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 2019  luglio 03 Mercoledì calendario

La verità sulla morte di Judy Garland

«Sovradosaggio incauto, per autosomministrazione». Scriveva così il medico legale di Westminster Gavin Thurston, liquidando la morte di Judy Garland. La non dimenticabile diva de Il mago di Oz, che assumeva barbiturici da quand’era bambina-prodigio, venne trovata senza vita nel bagno di casa sua, a Cadogan Lane, nel quartiere londinese di Chelsea, la domenica mattina del 26 giugno 1969: Judy aveva 47 anni e una vita zeppa di guai alle spalle. Tra l’altro, nel verdetto, il coroner pensò bene di obiettare: «Si tratta d’una circostanza accidentale, per una persona che ha assunto barbiturici lungo un arco di tempo davvero lungo». Amen. 
Non si è trattato di cirrosi epatica, dunque,di alcolismo al grado estremo e letale, di fegato che non dimentica, come abbiamo pensato per decenni, bensì di un’overdose «incauta» di pillole che la star era abituata a prendere col latte dell’infanzia. È come contare le gocce di sonnifero: difficile sbagliarsi, se non si vogliono strane conseguenze. 
Comunque, senza Seconal tale leggenda dello schermo non poteva star calma. Altro che Somewhere over the Rainbow, come cantava divinamente quand’era Dorothy nel Mago di Oz: prima dell’arcobaleno, veniva sempre qualche pilloletta. Quanto agli antidepressivi, che la tiravano su un’ora sì e l’altra pure, Miss Garland, ovvero Frances Ethel Gumm (il suo vero nome) non li mandava giù a secco, ma con un bicchiere di vodka mescolata a succo di frutta. «Mia moglie beveva davvero poco, contrariamente a quanto pensa la gente. Lasciava un sacco di bicchieri in giro per casa, più o meno sei, sorseggiando qua e là. Non era un’ubriacona, nel senso vero del termine», ha detto l’ultimo marito della star, Micky Deans, manager di night club avvezzo al gomito alzato.
È quanto emerge dagli archivi del Guardian, sempre attento ai risvolti obituari dei divi, spesso coinvolti in morti tutt’altro che accidentali e perciò interessanti.
E adesso che è in Rete qualche scena del biopic del regista di teatro Rupert Goold, dedicato alla Garland e che pare sia in predicato per la Mostra del Cinema di Venezia a settembre, come non rimpiangere la mamma di Liza Minnelli, star d’altri tempi, omaggiata da ventimila persone convenute a New York per rendere omaggio alla salma? Tanto più che a interpretare la diva di Vincitori e vinti (1961) di Stanley Kramer, o di Ombre sul palcoscenico (1963) di Ronald Neame, c’è Renée Zellweger: potrà piacere oppure no, ma resta a siderale distanza da Judy. Un’attrice che non faceva faccette: le aveva.
Di fatto, son rimaste iconiche le sue scarpette rosse, capaci con tre tocchi di esaudire i desideri e non basta mettersi un abito a fiori, atteggiando la boccuccia, per evocare l’aura della diva che, negli anni Quaranta ottenne l’Oscar giovanile per le sue interpretazioni, compiute nel corso degli anni. Per tacere delle due nomination conquistate da Judy per È nata una stella di George Cukor e Vincitori e vinti. Difficile tenere testa a un’icona, anche se non si può giudicare Judy Garland, the Legend behind the Rainbow, senza averlo visto. Nel trailer ufficiale, la Zellweger ce la mette tutta: parrucca nera, lenti a contatto scure, tubini aderenti e aria alcolico-dolente rendono l’idea dello show che deve andare avanti. Vedremo.
Il film, scritto da Tom Edge e basato sulla commedia di Peter Quilter End of the Rainbow, segue gli ultimi anni dell’attrice e cantante, tra tormenti esistenziali e dissesti finanziari. In nome dei quali la Garland s’imbarcò in una serie di concerti, a Londra, nell’inverno del 1968, un anno prima di morire. Un ritorno alle scene da tutto esaurito per l’ex-moglie del regista Vincente Minnelli, padre di Liza, altra non dimenticabile protagonista di Cabaret. Liza Minnelli, però, qui interpretata da Gemma-Leah Devereaux, non ha approvato il film sulla madre e c’è da scommetterci che fioccheranno polemiche.
Tra l’altro, sul suo profilo Facebook Liza scrive che «non ha mai parlato con Renée Zellweger». Nel ruolo di Micky Deans, il più giovane e ultimo coniuge di Judy, c’è Finn Wittrock e, ovviamente, la Zellweger s’è letta a tappeto tutto quanto riguardi la celebrità, cinque volte moglie e madre anche di Lorna e Joey Luft. «Ho maturato un buon livello di empatia e rispetto per Judy, alla quale non si può non voler bene. Soprattutto considerando che si è fatta largo in un’epoca in cui le donne non avevano potere», dichiara l’attrice di Bridget Jones, puntando alla platea rosa.