la Repubblica, 3 luglio 2019
La disfida delle scollature alla Camera
Le sette di un pomeriggio torrido. Fuori la colonnina di mercurio segna 36 gradi. Nell’emiciclo della Camera, nonostante l’aria condizionata, si bolle. «Presidente», chiede la parola Federico Mollicone, non autorizzato e perciò subito zittito. «Presidente!» insiste però l’onorevole di Fratelli d’Italia sfilandosi la giacca in modo plateale. «Si comporti seriamente, si rivesta!» intima Ettore Rosato dallo scranno più alto. Ma il deputato è irremovibile: «In ossequio alle pari opportunità e alla par condicio» urla a dispetto del blackout imposto, «chiedo che quello che vale per l’uomo debba valere anche per le donne, in special modo per quelle colleghe che si presentano in aula come se andassero in uno stabilimento balneare a chiedere due sdraio e un ombrellone».
È un’orazione in onore del decoro perduto quella pronunciata giovedì scorso a microfoni spenti ma voce tonante abbastanza per svelare, all’improvviso, ciò che tutti hanno notato ma nessuno osato finora denunciare: la scostumata piega dei costumi nelle più alte istituzioni della Repubblica. Dove ormai impazzano canottierine e trasparenze, minigonne e ciabattine da mare, in una sorta di Montecitorio-Beach che poco lascia all’immaginazione e tanto alla nostalgia. Degli austeri tailleur di Nilde Iotti o le calze coprenti di Tina Anselmi, pure d’estate.
Senza scomodare storie d’altri tempi, il fatto è che se alla Camera i maschietti hanno l’obbligo di indossare la giacca (e al Senato pure la cravatta) al gentil sesso è lasciata libertà di scelta. Spesso, ultimamente, un po’ abusata. Non sono poche le deputate che azzardano abiti succinti, scollature da balera, nudità varie. Tutte documentate nel portfolio di scatti rubati che riempiono le chat degli onorevoli. C’è quella in sottoveste multicolor e quella in body di pizzo, una con mutanda in vista sotto i pants bianchi e l’altra così attillata che gli esplode il décolleté.
«Una roba indecente», rincara Mollicone che ha pure postato qualche scatto su Fb: «Quando l’altra sera, alla decima ora di votazione e un caldo da morire, mi sono visto passare accanto una collega in sottoveste da mare svolazzante non ci ho visto più e sono partito». Strappando gli applausi di parecchi colleghi e il sorriso divertito di Michele Anzaldi. Racconta il piddino: «Ogni giorno sull’aria condizionata è una battaglia: noi deputati chiediamo di abbassare la temperatura perché siamo coperti dalla testa ai piedi, le deputate di alzarla perché sono nude. E i poveri commessi in mezzo, senza saper che fare».
Un tema sentito pure dalle donne. Tant’è che adesso la forzista Giusy Versace ha deciso di promuovere una raccolta di firme trasversale per chiedere ai questori della Camera di «richiamare le deputate al decoro e al rispetto dell’Aula». E se non dovesse funzionare, «pretenderemo che venga previsto una sorta di dress code» perché «quanto si vede in questi giorni è francamente inaccettabile: ci sono luoghi, come il Parlamento, dove il rispetto per l’istituzione impone decoro anche nell’abbigliamento». Concorda la leghista Simona Bordonali, s empre in giacca anche a 40 gradi: «Si nota che manca attenzione nel vestirsi: le gonne sono spesso troppo corte, le magliette scollate. Ci vorrebbe un po’ di buon senso in più». O forse, banalmente, di comune pudore.