il Giornale, 30 giugno 2019
Salpa la prima nave centrale-nucleare
Una sfida artica, un colosso dipinto di rosso mattone. La prima nave centrale nucleare del mondo viene considerata un pericolo da molti. Tanto che ha già un soprannome: la «Chernobyl galleggiante». Dalla Russia, invece, viene considerata un’opportunità. La nave Akademik Lomonosov, dopo essere stata costruita a San Pietroburgo, è arrivata a Murmansk l’anno scorso. Ora è pronta a navigare per 5.465 chilometri alla volta di Pevek, il centro abitato più settentrionale di tutta la Russia, meta del suo viaggio. L’obiettivo? Portare elettricità in zone remote, isolate e inaccessibili; fornire elettricità agli insediamenti e alle società di Chukotka che estraggono idrocarburi e pietre preziose, oltre a soddisfare gli ambiziosi piani di Vladimir Putin sull’espansione artica.
L’Akademik Lomonosov, gestita dalla Russian Nuclear Energy Corporation o Rosatom, sarà la centrale nucleare situata più a Nord, nel Mare della Siberia Orientale. Ed è anche la prima centrale del suo genere a poter lavorare in qualsiasi parte del mondo. È grande, ma se paragonata a centrali nucleari di terra, non è grandissima. La Lomonosov è equipaggiata con due reattori KLT-40S, ognuno in grado di generare 35 megawatt di potenza, per un totale di 70 megawatt. Se la confrontiamo con le nostre vecchie centrali italiane, possiamo capire il termine di paragone. Per intenderci, la Enrico Fermi di Trino, la prima centrale italiana, quella che ha dato inizio al programma nucleare italiano, a fine vita produceva 272 megawatt elettrici; Montalto di Castro, una centrale italiana mai partita era progettata con due reattori da 982 megawatt; quella di Caorso, a Piacenza, che ha prodotto energia dal 1981 al 1986 ed è stata spenta definitivamente negli anni ’90 generava 860 megawatt. Quindi, sì. Decisamente grande questa Lomonosov per essere una centrale galleggiante, relativamente piccola se confrontata con le nostre vecchie centrali terrestri.
Soprannominata «Chernobyl sul ghiaccio» o «Chernobyl galleggiante», ha attirato critiche e molti dubbi degli ambientalisti. Rosatom, la compagnia statale responsabile dei progetti nucleari russi, ha affermato che tali critiche sono infondate e che il paragone tra Chernobyl e la Lomonosov non regge. Chernobyl, con i suoi 4 reattori, ha prodotto fino a 4mila megawatt. Ma gli attivisti di Greenpeace sostengono che la nave potrebbe rappresentare una minaccia ambientale per la regione. Vladimir Iriminku, capo ingegnere di Lomonosov per la protezione ambientale, dice che si tratta di impianti differenti, fatti per operare in maniera diversa «i nostri cittadini, specialmente se non sono tecnicamente esperti, non capiscono veramente l’energia nucleare e che queste stazioni sono costruite in modo diverso, quindi è quasi impossibile spiegarlo a loro», dice Iriminku alla Cnn. La compagnia statale di energia atomica sostiene che i suoi reattori sono stati modernizzati e aggiornati. Rosatom è stata autorizzata a utilizzare l’impianto nucleare della centrale fino al 2029, ha dichiarato Rosatom in un comunicato stampa.
Sulla costa artica, in villaggi e cittadine simili a Pevek, vivono circa due milioni di russi. Questi piccoli centri, tempo e ghiaccio permettendo, sono spesso raggiungibili soltanto in aereo o in nave. E se da un lato le centrali nucleari galleggianti possono aiutare a portare energia ed elettricità in queste zone remote senza impegni costruttivi in pianta stabile, dall’altro lato sono considerate estremamente pericolose.