la Repubblica, 3 luglio 2019
Ficarra e Picone
Valentino Picone e Salvo Ficarra sono nati a Palermo.
OUARZAZATE (MAROCCO) – Palestina, Anno Zero. Valentino Picone è seduto di lato a capo chino, le mani sui bordi della tunica corta, Salvo Ficarra è spaparanzato su una lettiga, spilucca uva e fa lo spaccone con Erode, un Massimo Popolizio suadente e folle: «Attento alla Cina, quelli ci mettono un attimo a fare un regno e tu chiudi bottega». Nella corte sfarzosa entra un commerciante di tessuti, porta in dono due vassoi traboccanti di cannoli siciliani. Quella che si gira oggi, al Museo del cinema di Ouarzazate, porta d’ingresso del Sahara marocchino e storico set di film epici a partire da Lawrence d’Arabia, è una scena con molti attori. Malgrado i 39 gradi Ficarra e Picone fanno avanti e indietro tra set e monitor per controllare ogni dettaglio, un ventilatore taglia il caldo alle loro spalle. Le riprese sono iniziate da due settimane «ma mi sembra di indossare la tunica da tutta la vita», dice Picone, davanti ce ne sono altre sei. Il giorno dopo, una scena con 200 comparse «e cammelli, scimmie, serpenti...» elenca Ficarra. A fine serata una scena andrà rifatta perché «al ciak abbiamo scoperto che la danzatrice non sapeva ballare». L’organizzatore vorrebbe sostituirla, anche perché più pagata in quanto ballerina ma Picone si oppone: dal presepe del duo siciliano non si esclude nessuno. Dopo aver raccontato quell’Ora legale – il film campione di incassi del 2017 – che in Italia non scatterà mai, i due attori e registi hanno cercato un altro tempo e un altro luogo: Gerusalemme nei giorni di Erode. «Un’idea che risale a tanti anni fa – racconta Picone – quella di noi due in un presepe che prende vita. Quando Medusa ci ha chiesto il film di Natale abbiamo pensato che era la storia giusta». «Quando ti muovi nel passato il rischio più grande è quello di modificare la Storia e fare disastri, ogni cosa che tocchi si sposta il mondo», aggiunge Picone. Era già successo in Non ci resta che piangere. «Quella storia è diversa, ma fa parte del nostro bagaglio, come Erode il grande, lo Spartacus di Kubrick e i film di Ridley Scott dalle scenografie così perfette che l’altro giorno pensavamo di essere in una grotta vera e invece era il residuo di un suo film» dice Picone. Nella nuova storia sono un sacerdote e un ladro, «siamo due sconosciuti, due opposti tra i quali nascerà un’improbabile amicizia» spiega Ficarra. Il loro sodalizio è iniziato oltre un quarto di secolo fa, Picone era ospite in un villaggio turistico, Ficarra era animatore. Tre mesi dopo erano un duo, «ci ritrovammo in un pub, il Gattomatto», ricorda Picone, e Ficarra: «La realtà è che dopo 25 anni non ricordo più se ho una vita senza Picone». A far da terzo incomodo, ora, c’è Popolizio, «un grande attore. Anche se ci siamo presi 18 mesi per scrivere il copione, con lui siamo liberi di creare sul set, come con Leo Gullotta e con Pino Caruso». L’attore siciliano scomparso a marzo «è stato il nostro maestro, capace di risolvere ogni problema: nell’apertura del film La matassa coprimmo un dialogo sbagliato con un suo bel monologo». Nelle prime scene del nuovo film i due arrivano dal deserto in una Gerusalemme caotica, alla ricerca di Giuseppe e Maria: irresistibile la loro descrizione della santa trinità all’addetto al censimento. Sul loro cammino anche una giovane madre, Roberta Mattei. Il resto è segreto, compreso il titolo. Una grande produzione, quella in sala dal 12 dicembre: «Una troupe di 110 persone, duemila costumi», elenca il produttore Attilio De Razza, «leggendo il copione ho avuto un mancamento», confessa, «la burocrazia è stata complessa. L’ora legale, “Biglietto d’oro” 2017, è stato venduto in molti paesi. Ora puntiamo al pubblico internazionale». Ficarra e Picone non sentono pressioni, «dopo aver raccontato il rapporto tra padri e figli in Il 7 e l’8, il rapporto con la crisi in Andiamo a quel paese e quello con la legalità in L’ora legale, questo film per noi era il passo avanti necessario». Se sul set si respira un’aria da kolossal è merito delle scenografie di Francesco Frigeri e dei costumi di Cristina Francioni: «Ho usato alcuni costumi del Gesù di Nazareth di Zeffirelli in omaggio al grande Enrico Sabbatini». Alla fotografia Daniele Ciprì: «Mi piace l’idea di un cinema d’altri tempi che si fonde con Ficarra e Picone, anche se al centro devono restare Salvo e Valentino, la loro comicità, le loro riflessioni». Il duo promette risate ma ci sarà spazio per la commozione e, appunto, la riflessione: in tempi di cattivismo plateale anche il Vangelo e il presepe acquistano un significato eversivo.