La Lettura, 30 giugno 2019
Le meduse, gli uomini e il sonno
Alcuni anni fa, il genetista Ravi Nath e altri due ricercatori del California Institute of Technology hanno riempito un cilindro di acqua salata, vi hanno immerso una medusa del genere Cassiopea, hanno spento le luci e hanno cominciato a osservare. Ben presto si resero conto che nelle ore notturne l’animale mostrava un comportamento particolare: il numero di contrazioni della tunica diminuiva di un terzo, la velocità di risposta agli stimoli esterni era rallentata, e se veniva disturbato a intervalli di venti minuti il giorno dopo la sua attività era compromessa. Tutte caratteristiche normalmente associate al sonno.
Prima di allora il sonno era considerato prerogativa degli animali dotati di sistema nervoso centrale, e pochi avrebbero osato immaginare che creature prive di un vero cervello potessero anch’esse alternare cicli di sonno e veglia. Lo studio di Nath, pubblicato nel 2017 su «Current Biology», ha costretto a un cambio di prospettiva: perché se le meduse davvero sono in grado di assopirsi, allora gli animali devono aver cominciato a dormire molto prima di quanto ci si aspettasse, nel corso dell’evoluzione.
Per noi esseri umani, costantemente oberati di scadenze e in debito di energie, la necessità del sonno appare palese, ma da un punto di vista evolutivo sembrerebbe comportare più svantaggi che altro: chi dorme non si nutre e non si accoppia, ma soprattutto è assai più vulnerabile all’attacco di potenziali predatori. L’idea che nella spietata arena della selezione naturale siano sopravvissute specie che ogni giorno passano intere ore con le difese abbassate sembra controintuitiva, eppure il sonno è praticamente ubiquo nel regno animale.
Quello che sappiamo per certo è che la privazione di sonno è molto nociva: negli ultimi anni si sono accumulati studi che dimostrano come dormite troppo corte (5 ore, ad esempio) incidano negativamente su molteplici aspetti della nostra fisiologia, dalla capacità di concentrazione alla vulnerabilità ai tumori, alla dimensione dei testicoli. Il che è un problema se si considera che oggi il sonno viene trattato come un bene di scarsità; prova ne è la recente crescita del mercato dei sonniferi e delle app per il monitoraggio del sonno. E poiché tendiamo a considerare il sonno come un intervallo di tregua, viene spontaneo interpretarlo come un momento di passivo ripristino delle funzioni fisiologiche. Se così fosse, però, non si spiegherebbe perché comporti anche un’inibizione agli stimoli esterni; o perché alcuni animali letargici escano periodicamente dall’ibernazione per farsi una dormita. Se già sono in uno stato di inattività, perché dovrebbero aver bisogno di dormire?
Uno studio pubblicato lo scorso marzo su «Nature Communications» suggerisce che durante il sonno i cromosomi si dedichino a una delicata fase di manutenzione e riparazione del Dna, onde evitare l’accumulo di danni genetici nei singoli neuroni. Secondo Giulio Tononi e Chiara Cirielli della University of Wisconsin, inoltre, il nostro cervello sfrutterebbe il sonno per fare una scrematura mnemonica, consolidando ricordi e integrando nozioni. Altri invece ritengono che il sonno si sia sviluppato per ragioni di economia energetica: se il contesto è protetto e non è fondamentale (o possibile) raccogliere nuove informazioni, il soggetto si disconnette dall’ambiente e risparmia energie.
Qualunque sia la sua origine, è probabile che nel corso dell’evoluzione il sonno abbia assunto via via nuove funzioni. A questo proposito esiste una possibilità ancora poco esplorata, e cioè che il sonno in alcuni animali abbia una funzione preparatoria: è il momento in cui il cervello produce lo sconfinato ventaglio di proiezioni narrative a cui abbiamo dato il nome di sogni. È plausibile che i sogni siano stati premiati a livello evolutivo perché ci consentivano di sperimentare situazioni conflittuali in un ambiente protetto. Una sorta di palestra mentale che ci faceva risvegliare più preparati ad affrontare le insidie del mondo assai diverso da quello in cui oggi fatichiamo ad assopirci.