Il Sole 24 Ore, 2 luglio 2019
Tria doppia Padoan: correzione da 7,6 miliardi contro 3,5
Non è una manovra correttiva in senso classico, perché il miglioramento dei saldi arriva da un aumento delle entrate più o meno “spontaneo”, realizzato con operazioni anti-evasione (tra cui la fatturazione elettronica) e dividendi; e con una riduzione di spesa che si ottiene “naturalmente”, grazie al fatto che reddito di cittadinanza e quota 100 non abbracciano tutta la platea potenziale.
Tradotto in euro, comunque, l’aggiustamento sancito ieri dal consiglio dei ministri vale più del doppio rispetto all’ultima manovra correttiva vera e propria approvata dall’Italia per andare incontro alle richieste europee. Il precedente data all’aprile 2017: a Palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni e al ministero dell’Economia Pier Carlo Padoan. Insieme al Def, il governo approvò un classico decreto urgente di finanza pubblica, basato sull’allargamento dello split payment alle società pubbliche e su una serie di rimodulazioni di spese. In gioco ci furono 3,5 miliardi, necessari a portare il deficit dal 2,3% tendenziale al 2,1% messo in programma. Oggi il deficit oscilla in modo molto più audace. E con un aggiustamento da 7,6 miliardi torna ora intorno al 2% di dicembre, dopo che nel Def era risalito al 2,4% fissato a ottobre 2018 dal governo nella «notte del balcone» che aprì il primo scontro con la Ue. Un’altalena, anche senza «manovre correttive».