Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 02 Martedì calendario

Contro il grasso a volte meglio la chirurgia

In Italia sei milioni di persone convivono con l’obesità e 15mila, ogni anno, ricorrono al bisturi. Operazioni che, in gergo, sono note come chirurgia bariatrica.
Ricorrere a questa soluzione è meno frequente di quanto si pensi. In Italia e altrove. Solo l’1% degli americani che ne potrebbe trarre beneficio vi si sottopone. È emerso al «Live Surgery Workshop» che si è tenuto al Policlinico Tor Vergata di Roma. Eppure molti studi attestano i vantaggi e l’efficacia di questa pratica per chi è gravemente obeso. In termini di girovita più snello e perdita di peso e anche per quanto riguarda il controllo o la remissione di malattie metaboliche e cardiovascolari collegate al grasso in eccesso, come il diabete di tipo 2 e l’ipertensione. 
«L’obesità è definita l’epidemia del terzo millennio», puntualizza Nicolò de Manzini, professore all’Università di Trieste e direttore del centro di chirurgia bariatrica della clinica universitaria. «Nel mondo si assiste a un preoccupante aumento delle percentuali di cittadini obesi, esposti, in quanto tali, a un maggiore rischio di sviluppare alcuni tumori, oltre a infarto, ictus, malattie del fegato e altre osteoarticolari». Se la migliore cura è la prevenzione, e quindi l’adozione di corretti stili vita, «la chirurgia può essere una strada in caso di obesità patologica». E di mancato successo delle diete. La si suggerisce ai pazienti con indice di massa corporea uguale o superiore a 40 oppure tra 35 e 40, se associata ad altre malattie. L’indice misura il rapporto tra peso e altezza ed è il metodo più valido per definire la propria condizione alterata con il peso.
«Il paziente viene affidato a un team multidisciplinare: dietista, psicologo, psichiatra, endocrinologo, gastroenterologo, anestesista e naturalmente chirurgo», puntualizza de Manzini, sottolineando l’importanza del team per individuare il trattamento ideale. Ci sono, infatti, interventi diversi: i restrittivi e i malassorbitivi. I primi riducono la possibilità di mangiare oltre una certa quantità di cibo, mentre i secondi riducono l’assorbimento calorico.
«Nella stragrande maggioranza dei casi si eseguono il bypass gastrico o la “sleeve gastrectomy”, la gastroplastica verticale. Con il bypass non si asportano parti dello stomaco o dell’intestino, ma si crea una tasca gastrica che contiene solo limitate quantità di cibo. L’intervento dovrebbe essere la prima scelta da proporre. La “sleeve gastrectomy”, invece, consiste nella riduzione di quattro quinti dello stomaco. Entrambi gli interventi, comunque, permettono un buon controllo duraturo del peso e del diabete e agiscono sulla grelina, il cosiddetto ormone della fame, riducendo l’appetito».
Determinante però per il successo a lungo termine è la motivazione del paziente: è lui o lei che deve seguire per tutta la vita un sano regime alimentare.