Libero, 1 luglio 2019
Contro Lilli Gruber
Troppo bello Otto e mezzo dello scorso sabato sera, condotto da Lilli Gruber, una talmente di sinistra da non usare più la destra neanche per impugnare la forchetta. Erano presenti in studio Eugenio Scalfari, campione mondiale dei progressisti, e Paolo Mieli, mio caro amico, uomo intelligente e giornalista di alta qualità, però succube evidente del carisma opaco del fondatore de la Repubblica, cosicché nella circostanza ha svolto il ruolo per lui inconsueto di gregario. Ho seguito il programma dal primo all’ultimo minuto vincendo la noia dei colloqui tra gli ospiti e la conduttrice. Il tema della serata era di tipo gaberiano: cosa è la sinistra, cosa è la destra? La sinistra è pulita, Veltroni è il padre del Pd, Zingaretti è bravo anche se non è in grado di sfondare; mentre la destra non solo è una porcheria, ma pure una minaccia per la democrazia, dato che Salvini è una specie di dittatore in pectore, dotato di tutte le caratteristiche per prendere a speronate gli italiani idioti che lo votano. Scalfari e Mieli erano d’accordo su qualsiasi argomento, persino il più futile. Cioè su tutte le tematiche affrontate nel dibattito guidato dalla giornalista più sbieca d’Italia. Alla quale piace invitare i soloni e i solisti, dalle firme più illustri del giornalismo patrio ai fighetti alla moda, tipo Andrea Scanzi e Beppe Severgnini, per non citare Marco Travaglio, che almeno sa parlare. La Gruber, lo si vede a occhio nudo, detesta il ministro dell’Interno, e questo è un suo diritto, benché un po’ storto, tuttavia esagera nel manifestare tale sentimento dimostrando in modo nitido di non gradire il fatto che il leghista abbia più voti di qualsiasi suo avversario. Proprio non le va giù, come non va giù a Scalfari e neppure a Mieli, il dettaglio che costui sia in vetta ai consensi politici. Non si chiede e non chiede ai propri amici televisivi perché Matteo, burino quanto volete, è stato in grado di sedurre la maggioranza dell’elettorato. Cosa che a me, viceversa, appare chiara: mentre la sinistra punta sullo ius soli, che la gente non sa neppure cosa sia, non conoscendo il latino, Alberto Da Giussano si preoccupa dell’immigrazione invasiva, del peso fiscale, della legittima difesa, cioè di quanto sta a cuore al popolo, il quale sarà cretino ma alla fine si reca al seggio e appoggia chi gli dà retta, come un tempo dava retta a comunisti e affini. Tutte le chiacchiere della Gruber, di Scalfari e perfino del mio amico Mieli non servono a persuadere la base che Salvini vale meno di Zingaretti, mancato dentista, e dei pirlacchioni del Partito Democratico e dintorni, tutti specialisti nella marcia del gambero. Cara Lilli, scendi dal pero. Sei stata parlamentare europea della sinistra, non ti è bastato per capire?