Corriere della Sera, 30 giugno 2019
La deputata che vuole essere chiamata deputato
Call me deputato. Giorni fa, la on. avv. Augusta Montaruli ha fatto una scenata a Montecitorio perché il presidente Fico l’ha chiamata deputata: «Con tutto il rispetto, le chiederei di chiamarmi “deputato” perché in questo mondo arcobaleno in cui tutti possono definirsi come vogliono, io posso avere ancora il diritto di autodefinirmi “deputato” fino a quando almeno la Camera dei deputati resterà tale e non si chiamerà la Camera dei “deputati e delle deputate” o ancora la Camera dei “deputat*” con l’asterisco». La parola «deputata» è attestata da tutti i dizionari ma la Montaruli, soldato dei Fratelli d’Italia, sfida la grammatica per contrastare la fluidità di genere. E dire che il lemma «deputato», al femminile, non dà adito a equivoci come «cortigiano», «rimorchiatore», «gatto morto»… Sulla Montaruli pesa una condanna di 1 anno e sette mesi (in secondo grado, dunque vale ancora la presunzione d’innocenza). Il processo riguarda l’uso disinvolto dei fondi destinati ai gruppi consiliari della Regione Piemonte nella legislatura 2010-2014 a trazione Lega e centrodestra. I giudici, con approccio garantista, le (gli) hanno riconosciuto rimborsabile un libro erotico: «Sexploration. Giochi proibiti per coppie». Non si sa mai. Si ride amaramente sulla pochezza di certi deputati. Non possiamo, infatti, ignorare che tale pochezza è spesso il motivo del loro successo.