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 2019  giugno 30 Domenica calendario

La crisi delle discoteche

Si spengono le luci della vita notturna romagnola, quelle delle discoteche che un tempo dettavano legge in fatto di nuove mode e tendenze musicali. Una metamorfosi che ha cambiato volto per sempre alla Riviera, perché oggi si balla soprattutto in spiaggia, nei ristobar e ai grandi festival dance. L’ultima vittima eccellente, un mese fa, il Cocoricò di Riccione, travolto dal fallimento alla vigilia dell’estate che ne avrebbe festeggiato il trentesimo compleanno: la celebre piramide sui colli era stata inaugurata a Ferragosto del 1989, quando la Riviera era in pieno boom discotecaro e solo in Romagna si contavano quasi 180 locali. Oggi parlano tristemente i numeri, descrivendo una realtà in via di estinzione, se è vero che ne sono rimasti in piedi «solo cinque o sei», come dichiara il presidente del Sindacato italiano sale da ballo, Maurizio Pasca. 
Sono un lontano ricordo le migrazioni di massa del weekend, quando migliaia di ragazzi accorrevano quaggiù da tutta la regione ma anche da Milano e da Roma, per poi buttarsi stremati a dormire dopo gli after-hour in pensioni a due stelle, se non direttamente in spiaggia, col sacco a pelo. Un incubo per molti genitori, ma anche un’industria del divertimento che da vent’anni a questa parte si è avviata al declino fin quasi, appunto, a sparire, insieme coi Vip che affollavano le discoteche alla moda: lo stilista Jean-Paul Gaultier, Grace Jones e Boy George al "Cocco" (soprannome del Cocoricò), un posto dai gusti così sofisticati per dj e nuovi generi che, ai loro esordi, vennero fischiati addirittura i Daft Punk. E poi Vasco Rossi al Prince, Valentino Rossi ancora al Cocoricò, un imberbe Jovanotti ai suoi esordi come dj all’Aquafan. Al Pineta di Milano Marittima, facevano la fila calciatori e personaggi dello spettacolo. Ogni cosa si trasforma, dunque quel modello non poteva reggere per sempre: «Alla base della crisi delle discoteche, che in Italia in dieci anni sono calate da 8.000 a 2.500, ci sono diversi motivi – spiega Pasca -. Sono aumentati i locali abusivi, cioè stabilimenti balneari o ristoranti e pub che fanno anche ballare. Poi ci sono le feste non autorizzate, come il rave party alla Sapienza di pochi giorni fa in cui è morto quel ragazzo. Le leggi italiane poi sono le più restrittive, soprattutto rispetto a realtà come la Francia o la Spagna; la pressione fiscale è troppo alta, quasi il 50% su ogni biglietto. Serve un albo professionale e bisogna togliere il divieto di vendere alcolici dopo le 3 del mattino». Il ministro Salvini ha risposto con la proposta del bollino blu per le discoteche e con la promessa di eliminare la limitazione per l’alcol, si vedrà. 
Per la Romagna, l’espressione usata è «declino totale: i comuni hanno messo un freno perché i giovani non creassero turbative, il Cocorico è un caso emblematico». Da quando il 16enne Lamberto Lucaccioni morì di ecstasy dopo averla assunta mentre ballava in pista, nel 2015, la piramide non si è più ripresa: quattro mesi e mezzo di chiusura in piena estate ne hanno accelerato la fine. Davide Nicolò, che del "Cocco" è stato direttore artistico negli anni d’oro, oltre a lavorare alla Villa delle Rose, alla Baia imperiale, al Paradiso e al Byblos (di questi oggi ne sopravvivono soltanto due, la Baia e il Byblos, ndr), ha idee molto precise sul tramonto della disco romagnola: «Noi inventavamo stili e tendenze, ricordo la Surf Dance o la Mystic Dance, con pratiche olistiche al Paradiso, e ogni anno cambiavamo scenografie, interni e dj. Venivano da tutto il mondo a vedere i nostri locali. Grace Jones venne al Byblos, nell’89, a presentare Slave to the rhythm». Oggi invece non si inventa più, e «la notte muore: la discoteca viveva sulla creatività, oggi non regge la concorrenza dei grandi dj nelle arene e nei palasport. Si arriva a pagare i Vip perché vengano nel tuo locale, il che una volta era inconcepibile. E i ragazzi preferiscono andare a Ibiza: spendono di meno e trovano un mare più bello».