ItaliaOggi, 4 luglio 2019
Guida di Stefano Lorenzetto contro l’approssimazione
Il sito del ministero dei Beni culturali ha attribuito a William Shakespeare la seguente citazione, con tanto di maiuscole: «In piedi Signori, davanti a una Donna!». I burocrati romani sono in buona compagnia: hanno fatto altrettanto i cantanti Roby Facchinetti dei Pooh e Riccardo Fogli, il nuotatore Filippo Magnini (ex moroso di Federica Pellegrini), l’Automobile club d’Italia, i Comuni di Campagna Lupia (Venezia), Cessalto (Treviso), Calolziocorte (Lecco) e Castelluccio Inferiore (Potenza), il sindaco di Sonnino (Latina), l’Ufficio per la pastorale del turismo della Conferenza episcopale italiana, la Chiesa cristiana avventista del Settimo giorno, la First Cisl del gruppo Unicredit. Peccato che il Bardo non si sia mai sognato di scrivere quella frase.È solo una delle innumerevoli chicche che Stefano Lorenzetto, giornalista di lungo corso (già vicedirettore vicario di Vittorio Feltri al Giornale, poi cofondatore con Maurizio Belpietro e direttore editoriale della Verità, che ha lasciato per tornare a scrivere sul Corriere della Sera), dissemina nel suo nuovo libro Chi (non) l’ha detto (Marsilio, 396 pagine, 18 euro, in uscita oggi). Il titolo rifà il verso al Chi l’ha detto? pubblicato nel 1895 da Giuseppe Fumagalli per Hoepli e trova la sua spiegazione nel sottotitolo: Dizionario delle citazioni sbagliate. Del dizionario ha anche la forma: autore (presunto), citazione, voce.
Nel mondo della post-verità e delle stabili incertezze, prima delle false notizie vennero le false citazioni, come sottolinea la quarta di copertina. Come mai siamo disposti a fidarci di ogni affermazione o attribuzione senza verifiche? Quanto influisce la mancanza di accuratezza sul fatto che quotidiani e istituzioni culturali in generale non siano più ritenuti affidabili e credibili? Quella di Lorenzetto si propone come «una guida divertita ma necessaria per sopravvivere alla dittatura dell’approssimazione e alla diffusione di un sapere parziale e opinabile».
Alcuni esempi? Gesù Cristo non disse mai «Lazzaro, alzati e cammina!»: si limitò a ingiungergli «Vieni fuori» (dalla tomba dov’era rinchiuso da quattro giorni). Galileo Galilei non esclamò «Eppur si muove!». L’adagio «A pensar male si fa peccato, ma spesso s’indovina» non è di Giulio Andreotti ma del cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, città in cui era nato nel 1871.
L’orazione spesso recitata durante i funerali («La morte non è nulla, io sono solamente passato nella stanza accanto») non è di Charles Péguy, come comunemente si crede, bensì fu scritta dal canonico della cattedrale di St. Paul per re Edoardo VII, figlio della regina Vittoria. L’esclamazione «Elementare, Watson!» non è mai uscita dalla bocca di Sherlock Holmes né tantomeno dalla penna di Arthur Conan Doyle.
Il libro di Lorenzetto, documentato con una meticolosità che sfiora l’ossessività, sfata molte altre leggende. L’aforisma di Winston Churchill secondo cui a Londra «un taxi vuoto si è fermato davanti al numero 10 di Downing Street, e ne è sceso Attlee» non fu mai pronunciato dal premier britannico, che anzi si doleva del falso: infatti si trattava di una carrozza e ne discese, a Parigi, Sarah Bernhardt. Lo inventò un critico teatrale del Figaro per deplorare la magrezza della celebre attrice. Ma Lorenzetto ha scoperto che la battuta, uno dei cavalli di battaglia di Mario Melloni, il Fortebracco dell’Unità, ha anche un altro padre: il giornalista Luigi Arnaldo Vassallo (1852-1906), noto come Gandolin, che la coniò vedendo giungere la Bernhardt al teatro Carlo Felice di Genova.
Degna di Perry Mason la lunga voce del dizionario riguardante Indro Montanelli, il quale nel 1976, per evitare che il Pci vincesse le elezioni, non scrisse mai in un suo editoriale sul Giornale l’invito «Turatevi il naso ma votate Dc». Eppure gli viene rimproverato persino dagli storici. Tutto da leggere il capitolo su Giuliana Longari, concorrente di Rischiatutto che, a dispetto dell’aneddotica circolante su Mike Bongiorno, non è mai «caduta sull’uccello», come racconta all’autore del libro.
Sconsolata la conclusione di Lorenzetto: «In Italia abbiamo certificazioni di qualità per qualsiasi prodotto commestibile: la Dop, la Doc, la Docg. Ma per le parole, che sono il nutrimento dello spirito, ci manca una Docg di categoria superiore: la dichiarazione di origine citazione garantita».