il Giornale, 3 luglio 2019
Com’è la libreria di Amazon a Washington
Sono giorni difficili per Amazon, mentre l’Associazione degli editori americani ha realizzato un documento contro il colosso dell’e-commerce accusandolo di «soffocare la concorrenza», il New York Times dedica un’inchiesta in prima pagina al fenomeno dei libri contraffatti in vendita nello store. Un clima di tensione che non si respira ad Amazon Books a Washigton, una delle diciannove librerie di proprietà negli Stati Uniti. Ubicata nella zona commerciale di Georgetown, il pittoresco quartiere in edilizia neocoloniale sede dell’omonima università, non è un caso che Amazon abbia scelto questa zona; frequentata in prevalenza da studenti universitari, a poche decine di metri dalla libreria si trova il Waterfront, un progetto di recupero urbano che ha trasformato una fabbrica dismessa in un luogo esclusivo con appartamenti di lusso, ristoranti, negozi alla moda e un parco con vista sul Potomac, il fiume che attraversa Washington.
Non appena si entra ad Amazon Books, che si sviluppa su un piano terra e un seminterrato con il caffè e la sezione di libri per bambini, la sensazione è di aver varcato la soglia di un negozio di elettronica piuttosto che una libreria. In sottofondo suonano canzoni commerciali, subito ci si imbatte in uno scaffale occupato da vari modelli di Kindle, l’ebook reader di Amazon. Lo stesso spazio è dedicato a Echo, il nuovo prodotto disponibile anche in Italia in grado di soddisfare le richieste dell’utente grazie al controllo vocale con cui si possono richiedere canzoni e altre funzioni per la casa. Tra cuffie, tablet, audioparlanti, quasi ci si dimentica dei libri ma, dopo una rapida occhiata, il cliente si imbatte nei volumi disposti negli scaffali solo frontalmente con la copertina in vista e non di lato con la costa come in tutte le librerie. Non il lettore ma il cliente perché, camminando per i corridoi di Amazon books, si ha la sensazione di essere consumatori, non amanti dei libri e della letteratura alla ricerca di nuove scoperte librarie. Ci si sente in un luogo freddo, asettico, dove tutto è calcolato e ogni libro è esposto in uno spazio specifico perché così è stato scelto e studiato a tavolino con indagini di mercato e scelte di marketing. Dimenticatevi il caos creativo delle librerie indipendenti, i libri ovunque, le pile per terra, i ritagli di giornale, ad Amazon Books non c’è nulla di tutto ciò. Pochi giorni fa Dean Abbott ha scritto un articolo su The imaginative Conservative intitolato «The Glorious Inefficiency of Local Bookstores», la gloriosa inefficienza delle librerie locali: «Solo un filisteo pensa che lo scopo di andare in una libreria sia acquistare un libro. Lo scopo di andare in libreria è sperimentare la sua gloriosa inefficienza, il suo romantico segnale di qualcosa di trascendente, coltivando alternativamente quiete e dignità...». Sensazioni che non si vivono nella libreria di Amazon dove l’efficienza è al primo posto; se ordinate un testo lo riceverete in meno di ventiquattr’ore ma sarà pressoché impossibile imbattervi in un libro di cui non eravate a conoscenza ma che, appena preso in mano, ha catturato il vostro cuore. A meno che non siate alla ricerca dell’ultimo bestseller, del romanzo da un milione di copie o del meglio della letteratura pop, Amazon books non è la libreria che fa al vostro caso perché, se proprio si vuole soprassedere sull’aspetto meramente estetico (in ogni caso importante per valutare una libreria), non si può prescindere dalla scelta dei libri in vendita. Le case editrici indipendenti sono pressoché assenti, mentre i criteri di selezione si basano sulle scelte dei lettori in base ai libri più acquistati sullo store di Amazon. C’è addirittura uno scaffale dedicato agli ebook «che i lettori hanno finito su Kindle in tre giorni o meno», come se la qualità di un libro dipendesse dalla velocità con cui lo si legge. È proprio questo scaffale chiamato «page turners» a sintetizzare la concezione di libreria fisica di Amazon dove, se in apparenza il lettore viene messo al centro premiando le scelte della maggioranza, in realtà si promuove l’omologazione culturale, si cancella la bibliodiversità e si contraddice la funzione della libreria che non è solo un luogo di acquisto ma anche di scoperta e ricerca.
Non serve leggere Ortega y Gasset o Mario Vargas Llosa per capire che non sempre l’opinione dei più corrisponde al meglio, se in politica vince la maggioranza, in letteratura rivendichiamo il valore della qualità più che della quantità espressa con le stellette sul sito di Bezos.
Il modello basato sulle scelte dei lettori/consumatori nasconde in realtà il tentativo di promuovere una visione unitaria e omologata della cultura che è antitetica al concetto stesso di libreria. Non è un caso che, dopo aver rivoluzionato il mercato editoriale, negli ultimi anni Amazon abbia sancito la crisi in prevalenza delle librerie di catena come Barnes&Noble mentre sta avvenendo, come spiega Andria Cheng in un articolo sul The New York Times, una «crescita delle piccole librerie oltre i libri» basata sulla riscoperta del rapporto tra librario e lettore, sulla costruzione di una comunità di lettori e sulla funzione sociale della libreria, l’opposto della fredda e asettica concezione di Amazon Books.