Il Sole 24 Ore, 3 luglio 2019
Il Laboratorio Palermo di Leoluca Orlando
Chiamatelo, se volete, Laboratorio Palermo. Ultima sperimentazione di un uomo come Leoluca Orlando che ha trascorso quasi tutta la sua vita in un laboratorio, politico però. E che questa volta si misura con il mondo dei numeri e dell’economia, quello delle imprese e dello sviluppo economico, guardando oltre, addirittura oltre se stesso e la sua quarantennale esperienza di sindaco di una città capitale delle contraddizioni. Ed è un laboratorio il think thank Palermo Mediterranea 2030: costituito la scorsa settimana per il momento sarà un’associazione ma l’obiettivo è di farne una Fondazione che punti ad accelerare e facilitare lo sviluppo economico, sociale e culturale di Palermo per rendere la città più attrattiva, accogliente e sostenibile.
Una città dove il bello dei monumenti arabo-normanni fa i conti con le brutture della munnizza per strada e dell’incuria del palermitano medio ma anche di aziende a totale controllo pubblico come la Rap che stentano a trovare la strada dell’efficienza. A guardarla dall’alto, da Monte Pellegrino per dire, Palermo sembra ancora quella di un film di o trenta anni fa. E per certi versi, se vai nelle periferie dello Zen potresti pensare che nulla sia cambiato. Ma così non è. E il sindaco, u sinnacollanno come lo chiamano da sempre i palermitani, lo sa bene: «Amo l’Europa – dice spesso – ma Palermo non è città d’Europa, è città mediorientale, mediterranea».
Non è forse l’unico modo di leggere la complessità di questa città che ha accolto e continua ad accogliere cittadini provenienti da ogni parte del mondo come avviene, in fondo, da sempre. La città si è data un nuovo orizzonte temporale (il 2030) e sta provando a costruire un piano per attrarre nuovi investimenti, nuove energie, nuove forze culturali. Uno sforzo che passa dal coinvolgimento degli imprenditori, al di là delle associazioni ma non contro di esse: gli imprenditori palermitani certo ma non solo e non soprattutto. Quegli stessi che in questi ultimi due anni sono stati seduti al tavolo di una business community fatta da un centinaio di imprenditori che quasi ogni domenica a Villa Niscemi, sede di rappresentanza del sindaco, ha provato a individuare nuove strade.
E se Orlando è stato il sacerdote di questa comunità, Dario Nepoti, un trentenne che da Milano si è trasferito a Palermo, ne è stato il tessitore. «Missione compiuta, se io muoio stanotte muoio felice – dice Orlando –. Siamo la città culturalmente più cambiata in Europa negli ultimi quarant’anni. Eravamo la città dove la Chiesa aveva il volto della mafia, dove lo Stato aveva il volto della mafia, dove il sindaco aveva il volto della mafia, siamo la città dove c’è la mafia ma non governa, siamo Capitale della cultura, terza città turistica, città che è cambiata. Ma abbiamo un’enorme carenza di cultura di impresa.». E di Palermo Orlando continua a sottolineare le potenzialità con quella frase che ormai è diventata un tormentone: «Palermo è cambiata». La stessa frase che ha ripetuto fino allo sfinimento a Massimo e Francesca Valsecchi, arrivati in un Municipio assediato da manifestanti. I Valsecchi, grandi collezionisti d’arte, che hanno creduto in questa città: hanno acquistato il sontuoso Palazzo Butera e hanno aperto il cantiere del restauro, investendo più o meno 25 milioni in nome di un progetto che va oltre i numeri, che è culturale, di innovazione sociale nel cuore del quartiere storico della Kalsa. E i Valsecchi sono diventati punto di riferimento per tanti altri e quel Palazzo è diventato la sede di incontri, elaborazioni, speranze. Una iniezione di fiducia, che ha coinciso con “Palermo capitale della cultura”, con la biennale d’arte Manifesta 12, con il riconoscimento Unesco per il percorso arabo-normanno che oggi celebra i 4 anni del riconoscimento Unesco e si propone come un sistema diffuso fatto da 25 siti proposti in una guida curata da Aurelio Angelini, direttore della Fondazione Unesco Sicilia. Una concatenazione di eventi che ha proiettato un’altra immagine di Palermo nel mondo, quella di una capitale ricca di storia e non più quella di capitale della mafia. «Palermo oggi è exciting and safe e not expensive. Eccitante, sicura e non cara» dice Orlando. Tre caratteristiche che hanno accelerato la crescita turistica: l’anno scorso, secondo Bankitalia, Palermo e Ragusa hanno registrato incrementi, rispettivamente, del 10,3 e del 13,2 per cento. In parallelo è cresciuto, nel settore turistico, l’interesse degli investitori. Ne sa qualcosa Marco Giammona, ingegnere e imprenditore, braccio operativo di Massimo Valsecchi, che fa da catalizzatore di imprenditori di tutto il mondo: «Da capitale dell’inefficienza è diventata la capitale delle cose possibili» dice. Proprio a Palazzo Butera, per dire, ha sede HoC, Harbour of Cultures che «intende trasformare la posizione periferica di Palermo in una risorsa».
Grandi gruppi hanno investito o stanno investendo puntando sui grandi e storici alberghi della città come Rocco Forte con Villa Igea, il fondo Algebris con il Grand Hotel et Des Palmes che sta ristrutturando, i francesi di B&B Hotels hanno acquistato l’Hotel Sole che si affaccia sul Corso Vittorio Emanuele e che sarà riaperto nei giorni del Festino di Santa Rosalia, mentre l’Excelsior è stato rilevato dalla famiglia Giotti di Firenze. Secondo alcune stime quasi un centinaio i milioni investiti o programmati dagli imprenditori. Investimenti nel turismo di lusso cui l’amministrazione guarda con attenzione: «Costruiremo un eliporto con terminal dedicato all’aeroporto di Punta Raisi – dice Orlando – e prevediamo un collegamento marittimo tra l’aeroporto, Palermo e Cefalù». Ma l’amministrazione non disdegna però di portare i turisti a dormire là dove mai e poi mai ci si sarebbe immaginati: a Brancaccio, quartiere periferico più noto per la presenza asfissiante di Cosa nostra che per le attività turistiche, e in altri quartieri della periferia: «La mobilità è la nostra grande agenzia educativa – dice Orlando – quella dei turisti, che possono migliorare questi quartieri; quella dei migranti, che arricchiscono il nostro tessuto sociale; quella dei giovani». Nel calcolo dell’opportunità vanno inseriti i grandi palazzi nobiliari, nel centro cittadino: «Affari a portata di mano, con un prezzo medio di 600 euro a metro quadrato» dice Orlando. Ma questo è un capitolo ancora tutto da scrivere.