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 2019  luglio 03 Mercoledì calendario

Petrolio, prezzi troppo bassi per chi investe

È stato raggiunto presto l’accordo Opec Plus in base al quale il taglio di 1,2 milioni di barili al giorno, deciso lo scorso dicembre, viene esteso fino al 31 marzo 2020. La pressione dei prezzi deboli non lasciava margini: il Brent è intorno ai 65 dollari, 15 in meno di ottobre quando dominavano i timori per le sanzioni all’Iran, scattate poi a novembre. La produzione del cartello è scesa a un minimo di 29,8 milioni di barili al giorno, livello non toccato da inizio 2014, cinque anni fa, quando i prezzi viaggiavano stabilmente sopra i 100 dollari e nessuno si azzardava a ipotizzare prezzi di nuovo a 60 dollari.
Allora la domanda mondiale era inferiore di 8 milioni di barili al giorno rispetto agli attuali 100,5 e la produzione Opec era di poco sopra i 30 milioni. Rispetto allo scorso novembre, quando l’Opec spinse al massimo per anticipare l’ammanco iraniano, il calo è stato di oltre 3 milioni di barili al giorno, aggiustamento di rara intensità che indica l’impegno dell’Opec.
L’Arabia Saudita, il vero artefice di ogni politica del gruppo, ha ridotto di oltre 1,4 milioni di barili al giorno, quattro volte quanto le spetterebbe in base agli accordi e anche in queste ore riduce le vendite a conferma della sua risolutezza nel tentativo di risollevare i prezzi. Che ci riesca dipende dall’altro grande elemento, la vera rivoluzione dell’industria degli ultimi 50 anni, non solo di quella del petrolio, il boom della produzione Usa, ancora a fine luglio superiore di 1,2 milioni di barili al giorno rispetto a un anno fa e 4,5 in più del 2014. Il numero di nuove perforazioni effettuate dalle oltre 900 trivelle sparse sul grande territorio degli Stati Uniti sta calando, ma non nel Bacino Permiano del Texas, lo Stato con una sola stella che si sta affermando come il nuovo grande produttore ed esportatore di petrolio, come già accadde quasi un secolo fa intorno al 1920. I costi di estrazione qui oscillano fra i 40 e i 60 dollari per barile e con un West Texas Intermediate intorno ai 58 dollari, 7 in meno del Brent, riescono ancora a fare qualche margine.
Rimane irrisolta però la richiesta di maggiore disciplina finanziaria da parte degli investitori di Wall Street che, attirati dalle innovazioni tecnologiche, continuano a versare abbondante denaro nelle società della fratturazione idraulica nella speranza, per ora andata in gran parte delusa, che restituiscano abbondantemente quanto prestato. I movimenti finanziari, con l’acquisizione di Anadarko soffiata dall’Occidental a fine aprile alla Chevron, continuano a essere il motivo principale a sostegno del settore. È dal crollo dei prezzi del 2015-2016, con minimi a 27 dollari, che la produzione degli Usa viene data prossima al picco, ma continua, invece, a sorprendere. 
L’unico elemento positivo per l’Opec è la domanda, la cui crescita è rallentata a 1,2 milioni di barili al giorno, ma che potrebbe risalire verso più di 1,5 nel caso di una pace fra Stati Uniti e Cina sulla guerra dei dazi. Il petrolio è una risorsa finita, sotto terra ce n’è tantissimo, molto in realtà sotto i mari, ma per portarlo fuori occorrono enormi investimenti che, con i 65 dollari di oggi, non vengono fatti. I fracker americani non possono all’infinito annullare questa semplice logica.