Il Sole 24 Ore, 2 luglio 2019
Il decreto Calabria per i medici
Altro che medici in pensione o quelli militari. C’è un tesoretto di 12500 giovani medici ancora in formazione da impiegare subito per coprire i buchi in corsia. Nel pieno dell’attuale emergenza camici bianchi che da qui ai prossimi 5 anni conta un ammanco di 16500 specialisti una prima importante boccata d’ossigeno che le regioni potranno sfruttare per rispondere alle carenze più pressanti degli ospedali arriva dal decreto Calabria appena convertito in legge dal Parlamento. La norma prevede la possibilità di impiegare part time i medici specializzandi che sono all’ultimo anno di specializzazione (o al penultimo nel caso il corso duri 5 anni invece di 4). Si tratta di un contingente fatto di 6200 specializzandi che stanno completando ora la formazione a cui se ne aggiungono altri 6200 che stanno per entrare nell’ultimo anno di formazione.
La novità è stata voluta fortemente dalla ministra della Salute Giulia Grillo e ha l’appoggio della categoria dei medici: «Giusto puntare sui giovani per sopperire alla carenza dei medici specialisti negli ospedali e nel territorio», ha detto tra gli altri il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici Filippo Anelli. Ma la misura trova la contratietà di buona parte del mondo universitario che ha alzato gli scudi contro norme considerate incostituzionali – sarebbe già pronto il ricorso alla Consulta – perché costruirebbero una corsia preferenziale per entrare nel Ssn e anche perché secondo molti accademici i giovani medici ancora non sarebbero adeguatamente formati per lavorare in ospedale.
Il decreto in particolare prevede che potranno essere «inquadrati con qualifica dirigenziale» e quindi con l’applicazione del contratto e del trattamento riservato ai medici dirigenti del Ssn e fino al 2021 «i medici e i medici veterinari iscritti all’ultimo anno del corso di formazione specialistica nonché, qualora questo abbia durata quinquennale, al penultimo anno del relativo corso». L’assunzione potrà avvenire con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale «in ragione delle esigenze formative». Il contratto «non può avere durata superiore a quella residuale del corso di formazione specialistica, e può essere prorogato una sola volta fino al conseguimento del titolo di formazione medica specialistica e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi». I giovani medici potranno svolgere «attività assistenziali coerenti con il livello di competenze e autonomia raggiunto e correlato all’ordinamento didattico di corso, alle attività pratiche professionalizzanti nonché al programma formativo seguito e all’anno di corso di studi superato». Insomma lavoreranno i base alle competenze acquisite fino a quel momento.
Un impegno, questo, che potrebbe essere ben ripagato perché lo stesso decreto Calabria prevede per gli specializzandi impiegati part time in corsia la possibilità, una volta conseguito il «relativo titolo di formazione medica specialistica» di essere «inquadrati a tempo indeterminato nell’ambito dei ruoli della dirigenza del Servizio sanitario nazionale». Il tutto senza passare dai concorsi.
Nasce anche da qui il muro dell’università: dopo i rilievi dei rettori della Crui e del Cun (il Consiglio universitario) al decreto Calabria un centinaio di accademici hanno firmato una lettera inviata al capo dello Stato e ai ministri Grillo e Bussetti per denunciare l’incostituzionalità delle norme. «Alla prima applicazione faremo senz’altro ricorso alla Consulta», avverte la docente della Fedrico II Maria Triassi». «Questa misura oltre a creare confusione carica di responsabilità dirigenziali medici che si stanno ancora formando e poi non è nell’interesse dei pazienti che si troveranno medici di serie A o di serie B: si immagini – aggiunge – poi cosa accadrà al primo serio incidente».