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 2019  luglio 03 Mercoledì calendario

Storia di mio nonno, migrante economico a New York

Il settimo passeggero sceso dal transatlantico Conte Biancamano (se lo volete vedere andate al Museo della Scienza e della Tecnica a Milano) si chiamava Michele Figliano, aveva 33 anni ed era da poco sposato e con una figlia quando sbarcò a New York il 29 maggio 1926, proveniente da Napoli, in cerca di lavoro. Si dichiarò agricoltore, indicò il nome di sua moglie Rosa, il paese di provenienza che era Sant’Onofrio, «Italia del Sud» secondo l’«Elenco o manifesto di passeggeri stranieri diretti negli Stati Uniti», il foglio compilato a bordo della nave e fatto pervenire alle autorità americane e la Visa number, il suo visto, risulta emesso a Washington il 26 ottobre del ’25, numero 102064. L’impiegato che ha annotato i dati si è sbagliato a battere a macchina scrivendo 10064: è stata tirata una riga e annotato a penna il progressivo giusto. Tra l’altro il signor Michele risulta già in America dal 1920 al 1925: dopo aver combattuto nella Grande guerra era emigrato e poi era tornato in Calabria a prendere moglie. Si era pagato il biglietto da solo e il suo indirizzo è 111 Bridge Street, Somerville NY. Condizioni mentali, fisiche e generali: buone. Oggi a quell’indirizzo c’è una casa a due piani, il piano terra con la facciata in mattoni.
La seconda volta era il 1929. Stavolta fu il secondo a scendere, di nuovo da Napoli e di nuovo dal Conte Biancamano. Era il 1° giugno di 90 anni fa, il 1929. Sua moglie era incinta di un’altra figlia (la prima, Concettina, era morta in tenera età) che sarebbe nata ad ottobre. Risulta alto 5 piedi e 3 pollici (1,60 m), carnagione scura. Si è pagato il biglietto da solo, è già stato negli States dal ’26 al ’28 e il suo indirizzo di residenza è al 24 di Mt. Prospect Avenue, Newark New Jersey. Visa number 437734 emessa il 19 novembre 1928. Oggi c’è una casa venduta nel 2012 per 150 mila dollari.
La terza e ultima volta fu il 17 giugno 1933. Stavolta scese dal Roma, che durante la guerra venne convertito in portaerei col nome di Aquila. L’Aquila non venne mai completata e finì negli anni 50 in lamette da barba. Scende per quarto. Visa number 854362 emessa a Washington l’8 agosto del ’32. Ultima residenza negli States: Roslyn Heights, cugino Leonardo Ciliberti, dove andrà a vivere anche stavolta in Church street. È stato in Usa dal ’29 al ’32. Anche oggi Church Street a Roslyn Heights è zona residenziale, tanto verde: c’è la chiesa dei metodisti episcopali, il culto è la domenica alle 10. Fai 300 metri e c’è la chiesa battista, edificata nel ’28: la cosa più interessante è che, in fondo a Church Street, c’è la stazione ferroviaria, classe 1885; in pochi minuti sei nel Queens di New York. Mica stupido il signor Figliano.
Nota sul retro, istruzioni per preparare il manifesto dei passeggeri stranieri: «Italiani (del Sud) – Le persone nate in quella parte dell’Italia a sud della Valle del Po (per esempio le regioni di Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Roma, Abruzzi e Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) e i loro discendenti dovranno essere classificati come «Italiani (del Sud)». Ancora: «Ultima residenza nota (…). È importante per scopi statistici che le compagnie di navigazione indichino accuratamente il Paese dell’ultima residenza permanente a prescindere del Paese di residenza temporanea, Paese di nascita, nazionalità o razza». O razza. Gli Stati Uniti d’America della Grande Depressione usavano la parola razza.
Michele Figliano è mio bisnonno. E come altri nella mia famiglia è stato un migrante: oggi si direbbe un migrante economico visto che andò in America a cercare lavoro. Quando vi parlano di accoglienza indiscriminata o di razzismo ricordatevi che la Liberty Ellis Foundation (libertyellisfoundation.org) custodisce e ha reso di pubblico dominio gli originali dei manifesti di tutte le navi, da tutto il mondo, che per decenni hanno scaricato emigranti a Ellis Island, dove venivano visitati e gli si rivolgevano tutte le domande che ho sunteggiato qua. Non erano 42, ma furono milioni. E nessuno dei comandanti di queste navi speronò unità della Guardia costiera yankee. Né tantomeno a bordo di queste navi salirono parlamentari di qualsiasi colore politico. Ora possiamo finirla col piagnisteo