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 2019  luglio 01 Lunedì calendario

La crisi politica in Albania

Appoggiato a una Mercedes nera, Ervin Doda fa la guardia. Ha una cartellina sotto il braccio, ogni tanto la apre e scrive una «x». Con lui ci sono altre dieci persone, tutti maschi. Sembrano chiacchierare, fumano. Guardano molto attentamente cosa succede dall’altra parte della statale divisa da un guard rail di piante, all’ingresso della scuola media Ibrahim Rugova, nella città di Kamëz, a dieci chilometri da Tirana. «Controlliamo chi vota», dice senza problemi. «Abbiamo paura che il partito socialista di notte metta nelle urne voti falsi di gente che non è venuta. Io ho una lista di 600 persone da controllare, le conosco tutte, posso sbagliarmi del 2-3%, ma non mi frega nessuno».
Alle elezioni più contestate della storia dell’Albania post-dittatura, volute fortemente dal premier socialista Edi Rama e non riconosciute dal presidente della Repubblica Illir Meta, l’opposizione di centrodestra partecipa così, dalla strada. Con i suoi uomini sparsi ovunque, fuori dai seggi. Qualcuno anima una protesta con le divise militari che si usavano durante il regime di Enver Hoxha e canta inni degli anni bui. Il Partito democratico di Lulzim Basha ha boicottato il voto voluto da Rama. In 31 comuni su 61 sulla lista c’è un solo candidato, quello socialista, non c’è alternativa. Corte costituzionale e Corte suprema non funzionano da mesi. La seconda, in un Paese bloccato dallo scontro tra istituzioni, è in arretrato di 40 mila cause.
Al seggio sono tutti del Ps: «Chi è venuto a votare l’ha fatto per la libertà», dice Nertila Koka. Il suo collega parla di un’affluenza al 20% a Kamëz. Fuori, i democratici si agitano, sventolando grafici con scritto 6%. Ed è una continua contestazione: per i media albanesi alle urne ci è andato il 19,4%, 671.255 elettori su 3.536.015 aventi diritto (contano anche i residenti all’estero). Nei registri, a Tirana e Valona, figurano a loro insaputa anche due italiani illustri, Ezio Greggio e Al Bano, che hanno entrambi la cittadinanza albanese. La partecipazione registrata comunque è bassa.
Il premier è tra i primi ad andare al seggio. Ore 9, con la moglie Linda, vicino alla sua residenza di Surrel. È vestito con un’elegante giacca blu, fazzoletto bianco nel taschino, ma sotto porta bizzarri calzoni neri altezza polpaccio, calzini e scarpe eleganti, e strappa in rete sorrisi per l’abbigliamento scelto. Il capo dello Stato Meta, invece, è al mare. Ha disertato le urne che non riconosce. Posta su Facebook una foto in compagnia dell’ex calciatore della nazionale Klodian Duro, l’ennesimo affronto al primo ministro. Come spiega Albert Bardai, tassista che ha «conosciuto la dittatura e nonostante tutto» è «socialista», «in Albania chi ha votato è del Ps, chi non è andato è del Pd, e per me è un fascista», sentenzia secco. Addio alla segretezza dell’urna, comunque. La «x» sulla scheda viene ripresa perfino dalle telecamere secondo uno dei giornali più letti «Gazeta Panorama». Lo chiamano «voto alla Grande Fratello», come ad Elbasan. Mentre a Durazzo, sempre secondo alcuni media, un signore dell’opposizione è stato arrestato perché minacciava i commissari con la pistola.
Denis Qordja, fuori da una scuola di Tirana, quartiere Ali Demi, uno dei più socialisti, denuncia indignato: «Il Pd ha pagato manifestanti per fare show. È gente delle montagne, si fa corrompere per un pacco di spaghetti». Il vero test politico comincia oggi. Il premier Rama la chiama «vittoria», dice che il «popolo ha parlato con la lingua della pace». Ma se vuole continuare a governare, deve sedersi al tavolo con l’opposizione, con cui non parla da mesi.