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 2019  giugno 29 Sabato calendario

L’aspettativa di vita diminuisce negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti la speranza di vita media si è accorciata stabilendosi, oggi, a circa 78 anni. Lontana dalla media di 82 anni registrata in Giappone, Italia e Francia. L’aspettativa di vita degli americani è la più bassa tra i paesi del G7. Un dato in controtendenza rispetto al buon andamento dell’economia e dell’occupazione del paese governato dal presidente Donald Trump, ma dove la ricchezza è mal distribuita e le disuguaglianze sociali sono tali che molti americani non hanno i soldi per pagarsi le cure mediche, secondo i risultati del report annuale dell’Fmi ripreso da Le Figaro.Gli Stati Uniti stanno vivendo la più lunga fase di espansione della propria storia, che dura da dieci anni secondo l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale (Fmi) sull’economia americana. La disoccupazione è al livello più basso mai registrato dal 1960, i salari reali sono aumentati e la produttività ricomincia a crescere tanto che le pressioni inflazionistiche rimangono considerevolmente modeste, secondo l’Fmi che ha registrato che il pil reale per abitante è salito di circa il 10% in rapporto al periodo pre-crisi del 2008, ma gli indicatori del benessere non sono conseguenti a questo buon andamento. L’aspetto più preoccupante per l’Fmi, riguarda la speranza di vita risultata costantemente in crescita dagli anni Sessanta e da tre anni a questa parte, invece, in calo a 78 anni, la più bassa tra i paesi del G7, lontana da quella del Giappone, Italia e Francia ai primi posti con una durata media della vita a 82 anni.
Nella riduzione paradossale della speranza di vita negli Usa sono chiamati in causa il tasso di suicidi e l’overdose di farmaci. D’altro canto, i prezzi delle cure dissuade un americano su tre a farsi curare malgrado i progressi fatti in materia di assicurazione sanitaria: meno del 10% della popolazione ne è sprovvisto oggi, il doppio rispetto a dieci anni fa.
Gli Stati Uniti registrano un tasso di povertà tra i più elevati fra i 36 paesi dell’Ocse: all’incirca il 15% degli americani, che lavorino oppure no, sono poveri. La mobilità sociale è diminuita e la ricchezza creata è mal ripartita: il pil reale pro capite è salito del 23% dalla fine degli anni Novanta, ma il reddito medio reale è aumentato solo 2, 2%. Oltre all’aumento della disuguaglianza, l’Fmi diretto da Christine Lagarde ha sottolineato che l’aumento del debito pubblico ha preso «una via insostenibile». Riguardo la crescita, dopo il 2,9% nel 2018, l’Fmi prevede che quest’anno si attesti al 2,6% (contro l’oltre 3% della Casa Bianca) e l’1,9% nel 2020. Inoltre, il Fondo monetario internazionale dispensa consigli alle autorità americane suggerendo una crescita delle tasse indirette che darebbero margini di manovra consentendo di ridurre il deficit dei conti pubblici e di frenare l’indebitamento.