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 2019  luglio 02 Martedì calendario

Gli africani abbandonano la moneta francese

Addio Françafrique, benvenuti in Cinafrica. Nel 2020, il franco Cfa, la moneta ancorata all’euro e garantita dal Tesoro francese al centro di molte controversie, sarà abbandonato da otto Paesi africani, che al suo posto sono pronti a introdurre una nuova valuta comune, chiamata “Eco”, ma agganciata allo yuan cinese. «Eco è stato scelto come nome della moneta unica della Cedeao», si legge nella dichiarazione finale della riunione tra i quindici capi di Stato e di governo appartenenti alla Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest tenutasi a Abuja, in Nigeria, lo scorso 29 giugno. Il nome della futura moneta, così come l’anno della sua messa in circolazione, erano già stati evocati in occasione di un incontro interministeriale tra i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche centrali dei Paesi coinvolti svoltosi a metà giugno a Abidjan, in Costa d’Avorio. E il comunicato di sabato non fa che riaffermare con forza «l’approccio progressivo per l’adozione della moneta unica cominciando dai Paesi che rispettano i criteri di convergenza», in materia di inflazione e di deficit budgetario. L’introduzione di una valuta comune per sottrarsi al giogo economico e finanziario dell’ex colonizzatore francese è un sogno dei movimenti panafricanisti da più di trent’anni, una battaglia portata avanti con orgoglio da intellettuali come Kémi Séba, nato a Strasburgo, ma originario del Benin. La novità, che sta facendo tremare i salotti bancari parigini, è che la futura valuta sarà ancorata allo yuan, la moneta nazionale della Cina, ossia del Paese che più di tutti sta investendo nel continente africano. Come riportato da diversi siti specializzati in politica africana, la Cina avrebbe sfruttato il Ghana, il suo principale partner commerciale nell’aerea, per convincere gli otto Paesi che utilizzano il Cfa, dal Senegal al Mali, a lasciare Parigi e ad andare sotto l’ala protettrice di Pechino: puntando anche sul sentimento anti-francese che di recente si è espresso attraverso dure manifestazioni contro il franco Cfa nella Repubblica centrafricana (evocate anche dal Movimento 5 Stelle, che, a più riprese, si è espresso duramente contro la moneta delle ex colonie francesi). Di certo, con l’avvento dell’Eco nel 2020, andrebbe a buon fine la strategia di Pechino: quella della trappola del debito, con cui il Dragone terrà sotto scacco i Paesi africani dell’Africa Occidentale. Tutti gli Stati della Cedeao potrebbero così ritrovarsi nella stessa situazione soffocante di Gibuti, dove Pechino ha investito 15 miliardi di dollari per lo sviluppo del principale porto e delle infrastrutture collegate. L’82% del debito estero è detenuto dalla Cina, e in caso di inadempienza, il porto strategico di Doraleh, all’ingresso del Mar Rosso e del Canale di Suez, può essere interamente ceduto, con tutte le conseguenze economiche che si possono facilmente intuire. Per molti osservatori, l’uscita dall’orbita francese, che nonostante tutto garantiva stabilità e bassa inflazione, per entrare in quella cinese, è una scommessa molto rischiosa. «Sarebbe un tuffo nel vuoto», ha dichiarato Ndongo Samba Sylla, economista a Dakar, capitale del Senegal, dove è membro della fondazione Rosa Luxembourg. Come lui, anche Abdourahmane Sarr, esperto di politica monetaria con un passato al Fondo monetario internazionale, considera l’ancoraggio allo yuan «una scelta politica che verrà pagata dalle generazioni future». I funzionari di Pechino, invece, stanno già iniziando a stappare lo champagne.