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 2019  giugno 25 Martedì calendario

Dal Sud al Nord per operarsi

Se ne vanno per l’intervento di altissima specialità, fanno le valigie per raggiungere il professore di gran nome, il centro oncologico di eccellenza. consultano gli orari dei voli perché non si fidano delle strutture della propria regione. Circa 70mila italiani ogni anno si spostano per cercare cure ospedaliere migliori. Una parte di loro fa giusto qualche chilometro, magari abitano vicino a un’altra regione e per loro, banalmente, è più comodo farsi curare in una struttura al di là del confine. Una mobilità inevitabile che non preoccupa nessuno, perché è considerata fisiologica. Altra cosa sono gli spostamenti a largo raggio, che costringono i malati e i loro familiari ad uno sforzo organizzativo extra. Oltre a quello necessario per individuare l’ospedale giusto e prenotare una prima visita, quello per gestire viaggio, vitto e alloggio anche di più persone.
Il numero degli spostamenti per prestazioni di ricovero è contenuto nel cosiddetto” Rapporto Sdo ( che sta per Schede di dimissione ospedaliera") del ministero della Salute. L’ultima edizione parla di circa 740mila persone che si sono spostate nel 2017. Di queste poco più di mezzo milione lo ha fatto per un ricovero ordinario, ma ci si muove anche per i day hospital (circa 170mila casi), e in misura minore per riabilitazione e lungodegenza. Nei dati non si tiene conto di visite ed esami, altrimenti i numeri sarebbero molto più alti. Nel tempo – inoltre – il peso della mobilità sanitaria cresce. Dal 2010 al 2017 quella per degenze ordinarie è passata dal 7,4 all’8,3% del totale, il day hospital dal 7,4 al 9,3%. Chi si muove sposta anche parecchi soldi: i costi sanitari delle prestazioni svolte nel servizio pubblico sono a carico della regione di residenza del malato. Quando si assegna il Fondo sanitario nazionale alle varie realtà locali si tiene conto del saldo tra il valore delle prestazioni erogate ai pazienti arrivati da fuori regione e quelle dei residenti che invece hanno deciso di andare altrove. La mobilità vale circa 4 miliardi e 300 milioni.
Il grande flusso dei malati punta comunque a Nord. Chi affronta lunghi viaggi lo fa prevalentemente per prestazioni di alta specialità. Sono circa 50mila gli italiani che ogni anno viaggiano per curare il cancro, circa il 10% di coloro che devono affrontare questa patologia. La percentuale ha punte del 39% in Calabria e del 29% in Basilicata. Altre prestazioni da viaggio al Nord sono le protesi, soprattutto di anca e di ginocchio.
L’obiettivo delle regioni – in questo entra ed esci di malati – è avere un saldo attivo tra chi va via e chi arriva, perché oltre all’aspetto economico si valuta la capacità del sistema sanitario di dare risposta ai malati, che siano residenti o meno. Capita, ad esempio, che il Molise abbia la percentuale più alta d’Italia di migranti sanitari in uscita ma che poi la compensi con un numero anche superiore di pazienti che arrivano da fuori. Non è questo il caso della Calabria, da dove partono in un anno 38mila persone (e ne entrano appena 3.700) oppure della Campania, 53mila fuori e ne entrano 15mila. In generale, al Sud si trova quasi ovunque un saldo passivo e al Nord uno attivo. I numeri sono enormi e tutto il servizio sanitario dovrebbe lavorare per abbatterli.
Anche perché lo spostamento di un malato non solo significa sofferenza fisica, ma ansia per la famiglia e per coloro che non possono seguirlo. E anche costi considerevoli. Basta farsi un giro sui siti dei bed&breakfast per capire quanta offerta ci sia intorno alle grandi strutture sanitarie. Soprattutto milanesi ma anche bolognesi, fiorentine, venete, torinesi, romane. Un business. Certi affittacamere abbinano al loro nome online quello dell’ospedale più vicino, in tanti infilano le parole Humanitas, San Raffaele oppure Bambino Gesù nelle descrizioni dei siti come Airbnb. I costi possono essere alti per chi ha bisogno di una camera, da 50 fino a 100 euro al giorno. I bisogni hanno però fatto muovere anche il mondo del volontariato. La stessa Airbnb negli Usa collabora con associazioni no profit per trovare casa gratuitamente ai malati che viaggiano, in Italia ci si è mossi a Milano, la città dei grandi ospedali pubblici e convenzionati che attirano ogni anno migliaia di pazienti da tutto il Paese.” A Casa lontano da casa” è un network di associazioni che mette in contatto, tramite il sito o un numero verde attivo 24 ore su 24, chi ha bisogno di un alloggio con le onlus che possono mettere a disposizione dei letti. Al momento i posti offerti sono mille. Non solo a Milano ma anche in altre città lombarde. Il presidente Guido Arrigoni spiega che l’associazione, nata a dicembre del 2016, continua a crescere. «Abbiamo nuove adesioni ogni mese. Siamo partiti come 4 onlus e poi ci siamo allargati. In un anno riusciamo ad ospitare anche 20- 30mila persone ma non basta. A Milano quelli che ne hanno bisogno sono almeno il triplo». I costi per chi viene ospitato sono molto bassi, i soldi servono a coprire alcune spese delle onlus. La domanda è alta e non sembra destinata a diminuire. «No – prosegue il presidente – quello non succederà. Certe volte il problema piuttosto abbimao qualche difficoltà perché le persone cercano alloggi vicini agli ospedali, hanno paura di essere troppo distanti, magari non conoscono la città in cui si trovano». E non vogliono dover pensare anche agli spostamenti.