il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2019
Macron svende gli aeroporti francesi
La Francia si prepara a vendere i “gioielli di famiglia”: una operazione per fare cassa. Si parla soprattutto di privatizzare Aéroports de Paris (Adp), il gruppo che gestisce i tre scali parigini di Roissy, Orly e Le Bourget, più di 100 milioni di passeggeri all’anno, e di cui lo Stato detiene il 50,6 per cento, per un valore di circa 9 miliardi di euro. Un’operazione di privatizzazione “tra le più importanti della storia del Paese”, l’ha definita il britannico The Guardian, ma che è molto contestata, sia dai francesi (il 48 per cento di loro, secondo un sondaggio Harris Interactive, è infatti contrario), sia da tutta l’opposizione, droite e gauche.
Un paio di mesi fa, 248 parlamentari di forze politiche anche opposte, dai socialisti ai radicali di sinistra della France Insoumise, fino ai nazionalisti di Marine Le Pen, si sono uniti per lanciare una procedura di referendum, convalidata dal Consiglio Costituzionale il 9 maggio, e fare persino campagna insieme.
Finora 466 mila firme sono state raccolte sulla piattaforma online del ministero dell’Interno, secondo i primi dati ufficiali pubblicati ieri dal Consiglio costituzionale. Altre 14.400 firme sarebbero in corso di validazione al ministero. Ma per arrivare alle urne servono 4,7 milioni di firme entro marzo. I difensori del referendum hanno denunciato nei giorni scorsi i bug a ripetizione del sito del ministero e l’assenza di dibattito. In un tweet Alexis Corbière, di France Insoumise, ha chiesto alle tv di collaborare: “Decine di ore sono state dedicate al Grande dibattito di Macron, perché non dovrebbe essere la stessa cosa per Adp? “Adp è parte del nostro patrimonio”, ha scritto in un comunicato il rn. “Adp è la porta della Francia, consegnare le chiavi a un privato è come rinunciare all’essenza dello Stato”, ha commentato il portavoce Ps Boris Vallaud. Per chi si oppone non ha senso che lo Stato si privi di un’azienda “strategica” che rende molto, 4,4 miliardi di euro nel 2018 (+23,8 rispetto al 2017). Il progetto fa gola invece ai mercati, tanto che l’azione Adp è volata in Borsa per mesi, anche se l’annuncio di un possibile referendum ha frenato gli entusiasmi degli investitori. Tra i candidati favoriti all’eventuale ripresa si cita soprattutto il gigante delle costruzioni Vinci, che ne detiene già l’8 per cento. Da parte sua il governo ha fornito garanzie agli scettici: la concessione, limitata a 70 anni, riguarda solo la gestione di Adp, per cui lo Stato resta proprietario delle parcelle, 67 km², e degli immobili. Scaduto il tempo, recupera tutto, comprese eventuali nuove strutture.
Ma le difficoltà si sono talmente accumulate negli ultimi giorni che persino Emmanuel Macron, stando al settimanale Le Canard Enchainé, starebbe prendendo tempo. Un eventuale abbandono del progetto sarebbe un grosso smacco per il presidente.
La privatizzazione di Adp è stata approvata dalla legge Pacte (che sta per Piano di azione per la crescita e la trasformazione delle imprese), adottata in aprile. La cessione a privati riguarda del resto anche altri operatori pubblici come la Française des Jeux (Fdj), la società che detiene il monopolio di lotterie e scommesse, statale al 72 per cento, e il gruppo energetico Engie, statale al 23,6 per cento. Anche la cessione di Fdj, che ha registrato un fatturato di 3,3 miliardi di euro nel 2018 (+2,3), fa polemica. Per gli oppositori si rischia di rinunciare a un’“entrata sicura”.
Al termine lo Stato potrebbe conservare il 20-30% del capitale e sembra che l’Ape, l’Agenzia di partecipazioni dello Stato, che nel 2018 deteneva 77,5 miliardi di euro nei capitali di 81 aziende, voglia fare in fretta.
Le privatizzazioni non erano nel programma del candidato En Marche! all’Eliseo anche se, da ministro dell’Economia di Hollande, Macron era riuscito a concludere faticose trattative per gli aeroporti di Lione, Tolosa e Nizza.
Parigi però ha bisogno di liquidi. Ha già tagliato 5 miliardi di tasse per rispondere alla crisi dei Gilet gialli. E, con il denaro delle privatizzazioni, il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ha promesso alle imprese di creare un fondo di 10 miliardi di euro, per finanziare nuovi progetti.
A inizio settimana, allora, la Corte dei conti ha lanciato l’allarme sulla politica di bilancio dello Stato. Il rischio è che il debito pubblico cresca fino a raggiungere il 3,1% del Pil nel 2019. Nel rapporto annuo sulle prospettive delle finanze pubbliche, la Corte ha ammonito: “La Francia è lontana dall’aver riassorbito i suoi deficit strutturali, mentre tanti vicini europei sono quasi all’equilibrio”.
E Macron aveva promesso a Bruxelles che il deficit sarebbe rientrato nel 3 per cento del Pil entro l’anno.