Il Sole 24 Ore, 2 luglio 2019
Medici, dalla fuga al rischio bolla
Sos medici da qui al 2025 e poi il rischio bolla. Per chi indossa o sogna di indossare il camice bianco saranno 10 anni sulle montagne russe. Finito l’effetto quota 100 e andati in pensione nei prossimi 5 anni con un esodo biblico i baby-boomers potrebbe emergere dopo l’attuale allarme sulla carenza dei medici una clamorosa sovra-produzione di camici bianchi: dopo il 2030 basteranno infatti non più di 5mila nuovi medici l’anno. Così dice la gobba demografica che dopo il boom di uscite ne prevede un immediato crollo. Per chi decide dunque di iscriversi entro domani al nuovo test di Medicina del 2 settembre – si aspetta la carica di 70mila candidati – e riuscirà a conquistarsi uno degli ambitissimi 11.600 posti disponibili nelle università potrebbe profilarsi, dopo i 12 anni di lunga e faticosa formazione tra laurea e specializzazione, lo spettro della disoccupazione. O in alternativa la fuga all’estero.
Il rischio espulsione in futuro, in particolare dal 2032 in poi, potrebbe riguardare 4mila giovani medici formati con un costo non indifferente: per far studiare tra ateneo e scuole di specializzazione ogni studente si spendono 250mila euro. Ma i numeri potrebbero salire ancora se come vuole la maggioranza giallo-verde si eliminerà il numero chiuso a Medicina facendo lievitare gli aspiranti medici. Una beffa, se si pensa che già in queste settimane ci troviamo nel mezzo di una emergenza provocata dalla carenza di medici. Dall’analisi delle curve di pensionamento e dei nuovi specialisti formati nel periodo 2018-2025, l’Anaao Assomed prevede infatti nel breve periodo una carenza di oltre 16.000 medici. Con i medici di pronto soccorso e i pediatri tra le specialità da codice rosso. Dei circa 105.000 specialisti attualmente impiegati nel Ssn ne dovrebbero andare in pensione circa la metà: 52.500. Un esodo appunto che richiede interventi immediati. Da qui iniziative clamorose delle Regioni come il ricorso a medici pensionati o addirittura all’ipotesi di quelli militari. Mentre la ministra della Salute Giulia Grillo con il decreto Calabria apre le porte degli ospedali agli specializzandi.
Dal 2026, però, la musica cambierà: le proiezioni agli otto anni successivi parlano di un crollo dei fabbisogni dovuto all’esaurirsi della gobba demografica e alla normalizzazione del tasso di pensionamento. «Rischiamo di passare dall’imbuto formativo, che denunciamo da anni, all’imbuto lavorativo – avvisa il segretario generale dell’Anaao, Carlo Palermo -. Aumentando oggi gli ingressi ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, al 2031/32 avremo formato in Italia 10.500 medici tra specializzazione e corso di medicina generale, a fronte di un fabbisogno reale complessivo di circa 6.500». Il risultato? «Ogni anno – continua Palermo – un surplus di 4mila specialisti, conseguenza di una programmazione di nuovo poco lungimirante. Se in passato non si è tenuto conto della gobba pensionistica che insieme al blocco del turnover ha svuotato le corsie degli ospedali, domani avremo una iperproduzione di medici». Senza contare lo spreco per le casse dello Stato: «In 5 anni – conclude il segretario dell’Anaao -, 5 miliardi di euro. Che regaleremmo all’estero, sotto forma di professionisti pienamente formati. In Europa si cercano 230mila medici e già oggi agenzie di cacciatori di teste vengono da noi per arruolare giovani specialisti. Che se qui possono ambire al massimo a uno stipendio di 2.400 euro, in Germania già al primo incarico percepiscono 4.500 euro».
L’emergenza è adesso, avvisano anche dalla Federazione dei medici, mentre allargare le maglie dell’accesso a Medicina produrrà nuovi medici solo tra 12 anni. Quando l’allarme sarà ormai alle spalle. «Chi spiega al ministro Bussetti che in Italia mancano gli specialisti e non i medici?», chiede polemico il presidente dell’Ordine dei medici Filippo Anelli. Poi, la proposta: «Si utilizzino le risorse individuate per aumentare il numero di posti a Medicina per finanziare specializzazioni e borse di Medicina generale e si metta fine a una politica che, inseguendo il consenso effimero, non risolve i problemi reali del Paese».