La Stampa, 3 luglio 2019
L’hotel in orbita
A 50 anni dallo sbarco sulla Luna, il 20 luglio 1969, prendono forma i progetti dei primi avamposti selenici. Il ritorno è avviato, con progetti da parte di quasi tutte le agenzie spaziali. Avamposti che saranno anche una base per puntare a Marte, altro grande obiettivo, tra i prossimi in programma per l’esplorazione umana e poi per possibili colonizzazioni.
Oggi sono ancora scenari da fantascienza, ma in un futuro non troppo lontano potranno diventare realtà. La Nasa sta valutando una serie di progetti: tra questi, uno realizzato in cooperazione tra l’Alta Scuola Politecnica e il Mit di Boston e premiato nell’ambito del «Nasa 2019 Big Idea Challenge». Obiettivo: lo sviluppo di gigantesche serre su altri corpi celesti. A idearle un team di giovani ricercatori di diversi centri e atenei, di cui fa parte la «space architect» e ricercatrice Valentina Sumini, che lavora al celebre Mit Media Lab. «È davvero una grande soddisfazione - dice -. È un riconoscimento di prestigio e auspichiamo che sia il primo vero passo verso le future colonie planetarie».
Ospite del workshop «From Earth to Mars», organizzato dalla Mars Society Italia a Milano, Sumini ha illustrato i progetti ai quali sta lavorando. Primo tra tutti quello di una stazione in orbita terrestre bassa realizzata con la tecnologia dei moduli gonfiabili.
Di che cosa si tratta?
«Lo “space hotel” è un progetto nato grazie a un concorso della Nasa che prevede lo sviluppo una visione futura, all’indomani dello smantellamento della Stazione Spaziale Internazionale alla fine del prossimo decennio. L’abbiamo chiamata “Marina”, che sta per “Managed, Reconfigurable, In-space Nodal Assembly”, ed è un’infrastruttura orbitante che ospiterà, oltre alle attività di ricerca, anche una serie di iniziative commerciali e turistiche».
Come prevedete di organizzare i settori della nuova stazione?
«L’idea si sviluppa intorno all’idea di un “porto”, a cui attraccheranno sia moduli privati e alberghieri sia moduli preesistenti, recuperati dalla vecchia Stazione lnternazionale. Potrà fornire tutti i servizi essenziali: fonti di energia, riserve di acqua e aria, nonché la possibilità di manutenzione in orbita».
E la struttura? Come sarà realizzata?
«Grazie a una serie di moduli pneumatici e multistrato che regaleranno una vista della Terra da ogni stanza. Il disegno dell’hotel ricorda una margherita, con il corpo centrale che è la corolla, mentre e le camere sono i petali. L’obiettivo è mantenere ogni modulo-stanza indipendente così da aumentare i fattori di sicurezza. In caso di guasto a un elemento non verrà infatti compromessa l’intera infrastruttura».
A che tipo di tecnologia ricorrete?
«Gli interni saranno realizzati con strutture tessili grazie a una fitta rete di sensori. L’area di ristorazione, invece, al centro della raggera di stanze, sarà quasi interamente trasparente e permetterà una vista unica del nostro Pianeta».
A quale materiale avete pensato?
«È un multistrato, che in parte ricorda quello delle tute spaziali: contiene una mescola di kevlar in grado di resistere al carico della pressurizzazione e che offre protezione anche dall’impatto dei micrometeoriti».
Potrà funzionare anche sulla Luna o su Marte?
«Assolutamente sì! E infatti sia nel “Moon Village Project”, che stiamo sviluppando con l’ESA e lo studio Som, sia per gli habitat marziani, in collaborazione con la Nasa, stiamo integrando strutture pneumatiche con i materiali che si troveranno in loco: il ghiaccio servirà per la schermatura dalle radiazioni cosmiche e la regolite, lunare e marziana, per la protezione dall’impatto dei micrometeoriti. L’obiettivo è minimizzare i materiali da trasportare dalla Terra».
Il suo progetto di colonia marziana con un ecosistema di tipo terrestre ha subito riscosso un grande successo: come sta procedendo?
«Sto cercando fondi per realizzare un prototipo in grande scala. Voglio dimostrarne la fattibilità tecnica e, perché no, trasformarlo in un analogo per gli astronauti qui sulla Terra».