il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2019
Il cacciatore di poeti
C aro Coen, ti scrivo da un luogo qualsiasi di questa Italia bollente ridotta a deserto di umanità. Non ti parlerò di corpi migranti e di capitani di ventura assurti a ministri, né degli indifferenti paraculi e dorotei che gli tengono bordone. Per un momento basta! Voglio parlarti di chi, giù al Sud, va in giro a cercare poeti. Paolo Speranza è uno di questi. Professore di materie letterarie nei licei, giornalista e ricercatore, da anni studia vita e opere di Pasquale Stiso, poeta, ma anche avvocato degli ultimi, militante politico e sindaco del suo paese, nato ad Andretta (Irpinia profonda) nel 1926 e morto tragicamente nel 1968. La sua produzione letteraria è sconfinata (poesie, articoli, racconti, il soggetto del film La Donnaccia, di Silvio Siano), e Paolo ha impiegato un decennio buono per riordinarla e riproporla nel libro Il poeta ritrovato. Il Sud universale di Pasquale Stiso, tra impegno politico e letteratura(edizione Mephite). Ci sono le poesie dedicate alla vita e al restare ragazzo, “anche se i fili bianchi compaiono alle tempie e l’ombra della morte s’in si nu a sottile nel mio cuore”. Quelle per il popolo dolente della sua terra, l’Irpinia, dove “essere povero / è qualcosa di più / è un freddo / che ti agghiaccia le ossa”. Il racconto dell’emigrazione nell’Italia degli anni Cinquanta–Sessanta. Paolo Speranza ha scavato nella miniera inesauribile di Stiso, ha riordinato materiali per proporli nel nostro tormentato oggi. E ha fatto bene. Perché, spiega lo scrittore Sandro Abruzzese nella postfazione, “rileggere Stiso, vuol dire comprendere d’un colpo non solo quanto le lancette della storia siano state riportate indietro dalla colta barbarie del nostro tempo, ma anche quale sia la strada da riprendere e con quale abnegazione affrontarla, perché oggi è sempre più chiaro che se c’è un futuro, questo avrà di certo un cuore antico e simile, molto simile a quello della civiltà perduta di Stiso”. ©