Corriere della Sera, 2 luglio 2019
I comandamenti digitali della chiesa
Chi è senza peccato scagli il primo tweet: ci voleva l’intervento della Chiesa d’Inghilterra per provare a riportare un po’ di carità cristiana in quell’arena gladiatoria che sono diventati i social media. È stato lo stesso arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, in un messaggio video dal quartier generale di Facebook a Londra, a dettare i nuovi dieci comandamenti dell’era digitale: non postare contenuti minacciosi, discriminatori o sessualmente espliciti, rivolgiti agli altri online così come faresti con loro di persona, verifica l’accuratezza di ciò che condividi (e così continuando). In altre parole, le tavole della legge contro le fake news e il vetriolo gratuito sparso ogni giorno su Twitter e Facebook: «I social media hanno trasformato le nostre vite – ha detto l’arcivescovo —. Ogni volta che interagiamo online abbiamo l’opportunità o di contribuire ai torrenti di cinismo e abusi oppure di scegliere di condividere la luce e la grazia». L’esortazione si rivolge a cristiani e non e propone loro una «carta digitale» da sottoscrivere solennemente sui social: e c’è da sperare che come nell’era tardo-antica la diffusione della buona novella contribuì a spegnere i massacri circensi, così oggi il messaggio della Chiesa possa incoraggiare i bruti di Internet a deporre la clava. Anche in Gran Bretagna infatti i social media sono diventati una fetida sentina dove si scaricano gli umori più malevoli e violenti, ai danni di avversari politici o di chi semplicemente segue altri codici e valori: ma nel momento in cui è l’uomo più potente del mondo, il presidente degli Stati Uniti – e così i suoi epigoni nostrani – che brandisce Twitter e Facebook come una spada, ci si domanda se la predica non arrivi in doloroso ritardo. Forse siamo al punto che occorrerebbe passare alla scomunica contro gli apostati del buon senso, del decoro e della civiltà.