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 2019  luglio 02 Martedì calendario

L’analisi della pipì per scoprire il cancro

Da un semplice esame delle urine sarà possibile diagnosticare la presenza del cancro della prostata, valutarne l’aggressività, prevederne la progressione e decidere quindi se operarlo, se curarlo in modo personalizzato con la terapia medica, oppure se monitorarlo nel tempo senza intervenire. È il risultato di un’importante ricerca condotta presso l’University of East Anglia, Norfolk e Norwich University Hospital, pubblicata sulla rivista BJU International, nella quale gli scienziati hanno presentato un test delle urine straordinario, chiamato Pur (Prostate Urine Risk), che viene letto e interpretato dall’Intelligenza Artificiale, con una metodologia che esamina l’attività dei geni del campione di urine per discernere tra un cancro aggressivo e non, e che, a seconda dei geni trovati attivi, rivela se effettivamente si tratta di un tumore maligno, calcolando il suo grado di malignità, ovvero se è a basso, medio o ad alto rischio, indicando addirittura una probabilità fino ad otto volte inferiore delle terapie necessarie a cinque anni dalla diagnosi. Fino ad oggi mancano test precisi per capire quali tra i pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di tumore prostatico siano in realtà da operare, da curare, da tenere in osservazione o da non trattare per niente, e per questo i soggetti malati vengono sottoposti a continue biopsie prostatiche per inseguire l’andamento e lo sviluppo della malattia quando è ancora contenuta nella ghiandola prostatica, e molti di loro, nel dubbio, vengono operati anche quando non strettamente necessario.

BIOMARCATORI
Questo test invece aiuterà non solo a smascherare la presenza del cancro più frequente dell’uomo, ma anche ad indicare la sua aggressività e a predire la progressione di malattia, e il suo destino sarà quello di diventare una validissima opzione alla biopsia prostatica, un intervento sempre invasivo, e mal sopportato dai pazienti. Questo tipo di biopsie infatti, oltre ad essere fastidiose nella fase operativa, non sempre riescono a prendere tutto il tumore, ed avere una alternativa per questo tipo di sorveglianza clinica sarebbe senz’altro ottimale sotto tutti i punti di vista. Nello specifico, i ricercatori hanno scovato i due biomarcatori (biomarkers) che indicano l’aggressività della malattia, il volume della massa tumorale, anche nella sua fase iniziale, e soprattutto la previsione della sua progressione. I dati sono stati raccolti su un campione di 537 uomini, con algoritmi incaricati di individuare l’espressione genica di 167 geni, 35 dei quali sono stati usati in combinazione ed utilizzati come biomakers completo del test, ed in questo modo è stato possibile monitorare le urine dei pazienti, permettendo di scegliere in molti casi il semplice controllo della progressione di malattia, la quale è stata seguita e sorvegliata anziché trattata subito chirurgicamente o farmacologicamente. Un simile test si rivela utile, per esempio, nei moltissimi casi di tumori prostatici a crescita lenta, definiti indolenti, che non diventano cioè pericolosi per la vita del paziente, e per i quali, monitorandone la progressione e l’aggressività, sarà quindi possibile evitare l’intervento chirurgico e le sue complicanze, fisiche, urologiche e sessuali. Il test Pur ha dimostrato inoltre di essere in grado di individuare la malattia 5 anni prima rispetto ai metodi attuali, il che, oltretutto, vorrebbe dire evitare alle persone di sottoporsi ai periodici e dolorosi controlli attuali.

PALPAZIONE MANUALE
Attualmente i pazienti a rischio vengono seguiti raccogliendo i dati di più esami: test del Psa, palpazione manuale della prostata, Risonanza Magnetica e biopsia con esame istologico, e tutti questi sistemi diagnostici messi insieme non sempre sono in grado di fare previsioni affidabili. Il 75% degli uomini con un Psa elevato, per esempio, ha una biopsia negativa, ed il 15% dei pazienti con un Psa nella norma sviluppa un tumore che nel 20% dei casi si rivela aggressivo. Per distinguere tra tumori dolenti e indolenti oggi vengono proposti test aggiuntivi, come il rapporto Psa libero/totale, l’indice PHI o marcatori come PCS3 (un esame che si esegue sulle urine), e tuttora l’acquisizione di tutti questi parametri multipli non dà garanzia di certezze assolute.

I SINTOMI
I sintomi che si accompagnano al cancro della prostata iniziale sono gli stessi dell’ipertrofia prostatica benigna, ovvero problemi urologici quali un flusso urinario debole, difficoltà ad iniziare la minzione, incompleto svuotamento della vescica, frequenza elevata delle minzioni, urgenza di svuotare la vescica, anche di notte, e molto spesso gli uomini ritardano il controllo specialistico per timore o pudore delle visite mediche esplorative. Il test del Pur sarà disponibile a breve, e non ci saranno più scuse per i paurosi, perché finalmente un semplice esame delle urine sarà indicativo per confermare con certezza la presenza di un tumore maligno, la sua potenziale aggressività ed il livello di rischio del paziente, con la speranza di riuscire a contenere e ridurre nel tempo questo tipo di cancro maschile che, quando aggressivo, miete ancora numerose vittime tra gli uomini.