il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2019
Come si conquistano le Olimpiadi. Intervista con Evelina Christillin
Avere un bel sorriso aiuta. Conoscere le lingue aiuta. Se donna, essere di bell’aspetto aiuta. Se uomo aiuta di meno, comunque però aiuta. Avere affari in corso col tizio da agganciare aiuta molto di più. Andare alle cene che contano aiuta tantissimo, anche il coffe break è una buona idea, e gli apericena e ogni altro luogo in cui si ritrova la gente che piace. Per fare lobbying ci vuole carattere, disponibilità al dialogo, curiosità e tanta pazienza. Evelina Christillin è l’italiana che meglio riesce in questa specialità. Di antico lignaggio valdostano, intima degli Agnelli, torinese di adozione, forgiata nell’apparato juventino, cuce amicizie, promuove eventi, soprattutto organizza. Prima donna consigliere di Uefa e Fifa, presidente del Museo Egizio, consigliere di amministrazione di Credit Agricole, è moglie di Gabriele Galateri, presidente di Generali. È stata ingaggiata dal comitato promotore delle Olimpiadi di Milano e Cortina per le necessità urgenti e indifferibili dell’assalto a Losanna.
“In questo caso ho collaborato in seconda fila”.
Lobbista riservista.
Diverso fu il 19 giugno del 1999, quando conquistammo le Olimpiadi di Torino. Ero la presidente del comitato organizzatore. Gianni Agnelli vivo. Tutta un’altra responsabilità e una durezza della sfida imparagonabile. Eravamo in sei a giocarci tutto. Ora solo la Svezia, che neanche ha mostrato una gran voglia (il sindaco di Stoccolma non aveva sottoscritto alcun impegno, per esempio).
Comunque di Evelina Christillin c’è stato bisogno anche questa volta.
Mezzo Cio era composto da facce conosciute.
Erano quelle del secolo scorso!
Esatto! Io sono temprata, esperta e con qualche anno di esperienza alle spalle.
Una donna dagli incarichi multipli. Evelina, una e trina.
Non sono una casalinga, non cucino, non lavo e non stiro. Non conosco il disagio. Ma quel che ho avuto ho cercato di meritarlo. E in sincerità, credo di averlo anche dimostrato.
In sincerità la colleganza con casa Agnelli avrà avuto un peso.
Non discuto. Ma della biografia solo quello resta?
È che si parte e si arriva sempre lì.
Se è prevenuto, se ha pregiudizi questa è la frase perfetta da dire.
Torniamo a Losanna.
Quindi, ritornando a noi, avevo un po’ di relazioni già avviate.
Le Olimpiadi sono una sfida.
La cena della vigilia della comitiva italiana sembrava una war room. Una parete piena di volti, quelli dei grandi elettori, e bandierine con vari colori a graduare l’amicizia o la distanza. L’ostilità presunta, la simpatia dichiarata.
E voi lobbisti a tampinarli. Chi tampina chi.
Ciascuno prendeva in carico chi era nelle condizioni di sospingere verso un giudizio positivo.
E qui la lezione del bravo lobbista. Anzitutto serve saper sorridere. Gli introversi sono out.
Il sorriso è importantissimo. Se non sei empatico, è finita prima di iniziare.
Empatica.
E se non conosci le lingue sei fregato, prima di iniziare.
Un lobbista non poliglotta è un pugile suonato.
E se sei carina, sai sorridere, magari conosci pure le lingue ma sei scema è finita prima di iniziare.
Il fuoco sacro della scaltrezza. Il talento non si vende al mercatino sotto casa.
Beh, se ci sono affari di mezzo, se, dico per dire, conosco quello per via del mio lavoro…
Con gli affari è già tutta un’altra empatia.
Avevamo Alessandri di Tecnogym per esempio, che ha portato le sue meraviglie in mezzo mondo. Il business apre le porte più di qualunque altro discorso.
Le Olimpiadi sono un bel business.
C’è consapevolezza che i soldi stanno creando più problemi del previsto.
E più tangenti del previsto, e corrotti del previsto. Mezza Fifa deve ancora spiegare la scelta di Mosca.
Ci sono anche i morti sui cantieri degli stadi in Qatar.
Il Qatar col calcio ha un’antica consuetudine.
Lo so dove mi vuol portare. Lo so, forse i soldi contano troppo.
La fiamma olimpica.
C’è tutto un movimento per rendere sostenibile quel che si costruisce. Non sbancare, non buttare cemento senza criterio, ridurre l’enfasi edilizia.
A Torino c’è il villaggio olimpico sbriciolato dall’incuria.
Non sa quanto mi brucia. Ma era la politica a doversene far carico. Era adeguato per dare una casa a chi non l’aveva.
E invece.
Era pronto, impacchettato, perfetto.
La pista di bob edificata e poi abbandonata. Uno sfregio.
Non sa quanto mi brucia.
Le brucia che Allegri sia stato allontanato dalla Juve.
Un dolore. Allegri è un allenatore coi fiocchi.
Antonio Conte all’Inter.
Un dolore.
In casa Juve è arrivato il cosacco.
La mia casa.
Sarri, dalle fosche simpatie sinistrorse.
Dicono così.
Un rivoluzionario.
L’ho visto già con la cravatta.