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 2019  luglio 01 Lunedì calendario

Detenuti oltre quota 60mila

Cresce a un ritmo di 2mila l’anno il numero dei detenuti presenti nelle carceri italiane che sta per raggiungere quota 61mila, con un divario di 10mila posti rispetto alla capienza attuale degli istituti.Non è un problema nuovo -come si vede dal grafico a destra – ma questa volta per contrastare il sovraffollamento il Governo gialloverde, più che sulla possibilità di scontare la pena al di fuori delle mura carcerarie, ha deciso di puntare sull’ampliamento degli istituti esistenti o sulla realizzazione di nuovi. Anche attraverso la trasformazione di ex caserme dismesse. 
Sulla base della strategia disegnata alla fine dello scorso anno dal Dl semplificazioni (il 135/2018) e incentrata sul coinvolgimento del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) il ministero della Giustizia ha quindi cominciato a individuare e acquisire i primi immobili. 
Ma i tempi non saranno brevi: in alcuni casi si tratta infatti di fabbricati abbandonati da tempo (si vedano le foto) che vanno ripuliti e comunque “ripensati” per rispondere alle caratteristiche e ai requisiti di sicurezza richiesti dagli edifici penitenziari. La progettazione va ancora avviata o è in fase preliminare, dopodiché andranno affidati gli appalti e realizzati i lavori. 
L’emergenza 
Da dicembre 2015 il numero dei detenuti è continuamente cresciuto, passando da 52,164 a 60.476 (8.312 in più), mentre la capienza degli istituti è aumentata solo di 936 posti (da 49.592 a 50. 528). «Ma nella realtà, a causa degli ordinari lavori di manutenzione, ci sono circa 3mila posti in meno rispetto a quelli rilevati», dice il garante dei detenuti, Mauro Palma. 
Nel 2013, il sovraffollamento (con picchi più elevati degli attuali) costò all’Italia la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo. Per contrastarlo, furono varati provvedimenti (fra cui il Dl 146/2013, cosiddetto “svuotacarceri”) che riducevano le presenze facendo leva sull’ampliamento delle misure alternative e dei benefici penitenziari. 
Gli interventi
Per evitare la lunghezza dei tempi di realizzazione che in passato ha caratterizzato l’edilizia penitenziaria, il Dl semplificazioni ha quindi assegnato al Dap, per il biennio 2019-2020, funzioni di progettazione e affidamento dei lavori (ferma restando la competenza del ministero delle Infrastrutture) oltre al compito di individuare gli immobili pubblici da convertire. 
Il primo pacchetto comprende: la ex caserma Bixio di Casale Monferrato (già consegnata) la Cesare Battisti di Napoli -Bagnoli (consegna a luglio e probabile utilizzo per custodia attenuata), la Barbetti di Grosseto (protocollo da siglare). Ci sono poi due strutture a Bari di cui una sarà probabilmente destinata a palazzo di giustizia e l’altra ad istituto di pena. «La riconversione è utile se saranno utilizzate per detenzioni minori, custodia attenuata e semilibertà – continua Palma – mentre farne dei veri e propri carceri è molto più difficile e laborioso». «Va però ricostruita la cultura delle pene alternative- aggiunge -, oggi c’è un clima troppo negativo. In carcere ci sono 1.800 persone condannate a pene inferiori all’anno e altrettante fra 1 e 2 anni». 
«Non servono altre carceri ma una riforma dell’esecuzione penale: i detenuti non pericolosi devono scontare la pena sul territorio – sottolinea anche Donato Capece, segretario generale del Sappe (sindacato autonomi della polizia penitenziaria) -. Ristrutturare ex caserme rischia inoltre di essere più costoso e lungo che realizzare nuove carceri».
Più favorevole alla riconversione l’associazione Antigone: «La localizzazione nei centri urbani aiuta i rapporti familiari – spiega Alessio Scandurra, coordinatore dell’ossevatorio sulle condizione di detenzione – ma c’è la questione fondi. Secondo il nostro ultimo Rapporto sono meno di 3o milioni. Il vecchio piano carceri ne prevedeva 460».