Il Messaggero, 1 luglio 2019
Il caso Vannini raccontato dalla Leosini
«Spero che un giorno i genitori di Marco possano avere misericordia e perdonarmi». Sono le parole di Antonio Ciontoli nella sua intervista rilasciata a Franca Leosini in Storia Maledette. «Il perdono? Solo dopo 30 anni di carcere», rispondono i genitori di Marco Vannini. Diventa un caso la trasmissione di Rai 3 andata in onda ieri sera nella prima puntata, in attesa della seconda, prevista per domani sera. L’assassino del giovane cerveterano ha implorato «compassione» ai Vannini per quanto accaduto il 17 maggio del 2015.
Quel colpo che arriva al cuore, è il titolo di Storie Maledette. E proprio un colpo al cuore si è rivelato fatale per il 20enne Marco Vannini. Di quello sparo, eseguito con una Beretta calibro 9, si è assunto la responsabilità Antonio Ciontoli, sottoufficiale della Marina con un ruolo nei servizi segreti. Ma altre persone erano presenti in casa, nella villetta dei Ciontoli a Ladispoli. Oltre al capofamiglia, anche la moglie, Maria Pezzillo, i figli Federico e Martina, la fidanzata di Marco Vannini, e poi anche Viola Giorgini, fidanzata di Federico. Tutti i Ciontoli sono stati condannati in secondo grado per omicidio colposo.
NUOVA INDAGINE
La Procura di Civitavecchia ha però aperto una nuova indagine dopo le dichiarazioni di Davide Vannicola, commerciante di Tolfa, che ha rivelato che l’ex comandante dei carabinieri di Ladispoli, Roberto Izzo, gli avrebbe confidato che a sparare sarebbe stato Federico Ciontoli e non suo padre. Ma nel faccia a faccia con Leosini, il sottoufficiale della Marina ha confermato quanto detto ai giudici, e cioè che a premere il grilletto è stato proprio lui mentre Marco si trovava in bagno per farsi una doccia. E lo avrebbe fatto per uno «scherzo» finito in tragedia.
Antonio Ciontoli, a tratti in lacrime nello studio in tv con la mediazione del consulente legale di Storie Maledette Marco Macchia, ha ripercorso i momenti di quella sera ribadendo quanto emerso in primo e secondo grado in tribunale. «Sono stato io a sparare, non Federico che era in camera con Viola. Quel giorno volevo dare una spolverata alle pistole e dopo averle prese le ho riposte nella scarpiera del bagno. Di sera mentre andavo a letto mi ero dimenticato delle armi. Ho bussato alla porta e in bagno c’erano Martina e Marco. Poi lei è uscita subito. Lo sparo è avvenuto dopo, Marco mi aveva chiesto di vedere una pistola ed è partito il proiettile. All’inizio non mi ero accorto della gravità, c’era poco sangue e un piccolo buchino. Nei primi secondi sono rimasto scioccato, pensavo avesse solo un colpo nel braccio. Ho pagato la mia sicurezza», ha confermato la sua versione Ciontoli, rilanciando: «Marco era come un figlio, con lui avevo rapporti intimi. Voleva abbracciare la carriera militare e Martina era gelosa come tutte le ragazze. Era una gelosia genuina».
Altre dichiarazioni: «Sono fragile e non vedo futuro. Vivo recluso in casa con mia moglie, esco la sera a fare la spesa e i miei figli sono lontani», ha aggiunto l’ex 007. Risposte sull’indagine bis. «Mai conosciuto Vannicola, a Tolfa sono stato solo 10 anni fa», ha precisato Ciontoli.
REPLICA DURA
Insorgono i Vannini. «Il perdono ai Ciontoli e a Viola Giorgini lo daremo quando avranno scontato 30 anni. Io non ho visto il programma studiato a tavolino e registrato: è uno schifo», è la reazione di Valerio Vannini, padre della vittima. Così Marina Conte, madre di Marco: «Non siamo stati avvisati dell’intervista. Sono rimasta molto male perché parliamo di mio figlio. I Ciontoli hanno ucciso un ragazzo che aveva tanta voglia di vivere. Quel colpo non lo ha ucciso subito. In 5 non hanno chiamato i soccorsi, lo hanno lasciato morire e agonizzante per 4 ore».
Molte critiche alla pagina Fb della trasmissione. Un caso esploso anche internamente alla Rai. Federica Sciarelli, conduttrice di Chi l’ha visto?, contro Leosini. «A noi Ciontoli l’intervista non ce l’ha mai concessa. Come si dice, fatevi una domanda e datevi una risposta...».
Secca replica: «Non commento Sciarelli. Io sono favorevole ad un solo elemento: la verità», ha ribattuto Leosini a Dagospia. Intanto è stata fissata per il 7 febbraio 2020 l’udienza in Cassazione. Non è da escludere che finisca in Corte d’assise d’appello.