Corriere della Sera, 1 luglio 2019
Storia del 38° Parallelo
Bill Clinton, dopo aver scrutato con il binocolo la terra di nessuno sul 38° Parallelo l’aveva definita «il luogo più spaventoso del mondo». È il posto migliore perché un presidente americano dia prova di coraggiosa determinazione, come ha fatto ieri Trump. Però è anche lo spazio dell’assurdo. A cominciare dalla sua denominazione nel linguaggio internazionale: DMZ, Demilitarized Zone. Come si fa a chiamare «Demilitarizzata» una fascia larga 4 chilometri e lunga 248 che contiene campi minati con almeno 2 milioni di ordigni sotterrati e pronti a esplodere, filo spinato, muri anticarro ed è presidiata ai margini da centinaia di migliaia di soldati e postazioni d’artiglieria?
Surreale anche il modo in cui il 38° Parallelo è entrato nella storia della Corea, come una ferita mortale. Fu alla fine del 1945, quando americani e sovietici discutevano il futuro della nazione liberata dal giogo del Giappone. Un ufficiale dell’US Army arrivato a Seul con scarse conoscenze del luogo era stato incaricato di delimitare con gli ormai ex alleati russi le zone di reciproca influenza, come a Berlino. Il colonnello Dean Rusk trovò un numero del National Geographic con una bella mappa della penisola e ci tracciò sopra una riga lungo il 38° Parallelo. Doveva essere una «soluzione provvisoria», Mosca accettò senza obiezioni e instaurò nel suo settore un regime stalinista guidato dallo sconosciuto Kim Il-sung. In seguito Dean Rusk diventò Segretario di Stato, Kim fondò il regime e scatenò l’aggressione contro il Sud il 25 giugno 1950.
Quando si arrivò al cessate il fuoco, il 27 luglio 1953, la situazione doveva essere ancora «provvisoria», come le baracche azzurre di Panmunjom. Ora nel Villaggio della Tregua ci sono palazzine di cemento da dove i nemici si scrutano con i binocoli.
Pericolo di morte
La fascia è larga 4 km e lunga 248. Contiene campi minati con circa 2 milioni di ordigni
La follia schizofrenica del conflitto ha ispirato grande letteratura e cinema. James Salter, che fu pilota dell’aviazione americana, ha raccontato in «The Hunters» («Per la gloria», nella versione italiana) di come tra il 1950 e il 1953, per salvare il Sud la US Air Force sganciò sul Nord 635 mila tonnellate di bombe, più altre 32.557 di napalm (nell’intero teatro del Pacifico durante la Seconda Guerra mondiale ne usarono di meno, 503 mila tonnellate). Nella primavera 1953 i piloti segnalarono che non si trovavano più obiettivi «utili» al Nord: «Non c’è più una pietra sull’altra nelle città». Tre milioni di soldati e civili morti alla fine, un decimo della popolazione della penisola. Un altro romanzo, «MASH», ambientato in un ospedale di prima linea, è diventato un cult nella trasposizione cinematografica e poi televisiva: racconta di chirurgia d’urgenza, regolamenti militari regolarmente violati, molto liquore per dimenticare il sangue, e dell’affascinante infermiera «labbra di fuoco» (Hot Lips nell’originale).
La Demilitarized Zone è chiusa e inaccessibile. Molti animali si sono abituati alla calma della terra di nessuno inaccessibile all’uomo. A maggio è stato avvistato un Orso della Luna, specie catalogata come a rischio estinzione. L’animale è giovane, sarebbe il cucciolo di una coppia in amore. Lo hanno scoperto le telecamere del ministero dell’Ambiente di Seul (o dell’intelligence militare?). Secondo il governo sudcoreano nella fascia si sono rifugiate circa cento specie animali rare, tra le quali la gru coronata di rosso, la spatola dalla maschera nera, il leopardo dell’Amur e la lince euroasiatica.
Gli ambientalisti temono che questi animali selvaggi che si sono adattati a vivere schivando le mine, non scamperebbero alla pace, che porterebbe alla trasformazione commerciale della zona di confine. L’ennesimo paradosso di una guerra infinita.