anche nella società non studentesca: c’erano moti operai, ad esempio. […] Mi ritrovai, da militare, nei moti di Battipaglia, dove ci furono morti tra la polizia, tra gli scioperanti. Mi ritrovai con la Saint-Gobain, a Caserta, con gente che la voleva distruggere. […] Quindi il ’68 me lo sono fatto da militare, perché venivo assegnato all’ordine pubblico: me ne andavo in giro con il carrarmato a presidiare le strade di Battipaglia o Caserta. Il ’68 me lo sono sentito tutto sulle spalle. E anche le prime avvisaglie degli anni ’70, quando sono arrivate tante cose nefaste come il terrorismo e le Brigate rosse”. Come si traducevano queste avvisaglie? “Cominciavano a rubare le armi ai militari, aggredendo le sentinelle. Erano i primi indizi dei movimenti terroristici”» (Gaspare Baglio). «Finito il servizio militare? “Mio padre mi voleva far diventare assicuratore come lui. Mi diceva: ‘Ti puoi divertire guadagnando soldi. O spendendoli. Se fai l’assicuratore ti divertirai a spenderli’. Provai un paio di volte, ma poi capii che non faceva per me”» (Zincone). «Ho resistito pochissimo. La noia mi stava massacrando. Alla fine ho rotto con mio padre, ho lasciato mia moglie [la quale pure lo voleva assicuratore – ndr] e sono andato in affitto in un monolocale di Nico Fidenco. Ho un unico rimpianto: mio padre è morto prima di rendersi conto che avevo ragione io» (a Claudio Sabelli Fioretti). «Dopo il militare, le porte della Rai si erano chiuse. Parlare con il direttore della radio Luciano Rispoli per fargli una proposta era un’impresa leggendaria. Alla fine mi misi a fare l’animatore in un villaggio turistico». «“A Natale del 1967 andai con i miei genitori in vacanza in montagna. L’ 8 gennaio dovevo partire militare, perciò volevo divertirmi. Organizzavo le gare di slittino e di sci e le serate per gli ospiti. Nello stesso albergo c’ erano anche i dirigenti dell’ Eni: ‘Perché non viene a fare l’ animatore da noi che dobbiamo aprire un villaggio sul Gargano?’. ‘Dopo il militare, tra un anno e mezzo, si può fare’. E così fu”. Destinazione Pugnochiuso: l’ attirava il nome? “La politica non c’ entra. Il nome lo inventò Enrico Mattei sorvolando in elicottero la costa. L’ Eni stava aprendo una raffineria a Manfredonia, vide questo promontorio a forma di pugno, lo comprò e ci fece costruire un albergo con un centro sportivo per i dipendenti”. Lei capo, gli altri animatori? “C’ era Stefano Disegni, ora disegnatore e fumettista affermato”. Conobbe molta gente? “Avevo un budget ridottissimo e mi rivolsi ad alcuni impresari pugliesi, chiedendo di trovarmi qualche artista poco esigente. Vennero Pippo Franco, Enzo Beruschi e i Gatti di Vicolo Miracoli. Qualche anno dopo li scritturai per Non stop”. Fiorello, non lo incrociò? “Era tra gli allievi dei corsi per animatori che tenni a Ostuni”. Che allievo era? “Era uno fra i tanti, non lo conoscevo. Fu lui, anni dopo, a dirmi che aveva frequentato il corso di Ostuni”. Come avvenne il salto in televisione? “Pippo Franco fu scritturato per un programma alla radio e mi chiese di scrivere per lui. Poi cominciai a scrivere per altri, da Oreste Lionello a Gianfranco D’ Angelo. Finché Bruno Voglino mi propose di fare l’ autore di Non stop”» (Maurizio Caverzan). «Regia di Enzo Trapani. “Sì, ma la trasmissione era proprio mia. Io andavo a cercare i comici. Andai a San Giorgio a Cremano per visionare tre ragazzi: I saraceni”. Mai sentiti. “Il nome non ci piaceva, e loro lo cambiarono in ‘La smorfia’. Il trio con Lello Arena, Massimo Troisi ed Enzo Decaro”» (Zincone). «Il vero antenato di Drive in venne subito dopo. La Rai voleva un altro programma con comici sconosciuti. Io replicai che non erano un’ infinità e che conveniva sfruttare quelli già scoperti. Mi diedero l’ ok e nacque Tutto compreso. C’ erano Ezio Greggio, Enzo Beruschi, Gigi e Andrea, Massimo Boldi e Teo Teocoli. Andava in onda da Milano ed era ambientato in un villaggio vacanze. […] Berlusconi lo vide e prese Giancarlo Nicotra, il regista, e gran parte del cast. Il secondo anno Antonio Ricci aggiunse altri comici» (Caverzan). «La sua prima conduzione? “All’inizio degli anni Ottanta avevo cominciato a duettare con Boncompagni. Lui regista, io autore. Per Illusione si decise che avrei provato pure a condurre”. Come andò? “Bene. Pensai: ‘È fatta’. E invece la Rai si dimenticò di me. Continuai a scrivere programmi: Pronto, Raffaella?, Pronto, chi gioca?…”» (Zincone). «A Pronto, Raffaella? inventò il gioco dei fagioli. “L’ avevo visto negli store americani. I negozianti mettevano in vetrina un vaso pieno di fagioli e i clienti tiravano a indovinare. A fine mese chi si era avvicinato di più vinceva una spesa gratis”. […] Altro salto, da dietro la telecamera a davanti. “Avvenne qualche anno dopo, a Pronto, chi gioca?, condotto da Enrica Bonaccorti. Un giorno lei dovette ricoverarsi improvvisamente, e Boncompagni mi disse: ‘Domani presenti tu, tanto sai come si fa’. Andò bene, e così continuai. Anche perché c’ era una certa penuria di presentatori, perché tanti, da Pippo Baudo alla stessa Carrà, erano andati alla Fininvest”» (Caverzan). «Da quel momento non ha più smesso di andare in video con la Rai. Ha mai pensato di abbandonare la tv di Stato? “Sì, alla fine degli anni Novanta. Dopo aver condotto I fatti vostri, Fantastico, I cervelloni, mi avrebbero dovuto assegnare definitivamente Domenica in, e invece…» (Zincone). «Invece […] Saccà decise altrimenti. Non per motivi di qualità, ma perché ci avevo discusso. E quindi, per rappresaglia, ha fatto del male all’azienda. Come il marito che si taglia gli attributi per fare dispetto alla moglie». «Mi tolsero la conduzione di quella trasmissione dopo un anno in cui ero andato benissimo. Ero stato il primo a battere la domenica di Maurizio Costanzo». «Gli anni successivi, Domenica in è andata molto peggio: ci sono voluti cinque anni perché si riprendesse. Quella è stata una delusione: pensavo di continuare a farla». «“A quel punto si aprì una trattativa con Canale5. Andai a parlare con Gori, ma lui mi disse: ‘Tanto lo so, che dalla Rai non te ne andrai mai’”. E infatti. Per molto tempo lei è stato anche il tappabuchi della Rai. “È vero. Una conduzione di Enrico Montesano andava male? Chiamavano me. Una volta mi chiamarono alle 5 di pomeriggio per sostituire Monica Setta: alle 8 di sera ero in studio a registrare. […] E come ringraziamento spesso hanno scelto altri a condurre trasmissioni perfette per me”. Un esempio? “I pacchi. Quando Bonolis ha lasciato, sarei stato il conduttore ideale. Lo avevo già sostituito una volta, ed era andata bene. E invece… Del Noce scelse Pupo”» (Zincone). Proprio con l’arrivo di Fabrizio Del Noce alla direzione di Rai Uno (2002), infatti, coincise uno dei momenti più difficili della carriera televisiva di Magalli. «Venni bandito dai palinsesti, assieme a Baudo, alla Carrà e a Frizzi; e i miei programmi passati ad altri. Col risultato che senza di me sono colati a picco. I cervelloni con la Ventura? Fermato dopo due puntate. Fantastica italiana dato in mano a Lopez? Chiuso dopo appena una» (a Paolo Scotti). Tornato in video nel 2003, dal 2004 conduce la trasmissione meridiana di Rai Due, denominata Piazza Grande fino al 2008 e dal 2009 – dopo un anno di pausa – tornata al titolo originario I fatti vostri. Dal 2017, inoltre, è il narratore – con voce fuori campo – del programma Il collegio (Rai Due). Nessun’altra conduzione di rilievo gli è stata però affidata negli ultimi anni, probabilmente anche a causa dell’insuccesso registrato nel 2012 da Mi gioco la nonna (Rai Uno). «“È stato una leggerezza da parte mia. Era un format su cui si poteva lavorare e renderlo molto divertente. Poi è successo che non c’erano gli spazi: è andato in onda tre puntate, ognuna in un giorno diverso, la gente non sapeva dove vederlo. A questo si aggiunge che il format non si poteva cambiare e doveva rimanere come l’originale tedesco, che era orrendo. Però, insomma, si può sbagliare una volta. Pippo Baudo dice che il nostro lavoro è come il Giro d’Italia: non bisogna vincere tutte le tappe, basta mantenere una buona media. E io credo di averla tenuta”. Ma ti senti un po’ sottovalutato? Dimmi la verità. “Io faccio un programma importante, su una rete importante, lo faccio con successo. Solo che, per il mio carattere, mi piacerebbe fare anche qualcosa di diverso”. Tipo? “Un game, ad esempio. Se in estate mi dessero Reazione a catena, sarebbe come andare alle terme: mi rigenererei. Vorrei fare qualcosa dove si ride, ci si diverte, si cazzeggia: quello un po’ mi manca. Prima, mentre facevo I fatti vostri, facevo anche Papaveri e papere, Mille lire al mese, I cervelloni e Fantastica italiana…”. […] Si vociferava di un tuo passaggio a Mediaset. Sfumato? “Non è sfumato, ma è legato al problema del tetto sugli stipendi: mi fa arrivare a primavera, avendolo già quasi saturato, con l’impossibilità di ricominciare a settembre. Visto che non posso stare fermo, dico: ‘Ok, va bene, riprenderò con la Rai a gennaio, quando ripartirà il tetto. Ma magari, nel frattempo, se mi offrono qualche altra cosa, la faccio’. Non sto a casa fermo”» (Baglio) • «Magalli è anche, forse soprattutto, un autore. C’è spazio in Italia per idee originali? "Non c’è spazio, infatti sono un autore disoccupato. Lavoro come conduttore, doppiatore, attore cinematografico, ospite di Pechino Express… ma non come autore. Ero convinto del fatto che sarei durato pochi anni come conduttore e ho sempre considerato il mio mestiere principale quello di autore. Ora mi rendo conto che, quando smetterò di fare il conduttore, sarò disoccupato, perché il mestiere dell’autore – inteso come lo facevo io – non esiste più. Non esiste più quello che scrive due paginette per proporre la realizzazione di un programma. […] Non ne propongo più. Oggi si producono solo format comperati all’estero perché danno una certa garanzia. I dirigenti ricevono il dvd del format e vedono già le luci, l’atmosfera, la regia, la scenografia. Non se lo devono immaginare come succedeva una volta: lo vedono. Non solo: hanno anche i dati di ascolto degli altri Paesi. Davanti a queste certezze, chi rischia per un programma nuovo?"» (Giulio Pasqui) • Grande clamore, nel gennaio 2015, quando da un sondaggio lanciato dal sito del Fatto Quotidiano emerse a sorpresa il nome di Magalli come quello più gradito quale nuovo candidato alla presidenza della Repubblica, distaccando ampiamente il presunto favorito, Stefano Rodotà. Al momento del voto a Montecitorio, però, il conduttore ottenne una sola preferenza, al primo scrutinio. «I ragazzi volevano lanciare un messaggio contro i nomi ufficiali che si facevano nell’occasione dell’elezione del presidente della Repubblica. In un sondaggio erano venuti fuori Prodi, Amato, e i ragazzi sbottarono: “No, piuttosto Magalli”. Era un’indicazione di protesta, è chiaro che nessuno – me per primo – ha mai pensato che potessi diventare presidente della Repubblica sul serio. Forse il messaggio era arrivato, perché poi hanno eletto Mattarella, un nome fuori da quella nomenclatura» • Notoriamente non idilliaci i suoi rapporti con Adriana Volpe, che dal 2009 al 2017 l’affiancò alla conduzione de I fatti vostri. Le tensioni tra i due deflagrarono davanti alle telecamere nel marzo 2017, quando la valletta gli ricordò maliziosamente l’imminente settantesimo compleanno, innescandone la stizza, e hanno continuato a manifestarsi pubblicamente in un circolo vizioso di provocazioni (soprattutto da parte di Magalli) e di accuse di sessismo (da parte della Volpe) fino al maggio 2019, quando il conduttore è stato rinviato a giudizio per diffamazione dal Tribunale di Milano, principalmente per aver dichiarato che la donna «lavora da vent’anni grazie alla stima di un’unica persona». «Ho avuto tante partner nella mia carriera, sono sempre andato d’accordo con tutte. Le uniche tre con cui non sono andato d’accordo sono la Falchi, la Parisi e la Volpe, ma per motivi diversi. La Parisi era capricciosa, arrivava tardi e faceva come le pareva; ho sempre detto, però, che quando lavorava era di una bravura che le si perdonava tutto. Alle altre due, ecco, manca quest’ultimo aspetto» • «“Accanto ho avuto donne capaci, o sveglie, e penso a Mara Carfagna: lei ascoltava, si fidava… […] Quando è arrivata era una subrettina, voleva solo cantare e ballare, diceva giusto qualche cosetta, niente di importante. Poi Berlusconi espresse ammirazione, e il padre, che era un grande paraculo ed elettore di Forza Italia, gli disse: ‘Cavaliere, perché non la candidiamo? È molto amata’”. Parlavate di politica? “Mai. Inoltre, mentì. Quando iniziarono i rumors su una sua candidatura, le chiesi se era vero: era vietato. ‘Ci mancherebbe, sono solo voci’. Invece sfruttò fino all’ultimo la tv”. Felice Berlusconi. “Lui mi faceva troppo ridere. Ogni volta che lo incontravo mi parlava solo di lei: ‘Caro Magalli, ha visto che carriera la nostra Mara?’”. È indiscutibile. “Se avessi avuto le zinne, la facevo pure io”» (Ferrucci) • Due matrimoni alle spalle; una figlia dalla prima moglie, un’altra dalla seconda. Dapprima derubricata ad «affettuosa amicizia» e poi conclusa per «stili di vita diversi», nel 2019, la presunta relazione con una ventiduenne conosciuta a I fatti vostri, dove la ragazza era andata a raccontare la sua storia di abusi infantili • «Hobby preferito? “Viaggiare con le mie figlie. Andare in Francia, a Londra, in America. Una volta avevo un codazzo di donne, mia madre, mia moglie. Ora sono rimaste loro”» (Caverzan) • «Segue la politica? “La seguo a volte con passione, altre con paura e preoccupazione. Per tanto tempo abbiamo delegato tutto ai politici o ai preti che ci dicevano per chi votare. Berlusconi ha avuto il merito di favorire il ritorno di partecipazione della gente. Pro o contro di lui”. Il sentimento prevalente adesso? “Curiosità con tendenza all’ ottimismo. Però non è facile. A dar retta alle sibille cumane, è tutto un disastro. Ma mi chiedo: con quale autorità scagliate tutte queste invettive? Se avevate tutto chiaro, perché non avete agito quando governavate voi?”» (Caverzan). «Che rispondi a chi dice che sei un sovranista che fa endorsement a Salvini? (ride, ndr) “Non ho fatto endorsement a Salvini. Mi hanno chiesto se era razzista, e ho detto che era un protezionista. Un protezionista non è un liberista. Anzi, è l’opposto. La differenza è che il razzista dice ‘Non entri a casa mia perché sei nero’, mentre il protezionista dice ‘Non entri a casa mia perché è casa mia. E lo decido io, se entri’. A lui è piaciuto, ma io ho detto solo la mia opinione: non volevo né elogiarlo né criticarlo”. E sul sovranismo che mi dici? “Sono andato a fare un’intervista a una manifestazione, dove c’era di mezzo Alemanno, perché l’attuale compagna è una mia vecchia amica, che mi ha chiesto questo piacere”» (Baglio) • «Lo stress mi tocca poco. Sono andato in onda anche due ore dopo la morte di mia madre. […] Non potevo lasciar perdere: avrei creato un problema a centinaia di persone. In quel caso ho evitato il ruolo del buffone, niente battute, e senza rivelare il mio dramma» • «Come ha fatto a diventare maggiore di polizia? “Polizia locale, precisiamo: i vigili urbani. Negli anni Ottanta, due o tre notti a settimana mi aggregavo alle pattuglie come volontario. I dirigenti del corpo mi hanno dato questo titolo. Sono orgogliosi di avermi tra loro, e io di starci”. […] È anche socio benemerito dell’ Associazione nazionale carabinieri? “Sono molto legato all’ Arma. Da allievo di cavalleria volevo optare per i carabinieri, ma mio padre si oppose. Così divenni anch’ io ufficiale di cavalleria. Come socio d’ onore presento i concerti e le manifestazioni dell’ Arma all’ Arena di Verona, all’ Auditorium”. Il titolo di commendatore al merito della Repubblica a cosa lo dobbiamo? “A Oscar Luigi Scalfaro, che me l’ ha dato per il lavoro nel sociale, per Telethon e altre cose che non vado a raccontare, ma chi le deve sapere poi le sa”» (Caverzan) • «Capitolo cinema… “Il cinema, lo vivevamo in casa: mio padre era direttore di produzione. Ho fatto il segretario di produzione in alcuni film di Totò e di Roger Vadim. Ma al cinema un mese si lavora e tre no, come diceva mio padre”. […] Anche nel cinema è stato sia dietro che davanti alla cinepresa. “Ho partecipato a una quindicina di film; niente di immortale, eh. Ma, sì, sono stato autore e attore cinematografico, autore e attore teatrale, autore e conduttore tv. Adesso faccio anche il doppiatore”» (Caverzan). «Il film preferito? “Il sorpasso di Dino Risi. Tra l’altro, c’è una mia comparsata. […] Sono uno dei ragazzi intorno al tavolo durante la partita di ping pong tra Vittorio Gassman e Claudio Gora. La scena era girata a Castiglioncello: io andavo in vacanza lì ed ero amico di Marco Risi”» (Zincone) • «Pentito di aver rifiutato la parte di Don Matteo? “Avevo intuito che era una grande occasione professionale. Ma mi avrebbe costretto a stare lontano dalla famiglia troppo a lungo. Avevo una figlia piccola che volevo veder crescere e una moglie cui volevo bene. Anche se oggi il matrimonio è finito, non sono affatto pentito di quella scelta”» (Caverzan) • «Sei mai stato contento dell’insuccesso di un altro? “Sì. Bisogna essere contenti quando cade chi va avanti a forza di raccomandazioni”» (Sabelli Fioretti). «Lei ha mai raccomandato qualcuno? “Mai. Al massimo, ho dovuto usare qualche raccomandato. […] Io in genere sono molto bravo a respingere le richieste”. Mi faccia un esempio. “Una volta stavo preparando un programma in prima serata, mi serviva una ragazza. Si sparse la voce, e nel giro di poche ore ricevetti 25 telefonate di segnalazioni: ‘Questa è bravissima, è amica di quello lì, falle un provino…’”. Li fece? “Certo. Alla fine scelsi una delle poche ragazze non segnalate. Non aveva mai fatto altri programmi Rai, ma mi sembrò brava e divertente. Si chiamava Vanessa Incontrada”. È sempre andata così bene? “No. Alla fine degli anni ’80 preparavo il programma Domani sposi. Mi servivano quattro ragazze che facessero le vallette. Anche qui, decine di segnalazioni”. Come finì? “Una, la dovetti prendere per forza. Era stata segnalata dai livelli altissimi, ma proprio altissimi… La impiegai per quello che sapeva fare”. Cioè? “Niente”. Ah. “A quello stesso provino ne presi un’altra, non segnalata, ma bravissima. Si chiamava Simona Ventura”» (Francesco Oggiano) • «La gente, anche la più strana, gli è sempre piaciuta; affetto ricambiato, perché, come dice lui, “non sono un fusto, e chi mi vede dall’altra parte del video si rassicura, pensa subito: ‘è uno come me’”. Ironico, caustico, battutista imbattibile» (Silvia Fumarola). «Un tempo, di Giancarlo Magalli si diceva che fosse il “tappabuchi” della tv italiana. Quando un programma non andava bene, quando un conduttore si ammalava, quando bisognava sostituire qualcuno, il primo nome che in Rai saltava fuori era il suo: Magalli obbediva, ci metteva una pezza e tornava nelle retrovie. Questo succedeva nell’altro secolo. Adesso Magalli non solo è un conduttore affermato, non solo riesce a far fuori i compagni o le compagne di viaggio che non gradisce (all’apparenza pacioso e rassicurante, si trasforma e mostra il suo vero carattere per nulla compiacente con chi lo critica), ma ha raggiunto anche una certa notorietà anche sul web, tanto da essere arruolato dai The Pills in uno dei loro sketch, tanto da partecipare con successo alle Quirinarie. […] Il problema vero di Magalli è che continua a fare una tv peggiore di quello che lui è (ha scelto di lavorare con Michele Guardì), una tv non all’altezza (non è una battuta) delle sue ambizioni e della sua intelligenza. E di questo non può dare la colpa a nessuno» (Aldo Grasso) • «C’è una bella striscia di Disegni & Caviglia, pubblicata nella loro rubrica su Tv Sette del Corriere della Sera, in cui io torno a casa e trovo la mia coscienza, bella, alta, bionda, che mi chiede “Potresti essere meglio di Fazio e Chiambretti, e invece fai queste cagate. Perché lo fai?”, e io apro una valigia piena di soldi, e la coscienza cambia idea e dice: “Domani posso venire anch’io con te?”» • «Le maldicenze sono le vitamine dell’anima. “Chi l’ha detto?”. Tu. Sei un pettegolo. “Se il pettegolezzo non è offensivo e non è infondato, è cronaca”» (Sabelli Fioretti) • «Ahimè. Io dico sempre quello che penso. Ma sempre in forma di battuta. Gli amici non se la prendono; tutti gli altri sì». «Mi riconosco non una vena di crudeltà, ma di satira e di ironia. Vene che possono anche risultare cattive. Ma non è mai una cattiveria gratuita o crudele. Mi ritengo un buono… mentre molti colleghi che in tv sembrano buoni in realtà sono cattivi». «Magalli per una battuta farebbe di tutto. […] Gli dico sempre che il problema non è saper parlare, ma saper tacere. Una volta in trasmissione ospitò sua madre affetta dal morbo di Parkinson. Durante un gioco se ne uscì con una battuta infelice: “Mia madre trema, non perché è emozionata, ma perché ha una malattia che le consentirebbe di suonare le maracas”. Questo è, nel bene e nel male, Magalli…» (Michele Guardì). «Una battuta alla quale è legato. “Quella al disturbatore Paolini. Era il 6 gennaio, estrazione della Lotteria durante Fantastico. In un collegamento esterno mi prese alle spalle con un preservativo in mano: ‘Usatelo!’. Io molto velocemente lo guardo e aggiungo: ‘Se lo avesse usato tuo padre, quanto saremmo più contenti’”. La sua è una dote: affinata da chi? “Mia madre: gran senso dell’umorismo, una donna contesa dalle amiche, bravissima nei racconti”» (Ferrucci) • «“Il pubblico, non l’ho mai dato per scontato. Mi sono sempre chiesto chi è che mi guarda e perché mi guarda. Non ho mai ritenuto che, facendo una certa cosa di successo, bisognasse sempre fare quella. Ho cercato di cambiare. […] Anche nei Fatti vostri, che è un programma immutabile, cerco di dare diversi livelli di lettura. Dico certe cose che capiscono solo i ragazzi, certe cose che capiscono solo le nonne. Insomma, cerco di fare contenti tutti quelli che mi guardano. Forse, la gente sente che parlo proprio a loro senza pontificare. Questo forse fa simpatia”. E cosa apprezzano, secondo te, i giovani? “L’ironia, il cinismo. La cattiveria. A loro piacciono, e piacciono anche a me. Le cose che dico e faccio hanno caratteristiche che li divertono. Una parte mi segue su Facebook e su Instagram”» (Baglio) • «Da chi ha imparato di più in tanti anni? “Ho imparato da quelli che guardavo da spettatore. Mario Riva mi ha ispirato: volevo essere come lui”. Renato Rascel come lo ricorda? “Gli somigliavo fisicamente e nel timbro di voce. Ma era un musicista, un compositore e un grande intrattenitore. Era spontaneo imitarlo. Alighiero Noschese me lo invidiava. Una volta, avrò avuto 4 anni, salii sul palco a tirargli la giacca: ‘Renato, perché tutti dicono che ti somiglio?’. ‘Non lo so, fammi vedere la mamma’, replicò lui. Un giornalista poco ironico s’ inventò che ero il figlio segreto di Rascel. L’ ho molto ammirato, ma niente figliolanze”» (Caverzan) • «Tu hai condotto il Dopofestival, ma non ti abbiamo mai visto all’Ariston. “Ci sono andato vicino, ma poi hanno deciso che ero troppo ironico. […] Tra il ’91 o il ’92, penso. […] Il Comune era d’accordo, la Rai era d’accordo, i discografici dissero di no. […] Avevano paura che prendessi in giro i cantanti su cui avevano investito. Questa non è una cosa contro di me: se guardi la storia del Festival, vedrai 13 conduzioni di Pippo Baudo, 11 di Mike Bongiorno e una sola di Corrado. E non è che Corrado fosse un piccolo presentatore: era bravissimo, ma era ironico, e questo non piaceva. Raimondo Vianello ne fece uno solo e fu pure querelato”. […] Bè, però c’è gente come Bonolis e Chiambretti che lo hanno presentato. “Bonolis e Chiambretti si sono portati le vittime da casa: Valeria Marini e Luca Laurenti. Non puoi esercitare l’ironia su altri. Poi, ripeto, non è che io c’ho tutta questa voglia. Sanremo, sicuramente, è una medaglia, ed è equivalente ai rapporti sessuali nella prima notte di nozze”. Vale a dire? “Se ti comporti bene è normale, se ti comporti male te lo ricordano per tutta la vita”» (Baglio).