Corriere della Sera, 1 luglio 2019
Le Universiadi con gli atleti sulle navi
Sebbene in scala ridotta, c’è anche il caso Universiadi, dal 3 al 14 luglio a Napoli e in Campania. «In campo internazionale sono già un successo», dice l’olimpionica Manuela Di Centa. «Stadi e piscine sono delle bomboniere», garantisce Davide Tizzano, altra gloria nazionale. La buona notizia dunque c’è. Ma da Napoli non arrivano foto di vertici istituzionali esultanti, come da Losanna per le Olimpiadi a Milano e Cortina. Anzi, ce ne sono, e molte, del sindaco e del governatore imbronciati, seduti composti in prima fila, ma separati da poltrone vuote; che si ignorano ostentatamente. Mai una stretta di mano. Semplicemente, manca la retorica del politicamente corretto. De Luca e de Magistris non si comportano come Sala, Fontana e Zaia; non si legittimano a vicenda. Eppure... A pochi giorni all’inizio delle gare, il piano traffico ancora non regge e le proteste si fanno sentire («il sindaco sul barcone, la città nel pallone» diceva uno striscione il giorno della regata pro migranti), ma tutti concordano sul traguardo raggiunto.
La sera del 3 luglio il sipario si alzerà sull’edizione 2019 e lo spettacolo con Bocelli e oltre 1.500 performer sarà ripreso da 240 telecamere e 40 regie mobili. De Luca questi giochi li ha voluti anche per lasciare un segno in vista della ricandidatura, e parla di miracolo laico, nonostante il «pulcinellismo» napoletano, cioè la verbosa inconcludenza di de Magistris. Il sindaco gli risponde con sufficienza, anche lui pensa al suo futuro. Ma quel che conta è il risultato, reso possibile da un effetto anatra alla rovescia. L’anatra lavora molto sott’acqua e fila liscia in superficie. De Luca e de Magistris hanno fatto il contrario: hanno litigato a favore di telecamere, ma sotto sotto hanno lasciato che i tecnici e gli assessori costruissero l’evento. Presto per dire se in politica è ormai come nella moda e nella gastronomia, dove un pizzico di volgarità o uno spruzzo di paprika possono esprimere un’inattesa vitalità, che poi era quello in cui speravano Di Maio e Salvini prima di sbagliare le proporzioni. Ma a Napoli qualcosa è successo.
Tanto per cominciare, la mascotte dei Giochi doveva essere un imbarazzante Pulcinella in felpa, sarà invece una più innocua sirenetta. E poi è successo anche che De Luca ha rispolverato il piglio di quando era sindaco di Salerno. E sebbene abbia ricevuto il testimone delle Universiadi con due anni di ritardo e molti nodi progettuali irrisolti, ha subito recuperato il tempo perduto. Ha voluto commissario l’ingegnere Giancarlo Basile e dopo dieci mesi ecco il suo primo bilancio. Settanta impianti sportivi rimessi a nuovo, compresi il terremotato Stadio San Paolo e la mitica piscina Scandone costruita per i Giochi del Mediterraneo del 1963 e ridotta a un colabrodo.
L’investimento complessivo, distribuito nei cinque capoluoghi, è stato di 257 milioni, di cui 127 per le strutture e 139 per i servizi. Ma i dati più corposi sono quelli sull’accoglienza: 124 delegazioni da tutto il mondo, mille arbitri, altrettanti giornalisti e novemila atleti in gran parte ospitati in due navi da crociera ormeggiate all’ombra del Maschio Angioino, su ognuna delle quali saranno giornalmente serviti 5.000 croissant, 800 chili di pane, 600 di carne e altrettanti di pesce. L’indotto economico è stato stimato tra 1,4 e 2,3 milioni di euro; l’occupazione temporanea in 24 mila unità.
Naturalmente, la storia potrebbe essere raccontata anche ricordando le delusioni accumulate a Napoli dopo i Giochi del Mediterraneo, Italia ‘90, l’America’s Cup del 2013 e la Coppa Davis dell’anno successivo. O calcando la mano sul paradosso clamoroso del palazzetto dello Sport, coevo della piscina Scandone, distante da questa pochi metri, ma rimasto com’era, un rudere scoperchiato e devastato, perché l’effetto De Luca qui non è arrivato. Ma questa, appunto, è un’altra storia. Di miracolo laico, si parla. Non di religiosa quadratura del cerchio.